Il compleanno del panico



Se avessi ucciso qualcuno, ora sarei già fuori.

Mi turba. E se sono turbata gli attacchi si intensificano. E se gli attacchi si intensificano divento irritabile. E l'irritabilità mi turba. 
La canzone Alla fiera dell'est inizia ad avere un senso, per me.

Il problema, che problema non è ma non mi piace chiamarlo paturnia (comunque è una paturnia), si basa su un elementare calcolo matematico da cui ho evinto che quest'anno i miei attacchi di panico compiono un'infinità di anni.
Evito di rivelarne l'età, ma potrebbero tranquillamente andarsene da casa, mettere su famiglia e accendere un mutuo per un appartamentino decoroso. 
Continuo a ripeterglielo, ma non mi danno retta: sono caparbi, prepotenti, parecchio stronzi insomma.

Ora, dalla sera di Capodanno, ho interiorizzato (bene, un buon lavoro, ha fondamenta stabili, non c'è rischio che crolli; quando interiorizzo mi ci applico con cura) che se avessi ucciso qualcuno, ora sarei già fuori. Anche senza patteggiamento della pena o buona condotta.
Invece pratico la gentilezza e la compassione, il rispetto per la vita di qualsiasi essere del pianeta (casomai, pure di chi potrebbe giungere da località site in altre galassie), e mi trovo in questa cella angusta. Ogni tanto ho l'ora d'aria, ma non è che girare in tondo con una palla al piede mi diverta così tanto.

Spesso mi ritrovo a pensare a un vecchio episodio che ho il dubbio di avervi già raccontato. Semmai saltate il paragrafo.
Ero entrata nel club del panico da un anno circa, e un medico mio amico mi diede la copia di un articolo di giornale in cui una donna raccontava come era guarita dopo dieci anni di attacchi e agorafobia. Lo lessi e poi sbottai (a dire il vero urlai) "dieci anni! Ma nemmeno se mi pagano a peso d'oro, piuttosto m'infilzo il cervello con un ferro da calza"; nutrivo già una certa passione per maglia e uncinetto. 
Ero arrabbiata e l'amico ci rimase male, pensava che quella "testimonianza" mi avrebbe sollevato il morale. A ripensarci, la me di quel momento mi fa persino tenerezza. Adesso dico "magari fossero stati solo dieci anni": nella vita, le prospettive cambiano in un amen... ed è il fattore che la rende interessante

A Capodanno (seratina difficile, lo ammetto) mi sono ritrovata a pensare di aver buttato via quasi mezza vita. Tuttavia, a ben pensarci, questi anni hanno riservato sorprese bellissime, tanto amore, molti nuovi e preziosissimi incontri, persino soddisfazioni personali che prima non mi sarei mai illusa di ottenere.
Sarebbe stato meglio avere l'intero pacchetto in assenza d'ansia?
Vorrei tanto rispondere un sì deciso e chiudere qui la discussione con me stessa (e con voi che pazientemente sopportate le mie lagne), ma so che in piena salute mi sarei goduta ben poco tutte queste cose. Non ci avrei fatto caso, avrei continuato a correre da una parte all'altra, a perdere tempo in faccende sterili, probabilmente non ci sarebbe stato alcun pacchetto.

Ciò non toglie che mi senta turbata, e che il turbamento intensifichi gli attacchi... il resto lo sapete già.
Quindi, lo ammetto, spesso spargo a random il cattivo umore e tendo a starmene in solitudine; continuo a non comprendere come e perché continuino a frequentarmi senza fare una piega o tirarmi un ceffone (io lo farei).
Il 16 giugno potrei passarlo dormendo o organizzare una festa per il panico. In alternativa, direi che la soluzione migliore sia smettere di pensarci e godermi una fragola leggi qui (se vi va).








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