Ansia da anagrafe e capelli biondi

Sono all'anagrafe.
Seduta in una sala d'attesa troppo ampia e troppo piena.
Siamo veramente in tanti e faccio uno sforzo per non contare puntando l'indice su ogni individuo. Mia nonna mi ha insegnato che non sta bene indicare le persone.

A parte qualche anima partita, senza possibilità di ritorno, per il mondo delle applicazioni di telefonia mobile (e io che scrivo su un taccuino guardandomi attorno con aria diffidente, casomai qualcuno volesse copiare), nessuno tace.

Parlano tutti a un volume che fa pensare alla necessità di comunicare durante un concerto heavy metal. Italiani e stranieri, senza eccezioni. Non è vero, due cinesi se ne stanno seduti in un silenzio che, a questo punto, diventa quasi inquietante.
Qualche Smartphone suona: carina la suoneria con il garrito del gabbiano, perché io non ce l'ho?

Si lamentano tutti: i più giovani sono disgustati dall'Italia, dagli italiani e da altra roba attinente il territorio nazionale; i più anziani elencano patologie dolorose come una tortura del KGB.
I miei coetanei, anno più anno meno, abbracciano entrambi gli argomenti: gli duole il ginocchio ma c'è il caso che sia colpa del governo ("ladro").

Per ora i sintomi dell'ansia sono circoscritti a una discreta nausea e l'inizio di paresi agli arti inferiori.
Bene!
Fisso con brama, aspettativa, angoscia e altro che non saprei definire, il tabellone elettronico.
Mi pare d'essere qui da un decennio e siamo fermi al numero 19. Qualcuno entri e aiuti il 19, porca miseria ladra! Altrimenti non se ne esce.
E comunque potremmo concederci un quarto d'ora di gioco del silenzio; anche solo cinque minuti, non pretendo di più.

Ora un neonato ha attaccato a strillare. Sarei tentata di mettergli in mano un telefonino.
La nausea sta crescendo, è quasi pronta a partire per il militare. I muscoli sono talmente tesi che temo si strapperanno facendo il rumore di una fionda.
Inizio a respirare malissimo, cioè a trascorrere in apnea periodi di tempo di lunghezza allarmante.

Niente panico! Hanno aperto un altro sportello: il 19 è sempre lì, gli hanno portato una sedia. Buon per lui, io inizio ad avvertire il capogiro che prelude la fuga. Ottima idea, se solo riuscissi a muovermi.


E' il mio turno e non sono fuggita... che nessuno provi a dirmi che manco di coraggio.
L'impiegato allo sportello è gentile e simpatico. Fa battute sul suo peso corporeo, è sempre un buon segno.
D'improvviso si rabbuia guardando il modulo che ho compilato.
- Lei non è castana!
- Come no?
- E' bionda!
- Ma dove?
- Nella foto è bionda.
- Sarà l'effetto del flash; quelle macchinette fanno foto allucinanti.
- Comunque non posso mettere sul documento che lei ha i capelli castani.
- Come no? E' da quando ho fatto la prima carta d'identità che risulto castana.
- Ora è bionda!
- Sta scherzando, vero?

Non scherzava. Da oggi, per l'anagrafe, il Comune di Torino e, presumo, anche il Casellario Giudiziario, io sono bionda.
Stavo per imbastire una feroce lite, poi ho visto, ad altezza occhi, un cartello che mi diceva di lasciare perdere... roba da penale, si rischia l'arresto, tre anni di carcere, le foto segnaletiche... bionde.

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