Tentativo mezzi pubblici n. 2

Io ci provo, che nessuno provi a dirmi il contrario perché mordo.
L'auto è stata spostata, con abile manovra, da un meccanico più comprensivo che mi parla senza impugnare una chiave inglese; mi pare un passo avanti importante: aggiungere la paura dell'autoriparatore alle mie fobie non gioverebbe all'autostima (mia e del meccanico, credo).

Tuttavia la prognosi è ancora riservata e le notizie che mi giungono non sono confortanti. L'attesa sarà lunga e da un certo punto di vista è un fatto positivo, mi costringe a trovare mezzi alternativi per gli spostamenti inderogabili (non potete immaginare quanto li odio).
Per non pesare sugli amici, della cui bontà e pazienza è sempre meglio non abusare, i mezzi alternativi di cui sopra sono quelli pubblici. E proprio non ce la faccio, anche opportunamente sedata con ansiolitici.

Per fare un esempio, stamattina sono arrivata alla fermata che già imploravo gli dei dell'Olimpo di darmi la forza. Mi sono concentrata su Marte, che in quanto dio della guerra, dei duelli e degli spargimenti di sangue, volendo potrebbe instillarmi un po' di spirito combattivo.
Mi ha risposto Pan, che non è una divinità ma mi è parso comunque parecchio potente.
Quindi, all'arrivo del bus, mi sono caricata il mio panico sulle spalle e sono salita con un po' di gente, ossia sembrava d'essere nella piscina Daying (l'avrete già vista, è quell'incubo del sociofobico, agorafobico, claustrofobico, eccetera, in cui vanno a sguazzare i cinesi. In realtà stanno fermi, ciambella contro ciambella, immersi nell'acqua, a guardarsi negli occhi... è la mia idea d'inferno).

Comunque, distogliamo il pensiero dagli svaghi cinesi e passiamo al bus.
Ora, dovete sapere che io sono piccina, non in altezza ma in larghezza (un giorno, casomai, parleremo delle grane mentali legate al cibo), e molto instabile fisicamente (qui scapperebbe una frecciatina che lascio a voi). ne consegue che sto in piedi con la preghiera.
Sul bus hanno iniziato a prendermi a zainate, trolleyate (è la linea che porta alla stazione) e quando mi sono chinata per rimettere in sesto la scarpa che stavo perdendo, mi è arrivata anche una gomitata sulla nuca (lieve, purtroppo).

Mentre valutavo lo stato delle mie coronarie, sottoposte a un lavoro abnorme anche per un'idrovora, e pensavo di sacrificare un portatore di trolley ai soliti dei dell'Olimpo, è salito il gradito pubblico del mercato: un'orda di signore con carrellino che, a quanto mi è parso, trova una buona collocazione sul mio alluce.
Ho più volte avvertito la pulsione di andare dal conducente, chiedergli di fermarsi e di alzarsi un attimo e darmi un pestone: mancava solo lui.

Dodici fermate! 

Per il ritorno ho chiamato un'amica. Mi ha raccattata mentre stavo seduta su un bidoncino dell'immondizia (mi ci sentivo a casa, lo ammetto) ed ero concentratissima nella decriptazione di un graffito urbano di cui allego foto (l'ho immortalato per lavorarci anche in un secondo momento). 
La tachicardia passerà tra due o tre ore.
Per il resto tutto bene, grazie.

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