Mi sa che non sono smart

(Collezione privata; mia)
Non ho la costanza del collezionista, ma ci sono oggetti che mi piace avere attorno, a portata di mano, d'occhio, di piacere. 
Macchine per (da) scrivere, matite e taccuini. Se averne un po' ovunque per casa significa collezionarli, li colleziono.
Questo dovrebbe dare l'idea di quale sia il mio rapporto con gli aggeggi tecnologici. E credo spieghi i vari incidenti che frequentemente interessano questo blog. 
Ve ne sarete accorti, e siete stati tanto carini da non farmelo pesare, che la formattazione non è un granché formattata, la veste grafica non si può guardare, i caratteri cambiano font e corpo a loro discrezione, i colori sono un tantino fuori forma (brutti, un pugno in un occhio).

Non sono così vecchia da trovare difficoltà insormontabili nell'approccio con internet (anche se ancora non ho la più vaga idea di cosa significhi avere, dare, destreggiare, attraversare in passo di danza, esibire un'ottica SEO), ma nemmeno così giovane da sentirmici a casa. Potrei fregarmene con un'elegante alzata di spalle, il guaio è che con internet ci lavoro; non posso fare altrimenti.

Ricordo che, prima di aprire questo spazio virtuale, iniziai a leggere un promettente articolo intitolato "come creare un blog di successo". Nelle prime righe, l'autore mi diceva che sono una persona smart, dinamica, che non si arrende prima di raggiungere il suo obiettivo. Ho subito capito che non mi conosceva.
Lanciata una rapida occhiata alla lunghezza totale dell'articolo (eterno), mi calò addosso una stanchezza da record.
Abbandonai la pagina con un vago senso di colpa, andai su Google e digitai "come creare un blog e basta".
E questo è il risultato.

Tutto ciò mi porta alla mente un episodio, purtroppo non così lontano nel tempo come vorrei.
Si trattava di un nuovo lavoro e, come sempre in questi casi, cercavo con tutte le mie forze (che sono poche, a onor del vero) di risultare preparata, dinamica... insomma, in possesso di tutti i requisiti richiesti per "creare un blog di successo". Fortuna che la persona in questione mi conosceva da anni, altrimenti il colloquio avrebbe condotto a nulla, a parte uno sguardo di commiserazione.

Alla domanda "ce l'hai vero un telefonino avanzato?", ho risposto con grande baldanza (e pure un pizzico d'orgoglio) "certo, ovvio. Un telefonino avanzato è indispensabile". Alla successiva domanda "Android o Iphone?" ho colto un calo d'energia e forse anche di zuccheri, il tutto accompagnato da una puntina d'imbarazzo. 
"Ehm, ho un Nokia che mi ha dato un'amica, a lei non serviva più... fa le foto... cioè, avanzato... non nel senso che mi avanza?" 
Il silenzio dell'interlocutrice mi ha fatto sentire alta circa 20 cm. Ho impiegato circa una settimana per riacquistare il metro e mezzo perso. 

Lo so, sto perdendo colpi, sto invecchiando, le nuove tecnologie mi colgono impreparata (oltre che evidentemente male attrezzata). 
Mi ritrovo a invidiare la gente che sta con il naso incollato allo smartphone anche mentre attraversa la strada; mi piacerebbe leggere un ebook senza l'impulso di sottolineare a matita; vorrei riuscire a fare foto decenti con la macchinetta digitale e cancellarmi le occhiaie con un programma per il ritocco immagini; mi farebbe contenta saper togliere la sintesi vocale dal nuovo telefonino (avanzato in tutti i sensi: un'amica non lo usava più) onde evitare di stare in coda alla posta con l'aria innocente mentre dalla borsa una signorina racconta a tutti chi mi ha mandato un messaggio. 

Sono cose semplici, lo so. Ma mi sa che io non sono smart, qualunque sia l'accezione del termine.

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