L'ansia digitale.
Ieri sono salita su un pullman di quelli che aspetti mezz'ora e poi entri in un girone dell'inferno dove se ti muovi urti qualcuno, ma tanto non c'è possibilità di muoversi (una preoccupazione in meno). Fino a non molto tempo fa mi sarei sentita male solo a immaginare una scena così. Ricordo di aver già provato una simile esperienza, seppur con meno calca, e di essere scesa alla fermata successiva con la convinzione di essere vittima di un'embolia polmonare. Certo, ho patito le urla di alcuni ragazzini, il caldo soffocante, la gomitata tra fegato e stomaco ricevuta da una signora che cercava di decidere con me, senza il mio consenso, se trascorrere la serata in un locale latino-americano o starsene a casa; tuttavia, sono scesa alla mia fermata, quella giusta, e mi sono goduta il tragitto a piedi nelle vie già buie e deserte. Ho festeggiato... senza ballare la rumba: a me basta un pacchetto di patatine e un bel film in TV. Ho pensato che ormai sto bene, benché mi