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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

Andrei a prendere un Nobel

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Sono a Stoccolma (non è vero, ma qui si viaggia molto di fantasia).  Temperatura: - 10 gradi.  Ma al nord il freddo si sente meno perché è secco, e da queste parti evidentemente è grasso.  Quindi fa freddo ma non si percepisce come tale, anche se per pulire gli occhiali dal ghiaccio mi si sono incollati i polpastrelli alle lenti. Fortuna che fumo e l'accendino è l'unica cosa che mi premuro di avere sempre nel mio zaino. Scaldo gli occhiali e una stanghetta mi si affloscia, fusa come il mio cervello quand o qualcuno mi parla troppo velocemente (sarebbe tempo di sostuire la batteria ai neuroni altrimenti tra un po' mi muore il motorino d'avviamento). La gente qui è gentile, forse un po' fredda... ma secca, quindi si sente meno.  La lingua è incomprensibile ma parlo volentieri col Mar Baltico (che è più lento).  D'altra parte il mio viaggio non è di piacere. Sto cercando di capire se c'è un posto vacante per un Nobel, che è un premio ch

Comunicazione di servizio: siamo su Fb

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Vi rubo solo poche righe per comunicarvi che ho aperto la pagina Facebook di questo blog. Non che la notizia sia entusiasmante, e in effetti non mi sento più euforica del solito (non mi potete vedere, ma sono in pigiama e sfoggio un'espressione mesta, diciamo pure infelice; ma è la mia immagine standard, niente a che vedere con questa novità). Comunque, dal momento che qui la comunicazione risulta un po' complessa, penso che a casa Zuckerberg potremmo parlarci davanti a un tè e qualche biscottino virtuale, ascoltare musica, guardarci video di gattini che devastano un appartamento, commentare studi clinici e teorie alternative sulla nostra follia... Se volete (lettori del Belgio, della Polonia e di altre belle parti del pianeta: vi aspetto, sappiatelo), potete venire (anche in pigiama)  qui . Ciao e buon fine settimana.

Ansia, cime di rapa e un bel film

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Vi devo fare una confessione e ammetto di provare una goccia d'imbarazzo. So di deludervi ma, se vi può consolare, vi giuro che sono la prima ad essere delusa di me stessa (è il classico atteggiamento manipolatorio; diffidate sempre di chi prova a intortarvi con una giustificazione del genere, non è una bella persona. E anche per oggi vi ho dato un buon consiglio). Questo blog era nato con l'intento di informare il mondo sulle mie eroiche passeggiate fuori casa: mezzora al giorno, ce la si può fare, mi concedo una breve tratta in bus come se niente fosse; ricordate?Me la tiravo da Wonder Woman. Poi ho iniziato a parlare d'altro, come se niente fosse. Si dava per assodato che uscissi a spassarmela da mattino a sera, che ormai fosse un'abitudine consolidata di cui non valeva nemmeno la pena tornarci su. Dall'inizio dell'anno sarò uscita cinque o sei volte, e perlopiù per recarmi alla panetteria qui all'angolo (e non è stato facile). Ecco, l'

Aggiornamenti dal Tai Chi

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Vi avevo avvisati con largo anticipo, non sbuffate. Avevo previsto, oh sì, un avvicinamento al Tai Chi: era uno dei buoni propositi per l'anno nuovo. E di me si può dire di tutto, tranne che non riesca a mantenere una promessa di Capodanno almeno per un mesetto; posto che non si parli di sigarette, di cui in effetti non parlerò perché è un argomento che mi avvilisce parecchio. Quindi, con piacere e un briciolo d'insensata tracotanza, ora parlerò del mio ingresso nel meraviglioso mondo del Tai Chi. Partiamo da un preambolo (avevo scritto "preembolo", e sto ridendo come una che un embolo in viaggio nel cervello c'è l'ha sul serio): non mi sono affidata a una palestra, per motivi a voi già noti. Ho trascorso una mezza nottata a cercare su YouTube l'insegnante adatto. Avevo trovato un signore cinese, di rosso vestito, che mi piaceva tanto. Ho sempre nutrito un notevole interesse per gli uomini orientali; tutto sulla carta, niente di che, ma

Il compleanno del panico

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Se avessi ucciso qualcuno, ora sarei già fuori. Mi turba. E se sono turbata gli attacchi si intensificano. E se gli attacchi si intensificano divento irritabile. E l'irritabilità mi turba.  La canzone Alla fiera dell'est  inizia ad avere un senso, per me. Il problema, che problema non è ma non mi piace chiamarlo paturnia (comunque è una paturnia), si basa su un elementare calcolo matematico da cui ho evinto che quest'anno i miei attacchi di panico compiono un'infinità di anni. Evito di rivelarne l'età, ma potrebbero tranquillamente andarsene da casa, mettere su famiglia e accendere un mutuo per un appartamentino decoroso.  Continuo a ripeterglielo, ma non mi danno retta: sono caparbi, prepotenti, parecchio stronzi insomma. Ora, dalla sera di Capodanno, ho interiorizzato (bene, un buon lavoro, ha fondamenta stabili, non c'è rischio che crolli; quando interiorizzo mi ci applico con cura) che se avessi ucciso qualcuno, ora sarei già fuori.

L'incontro di lavoro

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A volte uscire è un obbligo di quelli che pesano ma sono sostenibili. Altre, iniziano a darmi ansia e qualche sintomo di un'influenza virale che purtroppo non ho, appena mi fissano l'appuntamento. Non c'è Xanax che tenga. Paura! La seconda categoria annovera gli incontri di lavoro, perché so che lì devo risultare pronta, attenta, mediamente brillante e soprattutto per nulla impanicosa. In questi momenti mi pento di non essere ricca, di non vivere di rendita... residente in un eremo, persino viva o sposata.  Oggi mi tocca. Non si scappa. L'unico dato positivo è che sono stata "convocata" con breve preavviso, quindi non ho materiale consistente per dare di stomaco. Tuttavia non riesco a stare ferma, ma ci sto per paura di tracollare. O meglio, sto seduta con le gambette da struzzo che ballano il tip tap.  In mio aiuto accorrono pensieri positivi, quali: non mi possono licenziare perché non sono assunta; la persona che devo incontrare la

Oggi GAP a pioggia

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Foto di GregPlom Chiarisco subito che GAP è un acronimo, niente a che vedere con il sostantivo inglese che significa divario o scarto; anche se la frase Mind the gap , quella che avvisa i passeggeri della metropolitana di Londra affinché non cadano come salami uscendo dal treno, in questo caso calza benino. GAP è la parolina che uso per definire un Grande Attacco di Panico. E' comoda perché, quando la crisi si presenta particolarmente violenta, ho poco fiato da sprecare. Quindi dico "gap" e chi vuol capire capisce; gli altri continuino pure a interrogarsi su quale bizzarra patologia mi riduca in questo stato. Oggi è una giornata da GAP. Siamo solo sul finire della mattina, ma già prevedo un pomeriggio e una serata da dimenticare. E' che mi sono svegliata così. Il motivo, al momento, mi sfugge. Non è accaduto nulla di eccezionale: ho dormito (male), ho certamente sognato (ma non ricordo), ho aperto gli occhi avvertendo un significativo senso di nausea