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La vita è un gioco.

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  “Ti comporti come una bambina” . Capita di sentirselo dire nei momenti più allegri e giocosi ma, spesso, nella voce dell’interlocutore c’è una sfumatura di biasimo. E non importa se hai iniziato molto presto ad arrangiarti da sola, a gestirti i guai e a imparare a stare da sola senza la paura del buio. Ma è come se quella spensieratezza (o leggerezza, ci sta), che magari da bambina non avevi, fosse poco gradita. Personalmente vivo momenti di questo tipo, al netto dei periodi di depressione che, purtroppo, è una malattia che appiattisce anche l’età: non ci si sente né bambini né adulti… proprio non ci si sente in generale. Quindi, ho trovato molto consolante e illuminante il nuovo libro della giornalista e scrittrice Daniela Daniele, “La vita è un gioco”. Si tratta di un’opera che fatico a inserire in un genere ben definito: un po’ saggio, un po’ romanzo, un po’ autobiografia e reportage giornalistico. La prima cosa che mi sono chiesta, appena terminata la lettura, è come ...

Estate è un flauto di Pan

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  E' iniziata l'estate. Non è questione di clima o di abbigliamento smanicato e piedi in sandali da frate. No, per me l'estate inizia con il notturno sfracassamento di didimi da parte di allogeni sudamericani. Non che li trovi così fastidiosi (almeno non più di qualsiasi altro essere umano), è la musica che dopo un po' mi solleva l'impulso di spaccare qualche charango e pure un paio di flauti di Pan. E' che lavoro di notte, festivi compresi e spesso, troppo spesso, c'è un gruppetto che si piazza con sedie, bottiglie (tante bottiglie) e qualche snack a chiacchierare, sulla strada, con musica proveniente da un'autoradio particolarmente brillante nelle prestazioni. Ovviamente, ai fini di un dialogo costruttivo, a loro tocca sovrastare la musica, e allora urlano un po'. Ma sono allegri, non litigano, questo va detto; e lo apprezzo. Stanotte sono solo in due, sembrano in spiaggia per il falò di mezzanotte (per fortuna non hanno acceso fuochi). Bottiglie s...

Esercizi, audio, video: "Vincere il panico".

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  C’è questo librettino di cui oggi vi parlerò. Conosco l’autore, Enrico Rolla - direttore dell'Istituto Watson, specializzato nel trattamento cognitivo comportamentale di un sacco di cose disturbanti -, che ho anche intervistato in occasione di un’altra sua pubblicazione sul disturbo ossessivo compulsivo (se pensate vi possa interessare, trovate il pezzo   QUI ). Sto facendo una marchetta? Nì. Non mi sono mai sottoposta alla terapia cognitivo comportamentale, il libro l’ho acquistato senza sconti. Tuttavia, al Dott. Rolla sono legata da un rapporto di affetto e stima. Ma, quando mi ha chiesto se mi andava di recensirlo, gli ho risposto che l’avrei fatto "con onestà".  Tradotto: se fa schifo, lo dico.  Io so essere bugiarda, come chiunque altro, ma quando parlo di libri mi viene spontanea la sincerità; ne è la prova il fatto che la maggior parte dei miei amici scrittori non si considerano più miei amici (permalosi, gli scrittori. Categoria da prendere c...

Effetti/affetti collaterali.

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     Nell'ultimo post ero invischiata in una piccola  crisi d'astinenza  e promisi di raccontare la vicenda sottostante, primevo, scatenante, disturbante, e potrei continuare all'infinito perché sono un po' tesa anche oggi.   Storia vera, croce sul cuore. Racconto lungo come la quaresima, casomai passate oltre. Il fatto è che lo Xanax è come la vita: all’inizio pare una meraviglia, ma a lungo andare fa mica bene. Brucia un po’ la memoria, lo Xanax (anche la vita, se è per questo), e allora capita che assumi due pastiglie in rapida successione chiedendoti, dopo qualche minuto, se lo hai già preso o meno… si rischia la lavanda gastrica, poi pensano che hai tirato a farla finita, invece è solo partito il fusibile dell’ippocampo. In questi casi sarebbe meglio non mettersi alla guida di veicoli pesanti, e nemmeno di una carriola. Soprattutto, sarebbe meglio mettersi a letto e smaltire la sbornia. Perché si pare ubriachi, sapete, e si fanno cose e si dicono ...

Astinenza.

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Sto vivendo una sorta di crisi d'astinenza. Adesso, in questo momento. Nulla a che vedere con roba forte ma, nel mio piccolo, stanotte ho stretto i denti così forte che un incisivo si è scheggiato. Ora, sto cercando di distrarmi facendo una decina di cose in contemporanea, e nemmeno una che mi riesca. Intanto, le gambe saltellano, ballano su un tempo in 2/4 e 4/4 (gamba destra, gamba sinistra), praticamente una danza irlandese in autonomia. Sono ribelli, le bastarde. Tremano anche le mani, l'intestino, e il cuore mi pare salito a fare visita alla tiroide. Il cervello... beh, lui è lì in un angolino a riscrivere "Le mie prigioni"; se smettesse di far grattare la penna d'oca sulla carta, gli sarei grata. Ho gli occhi gonfi, perché un po' ho pianto, e continuo a toccarmi il naso come se avessi tirato una pista lunga da qui a là. Ho dormito a spizzichi, sognando roba ansiogena e persone che vorrei fossero qui, ma non ci sono. Tra 32 minuti e qualche secondo (ho me...

Il titolo non mi viene.

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  A volte mi incanto a fissare qualcosa o qualcuno. Finché è qualcosa, va bene; gli oggetti, gli alberi e le nuvole guardano altrove o se ne fregano se li fisso. Ma con le persone è diverso. Le persone pensano subito che ci sia qualcosa che non va, in loro o in me, o che va, ma non come penso io. In realtà non penso quando mi incanto, cioè penso ad altro. Capita che ci sia il dettaglio di un volto che mi ricorda qualcos’altro, di solito si tratta di luoghi, di ricordi o di una voce nell’elenco della spesa che ho dimenticato di acquistare. Resto lì, imbambolata a puntare un puntino anomalo in un’iride sconosciuta e mi perdo. È che non sono fisionomista, non ho memoria per le facce: se dovessi stilare un identikit ne uscirebbe un ritratto alla Picasso. I connotati mi sfuggono sempre e, ho scoperto, mi confondono anche i tatuaggi (li vedo in una maniera e li descrivo con colori diversi e forme che diventano lettere, e viceversa). “L’occhio è solo uno strumento ottico”, l’ho ...

L'ansia digitale.

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       Ieri sono salita su un pullman di quelli che aspetti mezz'ora e poi entri in un girone dell'inferno dove se ti muovi urti qualcuno, ma tanto non c'è possibilità di muoversi (una preoccupazione in meno). Fino a non molto tempo fa mi sarei sentita male solo a immaginare una scena così. Ricordo di aver già provato una simile esperienza, seppur con meno calca, e di essere scesa alla fermata successiva con la convinzione di essere vittima di un'embolia polmonare. Certo, ho patito le urla di alcuni ragazzini, il caldo soffocante, la gomitata tra fegato e stomaco ricevuta da una signora che cercava di decidere con me, senza il mio consenso, se trascorrere la serata in un locale latino-americano o starsene a casa; tuttavia, sono scesa alla mia fermata, quella giusta, e mi sono goduta il tragitto a piedi nelle vie già buie e deserte. Ho festeggiato... senza ballare la rumba: a me basta un pacchetto di patatine e un bel film in TV. Ho pensato che ormai sto bene, benché ...