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Visualizzazione dei post da luglio, 2017

Ansia, attacchi di panico e cambiamento in un bel libro

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"Siamo come un motore sempre su di giri" Dopo un'indigestione occorsa qualche anno fa, ora evito come la peste qualsiasi libro, manuale, dispensa (in cartaceo e digitale) che tratta l'argomento del panico-ansia-depressione. Periodicamente, ma nemmeno tanto spesso, mi limito a leggere articoli medico-scientifici: di solito finisco con il collocare diligentemente la lingua tra le labbra e dedico alle dotte dissertazioni un sonoro spernacchio. Sono fatta così, ossia male. Sono convinta che nessuna pagina scritta possa essere risolutiva. E io cerco soluzioni. Con analogo spirito ostile, sono andata a leggere l'incipit de La rana bollita - Una storia d'ansia, attacchi di panico e cambiamento scritto da Marina Innorta. Perché l'ho fatto? Innanzitutto a causa di un messaggio molto carino ricevuto dall'autrice: è sempre piacevole, quasi commovente, incontrare gentilezza proveniente da una persona sconosciuta; poi perché mi piacciono le rane: son

Macachi, falene, bradipi e parecchio stress

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Mi sono fermata a pensare e ho scoperto che comunque penso anche in movimento. Pensare è un'attività lodevole e auspicabile; chi si limita in tal senso di solito ha lo sguardo vacuo e la dialettica del macaco, con tutto il rispetto per il macaco. Direi di ricordare che le femmine di un gruppo di macachi si supportano a vicenda nelle diatribe con altre femmine, e questa è una cosa bella che ha tutta la mia stima. Tuttavia, capita che si lancino tra loro gli escrementi per  futili  motivi  (più i maschi, se ricordo bene), che si potrebbero risolvere con un incontro chiarificatore al bar o in una sala riunioni di qualsiasi centro congressi. Quindi, mettendo sulla bilancia i pro e i contro, possiamo affermare che lo status di "umano" è persino preferibile a quello di "macaco". Già che ho preso la via dell'etologia, posso tranquillamente infilare nel testo che, durante i miei pensieri da ferma, mi sono accorta di agire come una falena. Animaletto

Progressi e pentola a pressione

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Non so voi, ma io ho un rapporto conflittuale con le responsabilità. Non mi piacciono, mi mettono ansia, generano angosce più o meno apocalittiche, turbano profondamente il sistema nervoso; per il resto non me ne lamento. A tratti bramo la noia, perché in essa c'è un piacevole vuoto. Invece niente, sei lì che stai per annoiarti e ti cade addosso una responsabilità. Ecco, tenderei ad associarla al ragno che ti plana sul braccio mentre sei a un passo dall'addormentarti: la gradisco con pari entusiasmo. In questi giorni mi si è aggiunta una responsabilità, anzi due, al già gravoso pacco di guai che quotidianamente devo affrontare. Va da sé che l'ansia stia tracimando. Tuttavia non mi lascio abbattere, anzi m'impegno con maggiore solerzia al raggiungimento di nuovi traguardi: prendo il mio elenco delle fobie (dico solo che supera la pagina, e non ne parliamo più) e ci lavoro. Quindi, è con grande piacere e una punta di presunzione, che posso dirvi che,

Il ritorno dell'auto e l'ansia anticipatoria

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Per me, portarsi avanti con il lavoro significa farsi venire l'ansia anticipatoria. E la premessa è fatta. No, ne manca un pezzo e non si tratta di una quisquilia ma di una bellissima notizia: la mia auto è tornata con la benedizione del meccanico. E' vero che quando avvio il motore, questo non sempre si avvia. E' altresì vero che, in fase di partenza, esce una nuvola di fumo nero che sembra di condurre una locomotiva a carbone; e se ne vanno tutti i miei saldi principi ecologisti. Comunque sia, ora ho di nuovo le mie gambe a quattro ruote. Sono più tranquilla? Ovviamente no. Con l'auto posso organizzarmi per sbrogliare l'enorme matassa di impegni che avevo rimandato. E qui scatta l'ansia anticipatoria. Per chi non la conoscesse, posso dire che è un'agitazione, apprensione, inquietudine, panico (ecco, ho trovato la giusta definizione) che precede l'esposizione a una situazione temuta... reale o presunta. In effetti basta l'idea di do

Le gambe di una donna che voleva essere una sirena

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“Quand’è che è iniziato tutto e ho cominciato ad avere un’andatura da creatura del dottor Frankenstein?” La prima volta che ho virtualmente incontrato Noria Nalli, ricordo di aver pensato "se potessimo attuare uno scambio... lei mi dà un pezzettino della sua mente e io ricambio la cortesia con una generosa dose di mielina (o qualsiasi altra cosa possa giovare al sistema nervoso centrale): equilibrio, sane e salve, giulive e pimpanti entrambe".  Che meraviglia sarebbe. Invece la sua mente la spinge ad essere attiva (persino troppo, almeno dal punto di vista di una pigra come me) e positiva, mentre le gambe le scombinano i piani; io faccio esattamente il lavoro opposto. Ma mentre io sto qui a piangermi addosso (e a frignare un po' anche su di voi), lei affronta la sua sclerosi multipla con una forza da spostare le montagne. Ora, sono certa che non abbia  molto senso stilare una classifica dei malesseri, delle patologie e delle loro ripercussioni nella vita qu

Celebrità e attacchi di panico

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E' consolante sapere che anche i VIP soffrono di attacchi di panico? Direi di no. Tuttavia è interessante scoprire che oggi come in passato alcune celebrità sono riuscite a fare grandi cose nonostante dei disturbi piuttosto (o molto) invalidanti. Tra le star dei giorni nostri troviamo Madonna,  Britney Spears,   Giovanni Allevi (che al panico ha dedicato una sinfonia),  Carlo Verdone e molti altri. Ma i più interessanti sono i personaggi famosi del passato. Intanto inizierei con il ricordare che Sigmund Freud - sì, sì, proprio lui, quello che ha teorizzato un mucchio di cose che ci riguardano - aveva qualche problemuccio a gestire l'ansia da prestazione: in alcune occasioni pubbliche gli è capitato di svenire "come una donna isterica" (il virgolettato contiene affermazioni dell'epoca). Se non sbaglio, fu proprio lui a ricondurre l'isteria all'esclusiva sfera femminile... potrei dire ben gli sta , ma un po' dispiace. Uno dei celeberrimi s

Il nostro Paese delle Fobie è su La Stampa

Oggi siamo su La Stampa online. Qualcuno mi ha detto "ora tutti sapranno che sei malata". Dà fastidio? No, casomai è la "malattia" (che poi viene definita "disturbo", ma la sostanza non cambia) a dare fastidio. E comunque, una persona molto saggia un giorno mi disse che l'errore sta nel lessico e quindi nella sua elaborazione mentale: mai pensare io sono malata, ma io ho una malattia. La differenza sembra minima e irrilevante. Tuttavia si tratta di identificarsi o meno in qualcosa, e se questo qualcosa non piace e non ci fa sentire bene con noi stessi, perché mai dovremmo dovremmo assimilarci ad esso? Un grazie gigantesco, titanico, grande come il mondo a Noria Nalli, autrice dell'articolo e donna meravigliosa di cui credo vi racconterò molto presto. http://www.lastampa.it/2017/07/18/blogs/la-stampella-di-cenerentola/alice-inel-paese-dei-fobici-0vbdsSabcuapMiXB6IiNBJ/pagina.html

Riflessione sulla passeggiata forzata

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Sarà il caldo. Mai affrontato con leggerezza. Sarà che avere più tempo libero agevola l'assalto disordinato dei pensieri molesti. Sarà, come sostengono alcuni stimati specialisti, che l'energia vitale non riesce a trovare un'agevole via di sfogo. Sarà pigrizia. Anche interrogarsi su quello che sarà, non aiuta. Quindi, sia come sia, la passeggiatina quotidiana sta vivendo un momento di crisi. Non io, lei. A volte penso che non sia salutare forzarsi a fare qualcosa che proprio non mi piace. E' che qui la questione non è piacere o non piacere, il vero problema è la paura. Paura di sentirsi male, di non riuscire più a tornare indietro, di svenire e rinvenire con accanto un paramedico (se solo la gente non fosse così solerte nel chiamare il 118!), di incontrare qualcuno che ti trattiene con chiacchiere infinite mentre avrei voglia di scappare ma anche di non risultare sgarbata, della luce così intensa, di non trovare un angolino buio in cui nascondermi

Il nevrotico del villaggio globale

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Fortuna che ci sono i social network. Credo di averlo pensato per circa un mese, forse due.  Per un po' mi sono parsi un buon circuito d'allenamento contro la fobia sociale, un luogo dove intrattenere sani e costruttivi rapporti con gente equilibrata... C'è di buono che lì il mio squilibrio non mi pare più tanto allarmante. Un po' sì, un po' il mio disturbo continua a preoccuparmi, ma mai quanto prima. Un tempo (prima di facebook, twitter e compagnia bella) pensavo che, con il ritmo con cui cercavo di tornare in me, in fin dei conti mi convenisse dotarmi di telepass. Oggi ho ridimensionato la gravità del mio stato. Ho visto bacheche che paiono il manifesto dello squilibrio emotivo... nell'arco di due giorni (ma anche solo di poche ore) si passa dall'amore all'astio verso tutto e tutti. Senza sfumature, senza un minimo preavviso o un'avvisaglia di turbamento.  Ogni argomento è una miccia in attesa di innesco. E l'attesa è sempre b

Scaramanzia o ossessione?

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Da un articolo illuminato e un tantino seccante scopro che la superstizione, con i suoi deliziosi riti, è segno di qualcosina che non va (stamattina uso diminutivi a iosa, tanto per minimizzare l'entità del problema; anche questo è calcolato, qui è tutto calcolato, nulla è lasciato al caso. Io un po' sì, ma non non per questo mi lascio condizionare in fase di scrittura). A dirlo è uno psichiatra o uno psicologo, di cui ho dimenticato il nome e la qualifica, non trovo più l'articolo, però nella foto portava gli occhiali e aveva l'aria da saputello... il che depone a suo favore, per carità. Questo tizio, che da qui in poi chiamerò L'Esperto, tanto per capirci, sostiene che i gesti scaramantici sottintendono la paura di perdere di perdere il controllo e a volte (forse lui ha detto "spesso", tanto per crearci più di una preoccupazione) si trasformano in ossessioni. Ricordate quando da piccini si tentava di non calpestare le righe? Spero l'

Un film che mi è piaciuto tanto

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Torniamo alle cose serie o a quelle facete (dipende dai punti di vista). Ci tengo a tenervi aggiornati sui miei viaggi emozionali che, fortunatamente, sono perlopiù a chilometro zero (altrimenti avrei ben poco da dire e voi ne provereste un sollievo per me inaccettabile). La premessa è sempre prolissa. Qualche notte fa, presa da quel tipo d'insonnia indotta da inquietudini varie che ti deconcentrano persino dal miglior romanzo, ho provato a cercare uno dei tre o quattro film c he avrei voluto vedere al cinema. E qui ci scappa un'altra premessa (sto imparando a diluirle nel testo, che così pesano meno): amo il cinema e la letteratura sopra ogni altra cosa.  Ma temo di averlo già detto in precedenza; dovete essere molto pazienti e comprensivi con me, almeno per quanta riguarda la memoria lacunosa che è un problema ormai imbarazzante. Non so se capita anche voi o se, anche in quanto aberrazioni mentali, io sia una solitaria, ma quando leggo un libro (e posto che mi

Tentativo mezzi pubblici n. 2

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Io ci provo, che nessuno provi a dirmi il contrario perché mordo. L'auto è stata spostata, con abile manovra, da un meccanico più comprensivo che mi parla senza impugnare una chiave inglese; mi pare un passo avanti importante: aggiungere la paura dell'autoriparatore alle mie fobie non gioverebbe all'autostima (mia e del meccanico, credo). Tuttavia la prognosi è ancora riservata e le notizie che mi giungono non sono confortanti. L'attesa sarà lunga e da un certo punto di vista è un fatto positivo, mi costringe a trovare mezzi alternativi per gli spostamenti inderogabili (non potete immaginare quanto li odio). Per non pesare sugli amici, della cui bontà e pazienza è sempre meglio non abusare, i mezzi alternativi di cui sopra sono quelli pubblici. E proprio non ce la faccio, anche opportunamente sedata con ansiolitici. Per fare un esempio, stamattina sono arrivata alla fermata che già imploravo gli dei dell'Olimpo di darmi la forza. Mi sono concentrata su

Paura dell'abbandono: lasciare andare

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Non so se abbia un nome, se qualcuno l'abbia eletta a fobia, certo è che la paura dell'abbandono è uno degli stati emotivi più difficili da gestire. Il problema è che l'abbandono costituisce anche una delle pratica più diffuse; fosse elevata a sport, ci si potrebbe candidare tutti per le selezioni delle olimpiadi. Diciamo anche - qui tra noi che siamo profani nel campo delle teorie psicanalitiche, ma di pratica ne facciamo parecchia - che l'abbandono (avvenuto e temuto) è uno degli alimenti preferiti dal panico. Io vado matta per la pizza ai funghi, al panico piace l'abbandono anche in assenza d'altri ingredienti (cioè senza champignon, e non sa cosa si perde). Il fatto è che le persone (le piante, gli animali e le stagioni) vanno e vengono. E' nella natura degli esseri viventi, inutile stare qui a lamentarcene. Alcuni lo fanno apposta, altri loro malgrado. Inutile intestardirsi, munirsi di rete da pesca a strascico o di retino per farfalle. Q

La questione sigarette

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Foto da Etonline.com Io ne ho fumate di sigarette che voi umani non potreste immaginarvi... Camel da combattimento in fiamme al largo delle coste liguri. E ho visto le Nazionali senza filtro balenare nel buio vicino alle porte dei vicini. E tutte quelle cicche andranno perse nell'enfisema. E' tempo di smettere. Datemi una colomba bianca e la libero in cielo. Dov'è Harrison Ford? Le sigarette. Un problema bello grosso. Devo ammettere, seppur con una certa riluttanza, che per la prima volta in 35 anni sto pensando seriamente di lasciarle. Non è che mi senta peggio di salute (sempre uguale, malaccio), nè che le mie finanze siano drasticamente diminuite (è matematicamente impossibile). Semplicemente me ne sto disinnamorando e a volte ho la sensazione di fumare una sigaretta solo per farle piacere. Ora, so che abbandonarle è come tentare di lasciare un partner attaccaticcio e dedi to allo stalkeraggio. So anche che non potrò proibire agli amici di fumare in

Piccole incomprensioni quotidiane

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Sto riflettendo su quanto sia difficile comprendere non solo se stessi (lavoro titanico) ma anche gli altri. Siamo... quanti siamo? Sei miliardi di persone sul pianeta? Mi pare di sì, anche se tendo a non pensarci un granché per via della sociofobia che mi destabilizza il sistema nervoso, soprattutto se tento di visualizzare sei miliardi di individui che ciondolano avanti e indietro su una sfera. Comunque, siamo una marea di gente e non si trovano due esseri che abbiano la stessa testa.  Ora sto tentando di fare un calcolo approssimativo del numero di pensieri che quotidianamente infestano il mondo (una buona parte persino in ideogrammi). Ascoltatemi, non ci provate, si fonde la memoria di massa. Il succo è che capirsi è assai difficile. La riflessione di oggi, che chiamo "riflessione" per comodità ma ha tutti i requisiti in regola per essere promossa a paranoia, parte da una telefonata con un'amica. Si stava parlando di un libro che entrambe abbiamo le

Strategie non convenzionali per affrontare i problemi

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Ci sono, essenzialmente, due modi per affrontare i problemi: affrontarli o non affrontarli.  Non esiste la via di mezzo, purtroppo. Cioè, per esserci c'è, ma ritengo sia più dannosa dello stare a zampe all'aria a trastullarsi con il magone. Il magone spinge al trastullo, lo so; così come predilige il procrastinare, l'inedia e l'autocommiserazione... tutte cose che vanno bene se non si ha altro da fare. Io, piuttosto, spreco qualche ora alla Play Station, ma non mi lascio accalappiare dalla via di mezzo. Ora, quanti di voi apprezzano le filosofie orientali (me compresa) sanno che la Via di Mezzo è il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. Lungi da me contraddire il Buddha che, almeno in quanto saggezza, mi dà tanti di quei punti che posso ritirare alla cassa un set di pentole e anche un affumicatore professionale. Tuttavia, sono certa che anche lui mi avrebbe dato ragione in questo caso specifico, tenendo conto che non possedeva la Play S

L'amica notturna

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A volte parlare con me stessa è come cercare di ragionare con un ubriaco: non è che manchino i contenuti, ma sono un po' intorpiditi e tanto confusi.  Fatico a capirmi. Sospetto che per sentirmi meglio dovrei cercare di evitarmi, se non quando mi vedo in forma e presente a me stessa. Sì, insomma come si fa con certi parenti... un saluto a Natale e due chiacchiere sulle previsioni meteo quando si ha la sventura d'incontrarli casualmente. E' un periodo difficile, niente da fare, si aspetta che passi.  Nel frattempo lavoro (lì non c'è pericolo che m'incontri) e leggo romanzi surreali (dove talvolta m'incontro ma basta girare pagina). E quando non riesco a dormire, come stanotte, mi siedo sul balcone, do un colpo di tosse e attendo. Non più di un minuto e arriva la mia amica, nonché vicina di balcone. Di solito inizia lei a parlare, ha un mucchio di cose da raccontare e lo fa con pochi miagolii a basso volume (mi piace pensare che sia per

I seicento passi

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Seicento passi: la distanza tra la porta di casa mia e la tabaccheria. Trecento all'andata e trecento al ritorno. Sono un'inezia per chiunque, ci riuscirebbe anche un neonato gattonando. Dovrò provare a gattonare anche io, perché in posizione eretta non sempre mi è facile arrivare a destinazione. E' per questo motivo che conto i passi: distraggo la mente. Sono appena tornata, sudata e fisicamente provata, con la respirazione rantolante che non è mai un buon segno. Oggi, i passi erano seicentocinque. Qualcosa non è andato per il verso giusto e sono un po' infastidita e perplessa per via del numero dispari. Stessa strada all'andata e al ritorno, senza soste. Anche presupponendo che con l'età mi si stia accorciando il passo, perché la mia camminata non è stata suddivisa equamente tra andata e ritorno?  Lo so, oh se lo so, che questo pensiero e il conseguente turbamento indicano una distorsione mentale da non riderci sopra. Il problema è che se no