Le lacrime di Nietzsche


Quando la mia amica Rita mi consigliò di leggere il romanzo Le lacrime di Nietzsche, mi chiesi perché mai avrei dovuto affrontare una lettura che già dal titolo prometteva una certa dose di tristezza.
Era, in effetti, uno di quei periodi in cui tendo a evitare il contatto con sofferenze di qualsiasi tipo, a meno che non siano ineluttabili.
Tuttavia, Rita mi ha sempre consigliato non solo bei libri, ma anche perfetti per me.

Così mi sono persuasa ad acquistarlo e da li è nato un rapporto molto coinvolgente con Nietzsche (che prima avevo frequentato per brevi periodi, senza troppo entusiasmo) e con Irvin D. Yalom, l'autore che non sa di questo nostro coinvolgimento emotivo, ma di questo non posso fargliene una colpa.

Il romanzo, come gli altri che ho letto di Yalom (psichiatra americano, altra faccenda per la quale alla fine mi sono persuasa a non colpevolizzarlo) racconta una storia di pura fantasia ma basata su vicende reali. È noto infatti che il filosofo protagonista dell'opera soffrisse di una profonda depressione... per non parlare di un evento leggermente allarmante che coinvolse un cavallo e la città in cui vivo che, tra parentesi, secondo un recente articolo letto su un giornale americano, pare abbia fatto uscire di testa più di un celebre personaggio del passato (non che nel presente ci si senta tutti un granché equilibrati, ma non siamo qui per parlare di Torino e dei suoi effetti benefici su abitanti e turisti). Inoltre, si leggono nei suoi scritti profonde riflessioni sulla vita (come filosofo non era niente male, diciamolo) che ho ritrovato nelle pagine del romanzo.

Quindi,  in luogo del un romanzo angosciante che mi attendevo, ho trovato una storia che ha portato a riflessioni positive.
Le lacrime di Nietzsche offre una visione molto originale della nascita della psicanalisi e dei tormenti del filosofo tedesco (sono andata a controllare perché ogni volta che sono convinta della nazionalità tedesca di un personaggio famoso, questo mi risulta poi austriaco; e viceversa).

Cercherò ora di fornirvi una traccia di trama, ma vi prego di considerare che fatico non poco a riordinare in modo sensato gli avvenimenti di una storia e, dato forse più importante, in questo libro l'evolversi della storia passa in secondo piano rispetto ai pensieri che vi albergano.

Ci provo comunque.
Josef Breuer, psichiatra viennese (ho verificato), è contattato da una bellissima donna che lo prega di prendere in cura un suo caro amico, nonché grande promessa della filosofia mondiale. Inizialmente c'è una notevole resistenza da parte dello psichiatra e del paziente. Lunghe chiacchierate tra i due, ovviamente ben lungi dalle banalità che potrei raccontare io a uno specialista, portano a una sorta di estemporanea inversione dei ruoli; perché anche il medico qualche problemuccio ce l'ha, in fin dei conti.

Nietzsche risulta a tratti persino ottimista, anche se capita che se ne esca con affermazioni del tipo "tutti i pensatori di rango contemplano la possibilità del suicidio. È un conforto che ci aiuta a superare la notte". Sconcertante, ma non manca d'ironia. 



La suddetta citazione è un po' fuorviante, non vorrei avervi dato un'impressione sbagliata dell'intero opus. Ve ne offro un'altra più illuminante:

"Voi volete volare, ma non si può cominciare semplicemente mettendosi a farlo. Devo prima insegnarvi a camminare, e il primo passo per imparare a camminare consiste nel capire che chi non obbedisce a se stesso viene governato da altri. È più facile, di gran lunga più facile, obbedire a un altro che comandare a se stesso". Detto questo, Nietzsche tirò fuori il suo pettinino e cominciò a curarsi i baffi".



Il titolo non è fuorviante: Nietzsche piange. Capita anche ai migliori. O forse capita più ai migliori. Non so.

Gran bella lettura, di più non saprei dirvi.

Le lacrime di Nietzsche di Irvin D. Yalom (ed. Neri Pozza)

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