Effetti/affetti collaterali.
Nell'ultimo post ero invischiata in una piccola crisi d'astinenza e promisi di raccontare la vicenda sottostante, primevo, scatenante, disturbante, e potrei continuare all'infinito perché sono un po' tesa anche oggi.
Storia vera, croce sul cuore. Racconto lungo come la quaresima, casomai passate oltre.
Il fatto è che lo Xanax è come la vita: all’inizio pare una meraviglia, ma a lungo andare fa mica bene. Brucia un po’ la memoria, lo Xanax (anche la vita, se è per questo), e allora capita che assumi due pastiglie in rapida successione chiedendoti, dopo qualche minuto, se lo hai già preso o meno… si rischia la lavanda gastrica, poi pensano che hai tirato a farla finita, invece è solo partito il fusibile dell’ippocampo.
In questi casi sarebbe meglio non mettersi alla guida di veicoli pesanti, e nemmeno di una carriola. Soprattutto, sarebbe meglio mettersi a letto e smaltire la sbornia. Perché si pare ubriachi, sapete, e si fanno cose e si dicono robe che poi sale l'imbarazzo, mentre scende l'autostima.
Nel mio caso vengo assalita da un’euforia indolente, da un eccesso di leggerezza da oca giuliva; però continuo a guidare bene e, tutto sommato, la mia auto non è un granché pesante.
Ora, mi pare di avere già detto circa un centinaio di volte che, tra le altre, ho la fobia delle divise; tutte le divise, da quelle dei militari ai camici dei medici. Lo Xanax aiuta. Lo Xanax in doppia o tripla dose mi rende impavida, ottusa e ilare.
Premessa prolissa, ma necessaria.
Un giorno di un paio di mesi fa, decido di portare coperte, vestiti e qualche altro genere di conforto a un’amica che vive in un vecchio furgone Ford, insieme alla sua smisurata figliolanza, sotto i platani del corso qui vicino. Non sono platani, ma va bene uguale. E non è nemmeno un corso, ma è largo tre corsie per senso di marcia e le macchine ci sfrecciano come in un autodromo.
Arrivo al furgone. È tristemente parcheggiato accanto a due auto della polizia, coi musi un po’ convergenti tra loro a occupare una mezza corsia di marcia. Faccio due giri e non trovo parcheggio, penso di sistemarmi in doppia fila, ma non sta bene, soprattutto davanti alle forze dell’ordine. Però, noto che tra le loro auto c’è spazio. Faccio qualche manovra, per via dei musi convergenti e dei tizi in divisa sparsi a casaccio dinamico (cioè di muovevano in mezzo alla strada). Traffico un po' e mi sistemo lì.
Due poliziotti si avvicinano, abbasso il finestrino ed esibisco il sorriso sincero e un po’ ebete da sovradosaggio da benzodiazepine. Uno di loro è tanto grazioso: capello brizzolato, occhio ceruleo, rughe d’età e stanchezza (effetto Xanax anche questo: di norma le persone le vedo ma non le guardo - o viceversa -, uomini inclusi, uomini soprattutto).
Sorride anche lui, bel sorriso per nulla ebete. Mi dice “questo è ‘consegnarsi spontaneamente alle autorità’!” (eccesso di virgolette, sì). Ha pure il senso dell’umorismo, mi dico. Mi sento quasi innamorata e propongo di esibire i documenti, casomai volesse memorizzare il mio indirizzo e passare a trovarmi. Lui scuote la testa.
Spiego che devo lasciare delle coperte, continua a sorridere, gli darei un bacino.
Salto giù dall’auto, apro il bagagliaio e scarico due sacchi enormi che trascino fino al furgone. Busso sulla fiancata. Nulla.
Ribusso e urlo un nome che so di storpiare perché, benché mi sia stato ripetuto più volte, non l'ho ben capito.
Un poliziotto, più giovane e meno attraente dell’altro (anche per via dell'età), m’informa che li dentro ci vivono degli zingari, i quali sono evaporati al loro arrivo.
Allora telefono. L’amica mi dice “ti vedo, ma non vengo”. Le spiego che i poliziotti non sono lì per loro. Poi le propongo di mollare i sacchi “tanto c’è la polizia, nessuno te li ruba”.
“Siamo qui per questo”, ribatte il fascinoso in divisa, sorriso immutabile.
“Ecco, hai sentito?”, dico al telefono. Lui ride. “Arrivo”, risponde lei.
Ci incontriamo, lei, io, bambini, tanti bambini. Saluti, conversazione incomprensibile da ambo le parti per via del gap linguistico, due coccole al piccoletto con ciuccio in bocca e cellulare con vetro in frantumi tra le mani.
Ritorno all’auto e, prima di salire, ringrazio il poliziotto bello.
Lui si fa serio. “Signora…”
“Signora… beh, non sono sposata”, correggo io, casomai avesse una mezza idea di offrirmi un paio di falafel dal kebabbaro di fronte. Intanto mi schianto una caviglia da ferma e freno la caduta reggendomi a un tergicristallo.
Il policeman mi fissa intensamente le pupille: non è corteggiamento, cerca di capire se il quantitativo di droga che ho in corpo sia compatibile con un’imputazione per spaccio; questo mi suona improvviso e chiaro dopo ore e una rigenerante dormita.
Monto in auto, ingrano la retromarcia e colgo che, se l’entrata non è stata facile, l’uscita è impossibile senza fare danni.
È che la mia auto ha il retro con punti ciechi sparsi a macchia di leopardo (è americana, non si può pretendere la perfezione), si vede poco e quel poco è inibito da enormi poggiatesta di cui non capisco l’utilità, a meno di non scarrozzare in giro un grizzly (cosa che forse gli americani fanno con una certa regolarità).
Il mio eroe brizzolato, con competenza di cose della vita, esperienza in soggetti fuori come comignoli, e rapidità d’azione, si piazza in mezzo alla strada, blocca i veicoli in arrivo e mi dà due dritte su come evitare di elevare a opera d’arte concettuale il cofano di una delle volanti.
Gli faccio ciao ciao con la manina, torno a casa, dove scopro di aver lasciato lo zaino con patente e libretto.
Capite ora perché ho tentato, e ci sto lavorando tutt'ora, di ridurre il dosaggio dello Xanax?
Non è masochismo (un pochino sì, ma poco poco), è che lo assumo quotidianamente dal 2000 (anno orribile, peraltro)... Ma era il 2000? Non lo ricordo, comunque ci girava intorno come una mosca su... un anno brutto, che ha inaugurato un secolo, un millennio che non promette di migliorare.
Ora arriva il consiglio, perché mi dicono che qui dovrei dare consigli, non cincischiare senza rendermi utile. Posto che qui scrivo quello che mi pare, che di consigli utili forse ne ho dati un paio in tutta la mia vita ed era prima che diventassi astemia, io vi ascolto. Quindi, se volete la perla di saggezza, eccola: se assumete lo Xanax da un paio di decenni, sentite di non averne più un granché bisogno, non fate come me: rivolgetevi a un medico che vi spiegherà come ridurre o smettere. Se ci non riuscite, e vi capisco, munitevi di un portapillole settimanale e consultate il calendario più volte durante la giornata. In ogni caso, evitate di parcheggiare in mezzo a un posto di blocco perché, nel migliore dei casi, vi sale la brama di abbracciare un poliziotto, e non sempre lo slancio e gradito. A me è andata bene perché ho un sorriso che ispira tenerezza, ma è roba per pochi.
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