Quando ho capito d'essere invecchiata

Sono mica le rughe. Averne di rughe!
Le guardi apparire e fai la mappatura della vita: "Questa sulla fronte ha esordito già al liceo, durante le lezioni di fisica che ci capivo una mazza; non che le altre materie le affrontassi con la serenità del genio, diciamo che persino l'intervallo mi era un po' ostico..."
Foto di Nile
"Queste altre due, ai lati della bocca, sono venute per via d'una delusione d'amore, mi fanno persino tenerezza. Tuttavia, lui, semmai dovessi incontrarlo, lo tiro sotto con l'auto... che mi viene difficile perché me lo ricordo poco".
Le rughe sono bazzecole.

Anche una certa rigidità articolare che si sta facendo strada non rappresenta un segnale importante. Non riesco più a far toccare i gomiti dietro la schiena, ma mi pare che quella capacità non mi abbia portato profitti memorabili.
I capelli bianchi? Ci ho messo su talmente tante tinte fin dall'adolescenza (anche un verde speranza di cui non vado particolarmente fiera) che non saprei nemmeno dire a che età siano comparsi. Lo sfoltimento della criniera? Per forza, la tingevo di verde e poi la lavoravo con il Tenax...

Io mi sono accorta di non essere più una giovine di belle speranze (anche quelle mai avute, a dire il vero) guardando in tv un concerto di musica classica. Non è stato per il concerto in sé, ma per David Garrett.
Per quanti di voi non siano stati graziato dalla vista di questo noto musicista, farò una breve descrizione; chi già lo conosce può saltare i prossimi tre paragrafi. Non metto una foto, che al momento risulterebbe comoda e ci lascerebbe spazio per discorrere d'altro, perché qui non pubblico immagini coperte da copyright , è una regola, credo l'unica.

David Garrett è l'esempio più illuminante della disparità di trattamento da parte della natura verso i suoi figlioli, che siamo noi.
È nato in Germania da famiglia benestante e culturalmente elevata; probabilmente avrebbe potuto fare un cazzo per tutta la vita (che poi era la mia ambizione fin dalla più tenera età) e invece ha lavorato per mantenersi agli studi (indossatore, e la cosa renderebbe superflua qualsiasi descrizione fisica). Fin da piccino ha mostrato i segni inequivocabili di un talento innato per la musica. Suona il violino che Paganini potrebbe stramazzare d'invidia (qui sto esagerando un po',  forse, ma è per rendere l'idea).

È alto, slanciato, peso forma che non sfora di un grammo, lineamenti perfetti, occhi azzurri che nemmeno un husky, capelli biondi, lunghi capelli biondi, folti e lisci capelli biondi (ribadisco che è biondo perché ha una tonalità di biondo sorprendente, persino per un tedesco). Mentre suona il violino, a volte i capelli (biondi) cadono sullo strumento, e allora li scosta con un rapido movimento della testa accompagnato da un sorriso che ti porta a credere nell'effettiva esistenza di qualche divinità: non ha denti che sembrano perle, sono le perle che somigliano ai suoi denti. Ovviamente sorride spessissimo; non gliene farei una colpa, non ha alcun motivo d'essere imbronciato.

Tra l'altro esibisce un perfetto look dark-rock-metallaro-trasandato-elegante-sicuramente griffato... per dire che non è il  classico biondino bello ma dozzinale.
Credo d'essere riuscita, seppur con toni modesti, a farvi comprendere che siamo davanti a un uomo avvenente.

Ecco, lo scorso anno hanno trasmesso in diretta tv un concerto di cui era la guest star (pubblico prevalentemente femminile, perché a noi donne la musica classica piace sopra a ogni cosa).
Dunque, fino a una decina d'anni fa (forse anche meno, decisamente meno), davanti a quest'uomo la mia mente avrebbe partorito pensieri parecchio impuri. Il divario d'età non avrebbe frustrato l'immaginazione (è anche giovane, eh sì. Sospetto che lo resterà in eterno, non mi stupirebbe scoprire che è immortale, già che c'è). 

Arrivo al punto: davanti a questo ben di Dio, che peraltro già conoscevo e apprezzavo per le sue doti artistiche e il sorriso gioviale, mi sono ritrovata a pensare "quanto sarei orgogliosa se avessi un figlio così. Beata la sua mamma".

Cosa hai detto?
Me lo sono chiesta ad alta voce, ma non con un tono pacato seppur sorpreso. No, no. Avevo il timbro di mia nonna (santa e adorata donna), quando mi scappava un "va' a cagare" quasi impercettibile e lei mi si avvicinava con l'aria d'essere a un passo dal prendere il mattarello, quello per tirare la sfoglia per le tagliatelle, lungo come un bastone da combattimento giapponese.

In quel preciso momento sono guarita di botto dalla sindrome di Peter Pan, che peraltro mi piaceva parecchio.
Un fulmine a ciel sereno (o quantomeno non depresso).
Ora continuo, talvolta, a indossare il bracciale con le borchie, gli anfibi e pettinature tra il punk e Harry Potter (con il parrucchiere cinese abbiamo ancora qualche difficoltà nella comunicazione) ma so di essere invecchiata.

Assolo di violino. Cala il sipario.

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