La tossicità delle lamentazioni

Ho appena finito di leggere un interessante studio sui danni delle lamentele. Roba pesante: le sigarette, a confronto, sono aria fresca... che inspiegabilmente portano all'enfisema, ma ora direi di concentraci su altre grane.
Tuttavia l'esempio delle sigarette non è messo qui a caso, perché esistono i danni da lamentela passiva. Non scrivo a vanvera (o, almeno, non con intenzione) e ve lo dimostro.

Ci fidiamo della scienza? Risposta secca, i dubbi li teniamo buoni per fare volume durante la prima paranoia che ci capita a tiro.
La nostra fiducia non è mal riposta, perché quello che vi sto per dire l'abbiamo sperimentato tutti, solo eravamo più ottimisti circa le conseguenze.
Sono al punto: gli scienziati della Stanford University (quindi non di una scuola per corrispondenza) hanno impiegato un bel po' di tempo ed energie per dimostrare che l'esposizione superiore ai trenta minuti alle lamentele nuoce al cervello.

In pratica, quando raccontiamo le nostre grane, e ci dilunghiamo oltre misura, facciamo del male all'organo principale e più meraviglioso di cui la natura ci ha dotati (chi più, chi meno).
Quali sono gli effetti? Qui ci sono elementi da fare accapponare la pelle: a lungo andare i neuroni dell'ippocampo di chi ascolta si spengono, disattivando le capacità cognitive. Se ho capito correttamente, dopo un po' ci ritroviamo a piagnucolare davanti a qualcuno che non capisce più di cosa diamine stiamo parlando; li si rimbecillisce, con effetti prolungati oltre lo spazio dell'ascolto. Ogni volta che esprimiamo i nostri "non ce la faccio più, la mia vita è un fallimento, eccetera" spargiamo il virus della stupidità. Ve l'avevo detto che la pelle si accapponava.

Ma non finisce qui: anche il lamentoso subisce conseguenze abbastanza devastanti. E ben gli sta, nella vita il bene o il male che si procurano al prossimo tornano indietro; su questo punto la scienza pare ancora perplessa, ma prima o poi qualche capoccione studierà il fenomeno ed esprimerà un verdetto a favore. 
Il lamentoso acuisce la propria passività e riduce la capacità di reazione: ti lamenti e entri nel circolo vizioso del "tutto va male, la mia vita è una tragedia in continuo divenire"... è una sorta di quella che chiamano la profezia che si autoavvera. La mente si stanca, si siede sulla montagnola dei problemi e tende a non rialzarsi più. Nel frattempo la montagnola diventa l'Everest e anche se decidi di scendere... bé si rischia di cadere da 8.848 metri (l'8 è u numero favoloso, ma in questo caso ce ne sono troppi, intendo a livello di scivolata),

Ora, io ho trovato la soluzione - appena avrò tempo contatterò i tizi di Stanford e gliene farò cenno - e mi pare funzioni. Ho condotto uno studio tra i vicini di casa e mi sembra di vederli ancora sufficientemente intelligenti. Il trucco sta nel nascondere il lamento dietro un velo spesso di ironia. Credetemi, usare l'umorismo giova a noi e a chi ci sta intorno.

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