Due donne libere
Nella camera ci sono due letti. Io, di solito, sto seduta su una di quelle vecchie e scomode sedie che ricordano gli anni delle scuole elementari, di lato alla porta. Accanto alla finestra c'è il letto di una paziente che mi ha intrigata e spaventata al primo incontro. Perché mi somiglia. Non nei tratti somatici, si tratta di qualcosa nella sua personalità distorta dalla malattia. Parla da sola col tono del sussurro, mentre muove nervosamente le dita come se stesse contando e sfogliando le pagine di un libro. Fa piccole smorfie come se il calcolo mentale fosse troppo complesso o producesse un risultato insoddisfacente. Capita anche a me, quando l'ansia si fa severa. Tiene la testa girata verso la finestra; gli altri guardano la porta, ci ho fatto caso. Spesso, però, si guarda attorno come se improvvisamente scoprisse d'essere in un luogo a lei sconosciuto, e io ci patisco un po'. Ma soprattutto chiede sigarette a chiunque varchi la soglia. Tira fuori dei soldi da un