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Visualizzazione dei post da 2020

Il 2020

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  Di questo anno che volge al termine (ho bisogno di un buon editor, non ci piove), si possono dire molte cose; raramente qualcuno spenderà belle parole per un "bisesto" che ha confermato la sua fama oltre ogni aspettativa. Tuttavia, ogni anno, ci insegna qualcosa. Sarei molto curiosa di sapere cosa avete imparato voi, e mi farete cosa gradita se vorrete condividere il vostro pensiero. Personalmente, nel 2020 ho fatto scoperte interessanti, di cui vi rendo partecipi. 1. Esiste un animale delizioso che si chiama pangolino. Purtroppo è talmente delizioso che i cinesi se lo mangiano. Tuttavia, per chi non lo sapesse, oltre ad avere un aspetto tenero (pare lo sia anche la sua carne, ma evitiamo di pensarci), è l'unico mammifero rimasto dell'ordine dei folidoti. Quindi ci auguriamo che esca dalla dieta sinica. Sarei tentata di esprimere una ferma e categorica condanna se non fosse che ieri un macellaio mi ha raccontato che mai, nella sua lunga carriera, ha venduto tanto ag

Il racconto di Noria

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  Troppo presa dal lavoro, dai progetti, spesso anche da persone che non meritano tanta attenzione... fondamentalmente troppo presa da me stessa (un recente fenomeno su cui inizio seriamente a interrogarmi e preoccuparmi). Stanotte mi sono alzata per via di un'inquietudine anomala e ho pensato che erano forse più di due mesi che non sentivo Noria: avevamo in cantiere delle cose da fare insieme (dalle sirene all'uncinetto a un libro a quattro mani, oltre a qualche utopia); io avevo posticipato tutto all'anno nuovo perché avevo poco tempo e troppe cose da fare, lei mi aveva risposto che tanto dal suo letto non si muoveva, che la sclerosi non la lasciava scappare e poteva aspettarmi. Non l'ha fatto. E io mi sono preoccupata della sua prolungata assenza dopo quasi due mesi. Così, come mi è accaduto un'altra volta con un'altra meravigliosa ragazza che mi voleva bene, ho scoperto sui social che Noria Nalli (giornalista abilissima nel raccontare con ironia il mondo del

Single party

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Avete presente quelle grandiose, sontuose (per dirla con un unico aggettivo che riassume tutto: magnificenti) feste dove s'incontra gente nuova, mescolata a vecchie facce, e si arriva all'alba con la brama di tracollare nel letto per un lungo letargo? Ecco, quest'anno non si può. E' comunque consentita, peraltro senza spreco d'inchiostro per l'autocertificazione, la parte conclusiva dell'evento, che poi era quella che ho sempre reputato più gradevole, in cui ci s'infila sotto le coperte per un sonno ristoratore. Anche gli isolazionisti individuali potranno estraniarsi dal mondo esterno ma senza la compagnia di nuovi panorami (baita sperduta tra i monti, dove al massimo può arrivare un serial killer, o atollo del Pacifico che può interrompere la solitudine solo con un'onda anomala). Voi che vi struggete per la festa sottovuoto, tipo sardine in barattolo, dovrete arrangiarvi senza il mio aiuto; quindi ci lasciamo qui, andate a leggere altrove.  Chi, in

Mignoli e agorafobia

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Non fatelo a casa! Tempo fa mi sono fratturata un dito. Ho sentito un crac, ho dato di stomaco, e in un amen il mignolo della mano destra è diventato buono per farci un hot dog. Che fare? Erano tempi non sospetti, il Covid era fuori dai radar (non è vero, i ricercatori lo conoscevano da anni, ma nessuno li stava a sentire, come parlassero di UFO)... comunque, come ogni persona normale farebbe, la soluzione più sensata del problema era rivolgersi a gente competente in materia, ossia recarmi al pronto soccorso. Persone normali! Eh, qui si presenta l'ostacolo. Mentre gli altri uscivano, percorrevano a lunghe falcate ogni direzione del mondo esterno con persino un po' di indolenza e la noia di chi sa di poterlo fare come e quando gli pare (bizzarra la vita, vero? Mai avere certezze, ne ho fatto una regola), io mi godevo il tepore di casa. Un tepore da estate a Torino, ultimo piano, tetto non coibentato. E' che non uscivo. Punto. E' che solo l'idea di mettere un piede fu

In crisi d'astinenza

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 Un problemuccio di salute, che rende l'entusiastica vitalità di un organo interno incompatibile con l'assunzione di farmaci, mi sta sottoponendo alla tortura dell'allontamento dallo Xanax. E' la quinta o sesta volta che di provo. Non ci sto rinunciando completamente, altrimenti non sarei qui a scrivere, non fosse altro che risulta complesso dedicarsi a qualsiasi attività mentre si batte la testa contro il muro; semplicemente sto tentando di ridurre (dimezzare) il consumo quotidiano. Ora, sapete che quanto sia affezionata a quella pastiglietta rosa (o bianca, dipende dalla confezione capitata in sorte): un amore non facile, nato con pessime premesse perché tendo a rifiutare i farmaci. Persino gli analgesici non sono praticamente mai entrati in casa mia, preferisco sopportare il dolore piuttosto che ingollare roba chimica. Inoltre, ho sempre pensato d'essere un soggetto predisposto alle dipendenze di vario genere, pur detestando le dipendenze (uno dei miei tanti cont

Una lettera aperta

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"La verità è raramente pura e mai semplice"  Oscar Wilde Oggi volevo scrivere di tutt'altro, ma da qualche tempo fatico a trattenere gli impulsi del momento; dev'essere un effetto dello stress da 2020; tuttavia, tutto sommato, non me ne lamento. Il fatto è che ho appena finito di leggere il messaggio di Angelo, un "amico" virtuale che bazzica queste pagine da quando ho aperto il blog e spesso mi scrive le sue argute impressioni e osservazioni, quindi mi è particolarmente caro. Nel suo messaggio di qualche giorno fa (purtroppo leggo la posta del blog solo di domenica, quando ho un po' più tempo per soffermarmi su quanto mi raccontate e per rispondervi evitando insignificanti monosillabi), mi scrive che con il passare del tempo ha compreso quanto io abbia completamente aperto le porte della mia vita a degli sconosciuti, ed invidia la fiducia che ripongo in chi mi legge. Ho avvertito, in prima battuta, un po' di stupore e, immediatamente dopo, l'esi

Piccola storia con brutte foto

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E' stata una concomitanza di eventi, sommata all'improvvisa consapevolezza di avere accantonato le mie esigenze per il bene comune e la sensazione urticante che il comune non si meriti il mio bene. Ieri, nel giorno in cui di solito festeggio l'inizio di un nuovo anno, qualcosa mi ha turbata; quando sono turbata ho bisogno di riflettere; per riflettere come si deve ho necessità di camminare e i 50 mq di casa non mi bastano; fuori riesco a percorrere tragitti dignitosi e senza panico solo di notte. E c'era la nebbia e un silenzio meraviglioso e una luna piena che dalla finestra mi diceva "Come on" (perché la luna parla inglese, quando è costretta a dire qualcosa). Indossati gli abiti notturni, né carne né pesce, già testati con risultati soddisfacenti, cioè si fa fatica a capire se sotto quella roba ci sia una donna o un uomo segaligno (e la mascherina è, ahimè, un accessorio fondamentale), sono uscita con il mio zaino extralarge con dentro tutto ciò che può tor

Guardiamoci negli occhi!

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Lisbeth  L'uso della mascherina ha certamente innescato una serie di disagi.  Non sto parlando di quanto possa essere o meno faticoso respirare o degli occhiali che si appannano (quello degli occhiali, effettivamente è un tema su cui ci potremmo lamentare a lungo); sto cercando di comprendere l'impatto psicologico di qualcosa a cui non eravamo abituati, a meno di non svolgere professioni che prevedano l'uso di tale dispositivo. Ho iniziato a doverla indossare (ed era un dovere che non ammetteva ribellioni) mentre ero ricoverata in ospedale, nel periodo coincidente con l'inizio del lockdown: ci dovevo convivere anche di notte e mi era consentito toglierla soltanto durante i pasti e quando mi lavavo faccia e denti. Sapevo che era un elemento fondamentale per difendermi da un attacco esterno, quindi non stavo a ragionarci sopra; ciò che mi turbava era vedere attorno a me solo volti sconosciuti con l'aggiunta di non poterne scorgere, memorizzare, interpretare, i connota

La giornata della salute mentale: dati e riflessioni semiserie

Oggi sto lavorando alla salute mentale. In generale, non la mia (quella è una causa persa in partenza, mi limito a somatizzare).  Sabato si celebra la giornata mondiale della salute mentale; dubito si festeggerà, non sfileremo per le strade con le nostre piccole, medie o gigantesche pazzie (che ora si chiamano disturbi, non potendo azzardare un "diversamente normali"), anche se l'idea di folleggiare non sarebbe male; come fobica sociale parteciperei in remoto, ma mi sentirei a casa (dove, in effetti, sarei). Tuttavia, credo sia nostro diritto pretendere dei regali, almeno un piccolo presente o, a limite, un biglietto d'auguri personalizzato. Allora, finito di scrivere un articolo sull'argomento, ho deciso di condividere con voi alcuni dati (fonte ANSA, che se ci aggiungiamo una I fa tanto al caso nostro) che mi sembrano interessanti. Cercherò di trattenermi dal commentarli, vedremo se ci riesco: è tutto il pomeriggio che mi freno, qualcosina può scappare. Intanto,

Sognare rinoceronti

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  Da piccola parlavo raramente, perdevo spesso una scarpa e, quando potevo, camminavo fissando uno specchietto che tenevo rivolto verso l'alto.  Non mi piaceva giocare con gli altri bambini e gli adulti m'incuriosivano, ma preferivo osservarli da un certa distanza. Il mio passatempo preferito era guardare le immagini dell'enciclopedia medica; tuttavia quei volumi risultavano troppo pesanti da trasportare, quindi li sfogliavo sul pavimento. Pare fossi poco incline alla gioia o alla tristezza, ma non lo ricordo. Ricordo che l'unica richiesta che formulavo con petulante insistenza era d'essere portata allo zoo. Sospetto d'avere imparato precocemente che apparire strani destabilizza e che le persone destabilizzate cedono rapidamente ai tuoi desideri... per pietà o per paura, non so. Così ero spesso allo zoo, dove le iene m'incutevano terrore e la pantera mi faceva pena perché non smetteva di andare avanti e indietro in una gabbia troppo piccola e buia per un ani

Paura della felicità

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Ma perché mai si dovrebbe aver paura d'essere felici? Volete la versione lunga o quella ridotta?  Lo so che vi pare un'assurdità, perché a spaventarci è il dolore, ciò che ci rende infelici... Fermiamoci un attimo a riflettere su quest'ultima frase: è corretta e inopinabile, ma è incompleta (infatti ci ho infilato i puntini di sospensione). Come sempre, parlo per me stessa, se qualcuno si accoda mi sentirò meno sola, tuttavia sono ben lontana dal conoscere i segreti universali della gioia o del tormento, anche se su quest'ultimo mi pare d'essere abbastanza preparata. Vi è mai capitato di sentire salire l'ansia (o addirittura entrare in panico) quando qualcosa che attendevate da tempo finalmente è arrivato? O di abbarbicarvi, come koala sull'eucalipto, a felicità passate impedendovi di proseguire nel cammino di ricerca? Perché la felicità va anche cercata, raramente arriva con i suoi piedini (comunque esistono le botte di culo, non ci piove). La paura del dol

La solitudine del fumatore

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 Si puzza: è un fatto inconfutabile. Anche dopo la doccia, l'odore non se ne va... perché è gradevolissimo fumare in accappatoio (o nudi, dipende dalle abitudini individuali post abluzioni). Puzza anche la casa: tende, tessuti di ogni genere e foggia, pareti, vetri, libri; i libri sono il mio cruccio, a causa di quella patina giallognola che a lungo andare supera la barriera della copertina per invadere le pagine. Tuttavia, c'è un dato a mio parere significativo: questa è casa mia! Rispetto la salute degli altri, ho velleità salutistiche persino io (tipo una dieta prevalentemente a base di verdure, carboidrati e latticini disapprovata anche dalla comunità scientifica), cerco di non fumare in presenza di chi non ha questo vizio, ma essendo appunto un vizio, non posso resistere troppo a lungo senza sbroccare. Posso spostarmi in un'altra stanza, accontentarmi dell'angolo della vasca da bagno, non c'è bisogno di buttarmi fuori. E' casa mia! Non obbligo nessuno a fre