Paura dell'abbandono: lasciare andare
Non so se abbia un nome, se qualcuno l'abbia eletta a fobia, certo è che la paura dell'abbandono è uno degli stati emotivi più difficili da gestire.
Il problema è che l'abbandono costituisce anche una delle pratica più diffuse; fosse elevata a sport, ci si potrebbe candidare tutti per le selezioni delle olimpiadi.
Diciamo anche - qui tra noi che siamo profani nel campo delle teorie psicanalitiche, ma di pratica ne facciamo parecchia - che l'abbandono (avvenuto e temuto) è uno degli alimenti preferiti dal panico.
Io vado matta per la pizza ai funghi, al panico piace l'abbandono anche in assenza d'altri ingredienti (cioè senza champignon, e non sa cosa si perde).
Il fatto è che le persone (le piante, gli animali e le stagioni) vanno e vengono. E' nella natura degli esseri viventi, inutile stare qui a lamentarcene. Alcuni lo fanno apposta, altri loro malgrado.
Inutile intestardirsi, munirsi di rete da pesca a strascico o di retino per farfalle. Quando qualcuno vola (o nuota) via, c'è un'unica soluzione: lasciare andare.
A proposito di volo, oggi qui c'è un cielo bellissimo.
Se si prova a trattenere, lo sforzo provoca dolorosissimi strappi muscolari al cervello (che non ha muscoli, lo so, ma cerchiamo d'essere un po' elastici con le figure retoriche).
L'obiettivo è farsi una ragione dell'abbandono, e il modo migliore è comprendere che nulla dura per sempre.
Nel frattempo il panico si farà vivo a intervalli regolari, tipo l'uccellino dell'orologio a cucù ma senza attendere la scadenza dell'ora. Credo di averlo già detto: il panico è anarchico, non segue leggi, si titilla su un'idea libertaria fondata sull'autonomia e la libertà; detto così risulta persino simpatico, ma eviterei di concedergli spazio per i sentimentalismi perché comunque resta un gran bastardo.
Chi se ne va ha le sue ragioni e noi dobbiamo farcene una ragione, prima ci riusciamo e prima staremo meglio.
Inutile stare lì ad attendere il ritorno. Può accadere ma ormai qualcosa del meccanismo si è rotto: il cucù continua a fare capolino ma non è più in sincrono con le nostre aspettative.
Lasciare andare è una questione di rispetto per se stessi e gli altri (Sì, anche chi se ne va merita rispetto; è un fatto, può dispiacere ma così è).
Amici, partner, animali piante e stagioni... arriverà qualcos'altro. Non è detto che sia meglio (l'ottimismo non è nelle mie corde, tocca avere tanta pazienza con me), ma potrebbe esserlo.
Quindi, mentre si apre la porta per permettere l'uscita di chi se ne vuole andare, consiglio di lasciarla un po' socchiusa. Lo so che viene da chiuderla e metterci contro il vecchio cassettone della nonna, ma sarebbe un errore, perché si finirebbe per blindare in casa anche un ricordo che nutre le tristezze e il panico (senza funghi).
Questo penso oggi. E qui c'è un cielo bellissimo.
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