Compagni di letto

Quando iniziò il declino, non lo presi bene.
Ricordo che andavo a lavorare, tornavo a casa, mi mettevo nel letto e attendevo il giorno successivo. A dire il vero attendevo niente.
Lo psichiatra dell'epoca (brav'uomo, un po' distratto e malinconico ma professionalmente encomiabile) decise che non era un momento propizio per vivere sola. La presenza dei gatti parve non smuoverlo; in compenso mi smossi io all'idea di un ricovero.
Ma all'epoca non ero molto reattiva: farmaci, sonno perenne e mancanza di nutrimento (le crisi preferisco affrontarle a stomaco vuoto), mi avevano fiaccata.

Così, mi trasferii (con gatti) a casa di un'amica; di lei forse vi parlerò in un secondo momento, per ora vi basti sapere che grazie a questa donna ho iniziato a mettere in discussione la mia diffidenza riguardo all'esistenza degli angeli. 
Lei era preoccupata, in prima istanza per la mancanza di nutrienti nel mio organismo e poi per l'assoluta apatia fisica e mentale che mostravo persino somaticamente: occhio spento, lineamenti imperturbabili (pare sia un eccellente metodo, peraltro gratuito, per evitare l'attacco delle rughe; tuttavia lo sconsiglio), viso scavato come dopo l'estrazione in simultanea di tutti i molari e premolari.

All'epoca tutto mi creava ansia e panico. Musica, Tv, lettura dei quotidiani, persino una conversazione a volume troppo elevato o eccessivamente basso. Diciamolo, gestirmi era un gran rompimento di palle.
Stranamente anche i romanzi mi inducevano ansia; osservavo con attenzione la fornitissima libreria dell'amica e mi rimettevo a letto pensando che il mondo onirico fosse preferibile alla fantasia altrui.

Ma un giorno scelsi un volumetto, il più sottile, uno dei pochi scritti da un autore non mitteleuropeo (buone penne, niente da dire, ma ne sconsiglio la frequentazione in fase di depressione acuta). Scelsi quindi un giallo di Agatha Christie e mi innamorai dell'investigatore belga con la testa a uovo.
Leggevo, come faccio tutt'ora, a letto, sistemata su un fianco con il libro appena socchiuso per non rovinarlo: i rituali sono una roba assai strana. Da lì iniziò un rapporto, certamente insano e compulsivo ma chi se ne frega, con quelli che definisco i miei "amanti" diurni e notturni.

Amanti... sì. Di nessuno potrei parlare men che bene, nel corpo e nello spirito. Ognuno con la sua vita tormentata o quieta, ognuno con le sue storie più o meno condivisibili ma sempre molto affascinanti.
Alcuni, tuttavia, restano speciali, anche a distanza di decenni e di pagine: il mio letto ospitò per primi, e in tempi non sospetti, Baudelaire, Tarchetti e Poe, poi giunse Buckowsky accompagnato (per amor di simmetria sentimentale) da Hesse. 

Quando arrivarono i britannici fu un affollamento da far cedere le doghe: Shakespeare, Wilde, Conan Doyle, Dickens... per poi passare a più giovani penne (ad oggi adoro addormentarmi con Hornby, Adams e McGrath). E i giapponesi? Che meraviglia! Dolci, appassionati e folli come pochi. 
L'amante russo mi ha fatto penare non poco, ma a Dostoevskij si perdona tutto. 

Nel mio letto sono passati personaggi di ogni latitudine, longitudine, razza e credo religioso. Non mi sono fatta mancare nemmeno le donne: Agatha (già citata, ma merita un bis per quanto ha fatto per me), poi Virginia, la Austen. Persino le sorelle Bronte hanno diviso il mio cuscino; una folla che mi ha riscaldato nei mesi invernali. 

Non si tratta di flirt, di una botta e via. Queste sono relazioni che non finiranno mai. 
E' l'anima gemella? Ogni volta che ho pensato di averla trovata, ho incontrato qualcuno pronto a prenderne il posto. La libreria della mente è un luogo poco adatto alla monogamia.

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