La vita dell'homeless secondo Lee Stringer

La mia copia


Oggi che siamo in pochi, vorrei condividere con voi la mia passione per un romanzo scoperto del tutto casualmente. 
Come sapete, su Internet un argomento tira l'altro. E' così, che facendo una ricerca su un tema innocuo e frivolo, sono finita a leggere un'intervista a Lee Stringer, scrittore amricano a me sconosciuto.
Uno dei tanti, devo ammettere; leggo molto, ma a casaccio, saltello qua e là priva di metodo. D'altra parte la letteratura è un grande amore e l'amore è sempre un po' anarchico e caotico.

Dicevo... mi sono imbucata in un colloquio tra questo scrittore e un giornalista. La prima cosa che mi ha colpita è che si parlava di matite e io - con la mia amica Patrizia, sorella di passioni - sono un po' ossessionata dai lapis (infatti è il motivo - il tema innocuo e frivolo di cui sopra - per il quale sono arrivata a quella pagina). Poi l'attenzione si è spostata alla foto che ritraeva l'autore: un viso particolare, occhi profondi, tratti marcati che sembravano formare una smorfia di disgusto; somiglia a Morpheus di Matrix, ho pensato.

Dopo aver perso tempo in azzardate analogie filmiche, mi sono concentrata sull'intervista e mi è parso che le sue risposte collimassero con l'aspetto del suo viso.
Incuriosita dalla schiettezza del racconto sui suoi anni da homeless (prima lavorava come copywriter; licenziamento, crollo, perdita di ogni punto di riferimento), ho acquistato il romanzo Inverno alla Grand Central

Senza cedere a sentimentalismi, anzi con tono asciutto ma meravigliosamente coinvolgente, questo notevole scrittore mi ha accompagnata senza difficoltà in un mondo di droga ed estrema povertà verso il quale provavo un certa resistenza (la paura del futuro è anche quella roba lì). 

Ho sottolineato molti brani e quando sono arrivata all'ultima pagina ho ricominciato a leggere da capo.
Mi è piaciuta la sua capacità di sdrammatizzare una condizione disperata.
"Certo, la vita sulla strada può essere ingrata e dolorosa. Ma è pur sempre la testimonianza della capacità di ripresa dello spirito il fatto che, anche tra le amare realtà di un'esistenza alla giornata, sia possibile trovare rifugio in un acuto senso dell'umorismo".

Ho avuto modo di comprendere, almeno in una minima parte, la visione del mondo di un senzatetto. Perché io so come vedo loro, ma non sapevo come loro vedono me.
"Al pari dell'Uomo Invisibile di Ellison, eravamo svaniti in quella parte di paesaggio che si rifiutava di sostenere il Sogno Americano.
E che pochi vogliono vedere.
Non-persone in una vuota terra di nessuno.
Naturalmente l'indifferenza cresce da entrambe le parti. Noi, i diseredati, eravamo diventati bravi quanto loro a relegare il pubblico di passaggio alla periferia della nostra coscienza". 

Romanzo veramente appassionante. 
A Stringer gli si vuole bene. Tanto.


Inverno alla Grand Central di Lee Stringer (ed. Nottetempo)

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