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Visualizzazione dei post da gennaio, 2020

Più dentro che fuori - il viaggio dell'agorafobica

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Quante volte vi ho detto che volevo andare a Dublino? Siate sinceri: avete pensato che non ce l'avrei mai fatta, eh? Credete forse che una donna perlopiù impegnata a raccontarvi il tormento interiore per una capatina dal panettiere sotto casa, non riesca ad allontanarsi dalla sua tana per più di mezzora? Gente di poca fede!  Certo che ci sono andata a Dublino. Con la fantasia, ma ci sono andata. Adesso direte che così sono capaci tutti. Mica vero, serve parecchio sforzo creativo per arrivare in un luogo senza muoversi dalla sediolina; si fa prima a prendere un aereo, per dire. Comunque l'Irlanda è intrigante esattamente come la immaginavo. Da questo viaggio avventuroso e intriso di complicanze insite nell'agorafobia, è nato il romanzo "Più dentro che fuori", sottotitolo: "Il viaggio dell'agorafobica", edito da Morellini. E dal momento che qualsiasi sinossi, commento, analisi, trama legata a un libro mi risolta assai difficile, vi

Psicopatologia del taglio dei capelli

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Felpa (particolare) Diciamolo, ci sono momenti della vita in cui scatta una punta d'autolesionismo. Non a tutti, sia chiaro; tuttavia credo di non essere la sola a provare qualcosa (non so identificare la giusta emozione) che dà quell'attimo di piacere pur sapendo che ci si sta facendo del male. Non sto parlando di dolore fisico, a quel punto non ci sono mai arrivata, ma di piccoli dispetti perpetrati ai danni di se stessi. Ho un esempio fresco di giornata e lo condivido con piacere con voi. Mi piacerebbe stare tutti insieme a parlarne davanti a una tazza di tè e biscottini al burro... ahimè, non si può. Finisco di pranzare e decido che, prima di rimettermi al lavoro, mi tocca uscire. L'entusiasmo che percepite dalle ultime tre parole sono dovute al fatto che l'agorafobia si è riaffacciata nella mia vita; lo sapevamo tutti, ce lo aspettavamo, sospetto che qualcuno di voi ci abbia anche scommesso sopra. C'è di positivo che per quasi 5 mesi sono stata gra

L'assenza ingiustificata dell'entusiasmo

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Tra una manciata di giorni uscirà il mio nuovo romanzo. Ieri ho ricevuto le prime copie fresche di stampa. Bello, bello, bello... gioia gioia, gioia... festa... ALT! No. Niente. Solo un po' d'ansia, di quella brutta peraltro. Eddai, sii contenta, mettici un po' d'entusiasmo, cosa ti costa? Me lo ripeto mentre, seduta sul divano con le spalle spioventi del depresso, fisso la scatola contenente i volumi profumati da carta non ancora contaminata dal fumo dalle sigarette. E mi odio, eh. Attenzione, in momenti come questi mi odio con tutte le mie forze. Una gatta entra nella scatola e tenta di distruggere la fonte della mia tristezza. Mi scappa una risata, giro un brevissimo video: tre minuti di umore decente. Poi passa, non c'è da preoccuparsene. Di tutto ciò non me ne frega niente. Lo dico a voi perché so che non lo racconterete in giro. Mi spiace solo che potrebbero passare casualmente di qui l'editore, la mia agente, le persone che ha

Ridere di dolore

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Giorni fa mi sono imbattuta in un articolo che parlava della connessione tra ironia, umorismo, sarcasmo (soprattutto sarcasmo) e depressione. Purtroppo non lo trovo più perché mi ostino a credere fermamente di poter ricordare dove ho messo qualcosa, dove ho letto qualcos'altro, persino dove mi trovo. La realtà è che la mia memoria è assai selettiva ed ha scelto di ricordare nulla, a parte eventi sgradevoli e dati del tutto inutili, ovviamente. Comunque sia, sono molti gli esempi, soprattutto in campo artistico, di personaggi estremamente divertenti che nella realtà soffrono di vari disturbi dello spettro depressivo. Il più famoso è certamente Woody Allen, che non ha mai fatto mistero del suo mal di vivere, anzi lo ha elevato a forma d'arte. Un celebre scrittore, David Forster Wallace, che per inciso amo moltissimo, ha scritto straordinarie pagine intrise d'ironia, ma purtroppo ha sempre sofferto di una grave depressione che lo ha portato al suicidio. Nel romanzo

Il peggio è passato

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Archiviato Natale, passato Capodanno. Tutti incolumi? State bene? Vi ho pensato parecchio e con una punta d'apprensione. Qui è andato tutto bene, sono riuscita a chiudermi il giusto per fiaccare ogni aspettativa da parte di terzi e, devo ammetterlo, mi sono sentita il cuore leggero (seppur con la solita tachicardia che m'impensierisce). Ho dormito tanto, e ne avevo bisogno; ho mangiato un po' di più e l'organismo sentitamente ringrazia; ho fatto ciò che avevo voglia di fare, senza se e senza ma. Insomma, ho svicolato la depressione festiva, anche se a tratti la sentivo bussare... ma niente, mi sono finta sorda e ho tirato dritto per la mia strada, ossia il tragitto dal divano al letto e viceversa. So che molti si sono sentiti soli, ma so anche che alcuni hanno scelto la solitudine per iniziare il nuovo anno. Forse sono io che frequento gente strana, ma la maggior parte degli amici sentiti hanno trascorso la sera dell'ultimo dell'anno guardando film