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Visualizzazione dei post da aprile, 2023

Le esche che innescano la rabbia.

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Nel 2019 è arrivata la rabbia. Non la zoonosi scatenata da un virus (quella è più letale), ma l'emozione che, e qui copio dal web, "deriva dall' istinto di difendersi per sopravvivere nell'ambiente in ci si trova "; definizione che personalmente trovo corretta. Una rabbia talmente soverchiante da fare impallidire depressione, attacchi di panico, agorafobia, che infatti erano spariti, almeno nella fase acuta dell'ira. Una serie di eventi hanno trasformato un tratto della mia personalità che mi piaceva parecchio: l'incapacità di provare collera e odio . E con ciò è andata a gambe all'aria anche la convinzione che nella vita non si cambia, che si resta quello che si è e da lì non si scappa. Nonostante gli inaspettati benefici in termini d'ansia, questa novità non l'ho accolta con piacere. In alcuni momenti mi pareva di comprendere il personaggio interpretato da Micheal Douglas in "Un giorno di ordinaria follia". La violenza fisica mi ha

Smettere di nascondersi.

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  Appena terminato di guardare un telefilm che mi ha turbata; una non scelta, una casualità da zapping. Turbata e decisa a distrarmi con qualche sciocchezza. Ed ecco un blackout, buio e silenzio rotto solo da qualche antifurto. Fortuna che mi piacciono le candele e ne ho sempre sul tavolino. Esco sul balcone e scopro che sta piovendo: è una buona cosa, la pioggia sembra rendere più leggera ogni cosa. Nelle altre case si scorge qualche luce da torcia o da schermo del telefonino.      Ripenso alla storia di quel telefilm, cerco di capire perché ne ho trascritto quasi integralmente i dialoghi… “Prendimi come sono, chiunque io sia”, s’intitola così ma non ricordo il nome della serie; c’è Anne Hathaway, questo lo so, all’inizio è oltremisura euforica e non è dato capirne la ragione; è mattino presto e va al supermercato… a quell’ora s’incontrano poche persone.   Nelle notti d’insonnia, a volte aspetto l’apertura del supermercato seduta nel parcheggio antistante: quell’attesa mi piace

"Solo per un po'".

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  Mi hanno detto “per un po’ non scrivere. Esci, guarda cosa accade fuori da te, incontra gente e i loro pensieri… solo per un po’”. Così, per due o tre mesi ho segregato i quaderni in un cassetto, messo in attesa tutte le storie già iniziate e mi sono piazzata in ascolto di voci e mi seduta su panchine e ho sorriso anche quando non ne avevo voglia e ho provato a ripudiare l’isolamento e un sacco di altre cose poco significative. Poi ho avvertito quella sensazione di vuoto che, di norma, prelude al pericolo di umore tendente al tetro: una bizzarra sfumatura di nero, perché pure il nero non è un assoluto (anche se la scienza ha scoperto un nero più nero del Vantablack, che però qui non ho mai visto). Allora mi hanno detto “Sei strana, sembri assente, forse hai nuovamente bisogno di un aiuto, di uno specialista… solo per un po’”. Così sono tornata dalla specialista che mi ha trovata singolarmente noiosa, segno che è una brava perché mi venivo a noia da me. Ho riflettuto sull’esse

Anche senza canditi, buona Pasqua!

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  Il fatto è che amo i dolci contenenti canditi; mi piacciono anche i canditi senza il dolce attorno, ma meno. Oggi, trovandomi in zona centrale per faccende da zona centrale, mi sono fermata in uno di quei bar/pasticceria dove se ordini un tè ti chiedono anche di che colore lo vuoi. In questi casi resto sempre un po’ sbalordita; sono più abituata ai localini che se gli chiedi un tè ti guardano con sospetto, poi spariscono nel retro (dove, ne sono quasi certa, ci vivono tizi loschi che passano il tempo disegnando faccine sorridenti sulle pasticche d’ecstasy), tornano con una bustina di tè Star che infilano direttamente nella tazza perché, in certi ambienti, ammettere di possedere una teiera può esporre a gravi ritorsioni. Sto divagando. I canditi, sì… una vetrina con colombe di varie dimensioni e forme (tutte comunque colomboidali) mi ha convinta ad entrare, perché nei miei ricordi quello è un dolce che chiama i canditi. Ordino un tè e la gentile signora s’informa sulle mie preferenze