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Visualizzazione dei post da novembre, 2017

Pillola rossa o azzurra. Matrix e il panico

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Immagine di Mysticsartdesign Ieri sera ho rivisto per la settima/ottava volta il film Matrix (il primo della serie e, per me, l'unico). Gran bella pellicola, sceneggiatura che può solo ispirare un inchino, Keanu Reeves è Keanu Reeves, non c'è altro da dire. Ho appurato di ricordare a memoria la maggior parte delle battute; so che non è un dato significativo, ma per una come me, convinta di soffrire tra le altre cose di deficit mnemonico, è stato un bel momento in un periodo che ne riserva pochi e inefficaci a sollevarmi l'umore. Conoscendolo da cima a fondo, mi sono concentrata su aspetti che nelle sei/sette volte precedenti non avevo notato, forse perché si palesano unicamente a chi li vuole trovare a tutti i costi e per giungere allo scopo non si sottrae dal lavorare di fantasia. Detto tra noi, con un po' di sforzo si trova del materiale da usare anche nel cinepanettone. Tuttavia desidero condividere con voi alcune considerazioni, che potrete massacra

Depressi allegri

“Io penso che questa situazione richieda che qualcuno faccia   un’azione assolutamente futile e stupida … Si tratta solo di stabilire quale” da Animal house Quando gli opposti s'incontrano ha luogo un big bang da cui nasce un nuovo mondo. Purtroppo non posso garantire che si tratti di un mondo vivibile, ma questa è un'inezia. Così è anche per gli stati d'animo. Non è un lavoro facile; è proprio un lavoro, richiede impegno, dedizione e una costanza non da poco. Premetto che inizialmente ero una depressa triste. Mi aggiravo per casa, e anche fuori, in pigiama e anfibi, non tradendo una scarsa igiene personale solo perché ho la fortuna di sudare esclusivamente in casi eccezionali, quali cataclismi, caldaia impazzita che fa partire i caloriferi in luglio stabilizzandoli sui 42 gradi (lì traspiro pensando alla bolletta del gas, non per altro), e capatine in ospedale per lavoro o questioni personali. Avevo la camminata che, per amore dell'etimol

La faccenda dei commenti

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Avviso: se non avete tempo da perdere, iniziate a leggere dalla scritta rossa, in grassetto, a fondo pagina.  Non sono una persona cattiva, giuro. E nemmeno permalosa... aspettate, un po' sì, ma mi offendo solo quando mi si prende in giro per il rotacismo (qui me la sono tirata da quella che sa; la tipa che in cinquantanni non ha imparato a pronunciare la erre, ma non per mancanza di cultura). A tal proposito vorrei fare sapere al formaggiaio, il quale davanti alla richiesta di un pezzetto di parmigiano si è piegato in due dal ridere perché, a suo parere, parlo uguale ai topini dello spot Parmareggio, che non mi vedrà più (anche perché quella pepita di formaggio l'ho pagata talmente cara che sto decidendo se grattarla sulla pasta o portarla dal gioielliere per farla incastonare in un anello di platino). Qui non mi sentite, la erre non appare, quindi giuro che nulla di ciò che mi si dirà in futuro potrà provocarmi giornate di rancore accecante. Perché ho fatto quest

Se il panico non fosse mai arrivato

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Qualche giorno fa sono capitata in una community (credo si chiami così) in cui gli iscritti si confrontano su panico, depressione, agorafobia e compagnia brutta. In realtà, una buona parte, si limita a scrivere "sto male", con o senza punto esclamativo.  Li capisco, anche se di per sé quella frase non può portare a nulla, se non a risposte che ripropongono analogo concetto o a qualche frase di circostanza del tipo "ce la farai". In questi casi mi astengo dallo scrivere anche solo una parola; non saprei cosa dire, m'imbarazza tentare di alleggerire il tono della conversazione perché so che in certi momenti c'è poco da ridere. Ammetto anche che provo un certo senso di fastidio nel leggere scambi d'opinioni e consigli su farmaci e relativi dosaggi: è una roba seria, stiamo mica parlando della ricetta del tiramisù e della quantità giusta di mascarpone che richiede. Per favore! Ma lasciamo perdere queste considerazioni; ognuno faccia un po' come

Quando ho capito d'essere invecchiata

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Sono mica le rughe. Averne di rughe! Le guardi apparire e fai la mappatura della vita: "Questa sulla fronte ha esordito già al liceo, durante le lezioni di fisica che ci capivo una mazza; non che le altre materie le affrontassi con la serenità del genio, diciamo che persino l'intervallo mi era un po' ostico..." Foto di Nile "Queste altre due, ai lati della bocca, sono venute per via d'una delusione d'amore, mi fanno persino tenerezza. Tuttavia, lui, semmai dovessi incontrarlo, lo tiro sotto con l'auto... che mi viene difficile perché me lo ricordo poco". Le rughe sono bazzecole. Anche una certa rigidità articolare che si sta facendo strada non rappresenta un segnale importante. Non riesco più a far toccare i gomiti dietro la schiena, ma mi pare che quella capacità non mi abbia portato profitti memorabili. I capelli bianchi? Ci ho messo su talmente tante tinte fin dall'adolescenza (anche un verde speranza di cui non vado parti

L'umore novembrino

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Foto di Cocoparisienne                     Quando si ha spesso l'umore tristanzuolo viene difficile capire se peggiora. Attenzione, scrivo "triste" e non "depresso" perché ho sempre la sensazione che se la chiami un attimo, la depressione arriva senza tanti complimenti; è lì come un avvoltoio che vola sulla testa, disegnando dei cerchi sempre più stretti; prende le giuste coordinate, diciamo, per poi piombare sulla testa con precisione svizzera (o tedesca, ognuno decida chi gli sembra più meticoloso). Dicevo che l'umore tendente al tetro rende complicata la percezione di un aggravamento. E' vero. Ma è vero fino a quando non compare il suffisso "one". Arrivano l'angoscione e l'ansione, che sono sostantivi sbagliati, introvabili in qualsiasi vocabolario, tuttavia chi li prova sa che esistono; li si sente dentro, un po' come la fede, credo. L'one, come giustamente hanno compreso gli inglesi, è il primo in classific

Gli inganni della memoria in un bel romanzo

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" Non farti ingannare," mi diceva quando riflettevamo sul mondo disordinato che ci circondava, "non farti ingannare. C'è più vita nelle cose improbabili e ipotetiche, ricordalo." Qui abbiamo un romanzo invernale, fidatevi.  Sarebbe un grossolano errore o comunque un vero peccato leggerlo sotto l'ombrellone, al mare, intontiti dalla canicola. Mariotta la quarta Bambina di Nadia Bertolani è una lettura da plaid sulle gambe e cioccolata calda, neve fuori dalla finestra e mente vigile. Serve anche una certa capacità di distacco, perché se ci si fa tirare dentro (e quelle pagine lo fanno) s'impiega un bel po' per tirarsene fuori. Questo romanzo mi è arrivato tra le mani per gioco (in effetti, l'ho vinto) e per un po' sono rimasta a guardare la bella bimba bionda, che intima o consiglia di tacere, emergere dallo sfondo nero della copertina. Mi è parsa attraente e inquietante; ho poi scoperto quanto dettagliatamente riassumesse la st

fuori dalla memories avenue

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Oggi pensavo che è folle analizzare ogni comportamento e ogni pensiero. Poi ho iniziato a notare che stavo analizzando il mio analizzare. Ne sono uscita per un pelo. L'autoanalisi, l'analisi in generale, è cosa buona e giusta, ma se il lavoro parte da basi errate si finisce con la catastrofe dell'umore. C'è poco da fare, l'ansia patologica è una cattivissima consigliera; mette in fila tutti i pensieri come fossero tessere del domino. Poi s'inciampa in un ricordo molesto e parte l'effetto go-down. Qualche giorno fa teorizzavo che da qualche tempo sono men depressa, o almeno non con effetti psico-fisici così evidenti, perché non ho tempo. L'ho sparata così, una battuta per tacitare domande insistenti. Oggi, che ho un po' meno da fare, mi ritrovo a rifletterci e intravedo quantomeno una mezza verità. L'impegno a lottare per piccole e grandi grane quotidiane, certamente non rende più sereni (anzi), ma allontana la sequenza devastante

Ai lettori del Belgio

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Come chiunque abbia un blog piccolino, minuto, una roba che ci potremmo bere un tè tutti insieme (sarebbe bello, peraltro), spesso vado a curiosare tra le statistiche dei post. Naturalmente, la maggior parte dei lettori vive sul suolo italiano, dimostrando così, oltre a un invidiabile gusto letterario, anche un notevole coraggio e spirito di sopravvivenza. Secondi in classifica gli americani che, come sappiamo, leggono molto e quindi godono di tutta la mia stima. Ma il dato che più m'incuriosisce è il numero, costante e inalterato, di belgi. Qualcuno sostiene si chiamino belghi, ma il mio intuito infallibile e soprattutto il correttore automatico mi suggeriscono trattarsi di un errore da principianti. So che in Belgio vivono molti italiani, come in qualsiasi altro angolo del mondo... sempre per la questione del coraggio e dello spirito di sopravvivenza; ma so anche che si tratta di uno Stato non molto grande con circa 10 milioni di abitanti (sono andata a chiedere a Go