La ricorrenza del sogno ricorrente

Un'influenza, o qualcosa di simile, piovuta tra capo e collo in periodo non sospetto, ha provvisoriamente sospeso le passeggiate quotidiane. 
Quindi, non sono stata io a deciderlo, è stata lei (l'influenza). 
Ammetto di non essermi opposta, di non aver inoltrato reclami: ho la giustificazione, non mi serve altro.

Comunque sia, al momento il mio programma di riabilitazione psicomotoria è in attesa di tempi migliori; prevedo lungaggini infinite.
Non so se ci sia un collegamento tra le due cose, ma il riposo forzato ha riportato nel mio mondo onirico un sogno che era sparito da anni.

La sua prima comparsa la fece all'inizio dei disturbi, poi occupò tutte le notti, fino a conquistarsi lo status di incubo ricorrente.
Per incubo s'intende un sogno che genera angoscia, ho controllato su Google proprio ora; non si specifica che il suddetto sogno debba necessariamente contenere eventi catastrofici, flagelli, piaghe d'Egitto. E sufficiente che provochi angoscia per meritare la carica di incubo.

Perché faccio questa precisazione? Perché il mio sogno non rivela nulla di terribile o spaventoso, almeno a un occhio esterno. E persino al mio, ed è il motivo per cui ne scrivo... nessuno specialista si è espresso in merito (nemmeno una parola di commento, dopo svariate sedute in cui ho narrato lo stesso scenario, seppur in contesti assai differenti; soldi buttati al vento. Magari tra voi c'è qualcuno che ne capisce qualcosa gratuitamente). 
Nulla di orribile, dicevo, eppure preferirei vedere apparire Freddy Krueger (il protagonista eccessivamente inquietante del film Nightmare), piuttosto di ripiombare nuovamente nel vortice del mio sogno ricorrente.

Ed eccomi al punto (lo so, ci ho impiegato un'eternità, nel frattempo ve ne siete già andati tutti): sogno di non poter infilare nemmeno un alluce nell'acqua di mare.
Ostacoli di varia natura, qualcuno che mi trattiene, onde che velocemente prendono la direzione opposta, scogli giganteschi che spuntano come funghi appena mi avvicino, scene da Mosè alle prese con il Mar Rosso.

Io amo l'acqua, mi piace sguazzarci dentro fino a farmi avvizzire la pelle come una prugna secca. Nuoto malissimo, bevo così tanto da risolvere, nel mio piccolo, il problema dell'innalzamento dei mari, tuttavia amo l'acqua.
Ovviamente, vivendo in una città completamente e inspiegabilmente, priva di distese d'acqua salata, non mi immergo da anni, ossia da quando è iniziata l'agorafobia. E bramo una nuotata... anche solo fare il morto, che mi riesce naturale. Bramo, non desidero. Bramo.

Così, da alcune notti il divieto di balneazione è tornato ad assillarmi e durante il giorno è un pensiero ricorrente. Giusto prima di iniziare a scrivere mi sono svegliata da un sonnellino, uno di quelli brevi che fanno da aperitivo prima di cena: eccolo lì; stavo correndo verso la spiaggia, accompagnata da un'amica che poi mi ha fatta bruscamente deviare per portarmi alla festa per il mio compleanno. Tanta gente, tutto bello. No, angoscia: guardando da una finestra, il mare era sparito, eccoci nuovamente qui in città.

Non ha molto senso, lo so.

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