Il panico non si dimentica di te


Beh, insomma, ho retto 21 giorni di ospedale senza attacchi di panico.
Wow! Niente male.
E venne il giorno ventiduesimo, dove allo stress, allo scoramento, alla fobia per i luoghi di cura e alla stanchezza si è aggiunta l'ansia anticipatoria per qualcosa che non è accaduto (quindi potete rilassarvi, nessuno si è fatto male).

Ma procediamo con un minimo d'ordine.
La sera del ventunesimo giorno stavo parlando con il mio vicino/amico/papà sostitutivo.
Tra una roba e l'altra, lui dice di aver visto passare in corsia dei tizi vestiti da clown: roba strana per geriatria.
A me torna su il cenone del capodanno 2000 che, vista l'eccezionalità di entrare in un nuovo millennio (sembra strano ma capita una sola volta nella vita, se capita), avevo mangiato parecchio.
Guardo il mio vicino con una punta di paura e anche un frammentino di risentimento.

"Eh no, cazzo, anche i clown no!"
Le spalle mi si incurvano insieme al tracciato dell'elettrocardiogramma.
Lui mi guarda un po' basito, ma senza perdere l'imperturbabilità da filosofo inglese (filosofo lo è, britannico per niente ma sembra).
Si chiede e mi chiede quale sia la momentanea ennesima paranoia partorita dal mio insensato cervello.
"Ho la fobia dei clown... cioè, in ospedale mi mettono il clown? Manca solo una tarantola e il gioco è fatto".
Continuo a bofonchiare dei "nonononono" uniti a improperi vari ed eventuali verso quelle ottime persone che cercano di portare un po' di allegria in un luogo così triste. 

Lui afferma di non aver mai saputo di questa nuova fobia. Lo informo di averlo scoperto due anni fa, a carnevale, quando appena fuori dallo studio della mia psicoterapeuta ho visto un tizio vestito da pagliaccio avvicinarsi. Paralisi e fuga... con telefonatina alla terapeuta per informarla della novità.

"E no, non visto IT", informo il vicino; perché quando dico a qualcuno che soffro di coulrofobia, la prima domanda che arriva è se ho visto quel film.
Lui ha chiesto niente, a dire il vero; di solito limita le domande al minimo indispensabile ed è uno dei motivi per cui gli voglio bene.
"Cioè, i nasi rossi vanno bene in pediatria... in geriatria... i vecchi me li spaventano. Trovami un anziano che non abbia paura dei clown!"
Il vicino tace.

Il mattino dopo sto entrando nel cortile che porta all'ingresso dell'ospedale. 
Respiro male, ma mi consolo pensando che forse è solo un enfisema.
Il cuore sbarella e mi dico che, come età, non sono così lontana dalla fibrillazione atriale.
Ma poi le gambe si bloccano, la mente parte a sfornare pensieri negativi a ritmo industriale (ci sono anche due o tre clown), inizio a vedere tutto come attraverso un vetro, i rumori dei passi altrui mi sembrano assordanti...

Eccolo lì, il panico è tornato.
Mi siedo su un'aiuola (che non si può calpestare ma nessun cartello mi vieta di planarci sopra con il sedere).
Il desiderio di fuggire è talmente forte che al pensiero di non poterlo proprio fare mi viene da piangere... e non lo faccio solo perché non ci riesco.

Cerco di ricordare un canto in pali e di visualizzare il mio luogo della quiete.
Mi pare di fare questa fatica da tutta la vita, anche se si tratta di qualche minuto.
Infine, mi dico che per quanto forte sia il mio odio per quel quel posto, ci devo entrare. Panico o non panico.
Da quel giorno, il cortile dell'ospedale mi pare ostile e l'ansia è a livelli alti.
Ora sono al 40° giorno. E non si scappa.
PS Per ora non ho incontrato clown e nemmeno tarantole.


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