La santa degli agorafobici


Dal momento che lavoro per voi da mattina a sera con una dedizione che definirei commovente, ho deciso di fare accurate ricerche per trovare una figura che possa efficacemente essere invocata nel momento del bisogno.

E visto che gli psichiatri spengono il telefonino quando captano che potremmo avere urgenza di contattarli (sono come i pipistrelli, emettono onde sonore per evitare d'imbattersi in un paziente problematico fuori dallo studio e dalla parcella, giuro), ho deciso di passare dal profano al sacro.

E' così che mi sono imbattuta in Santa Alessandra d'Egitto (detta la Reclusa) che, per meriti sul campo, vorrei eleggere santa protettrice degli agorafobici.
Non esistono molte notizie sul suo conto, come su tutti coloro che se ne stanno tappati in casa, ma qualcosina ho recuperato; nottetempo, perché stanotte di dormire non se ne parlava.

E' una santa della Chiesa Copta; non mi chiedete, dei copti so nulla, ma si tratta di faccende religiose inerenti la chiesa d'Egitto.
E infatti, questa Alessandra era egiziana. vedete quindi che non sparo informazioni a caso.
Fonti attendibili (un sito a caso) affermano che è vissuta nella seconda metà del IV secolo. Tempi difficili, in cui i penitenti avvertivano la pulsione a farsi del male per purificarsi. Oggi riusciamo ad essere autolesionisti anche senza un motivo e comunque non per dare una risciacquata all'anima, semmai il contrario.

Comunque, tra le varie forme di mortificazioni del corpo, smettere di curarsene era una delle più gettonate per entrare in contatto con il divino senza distrazioni.
E cosa ha fatto la nostra Alessandra?
In giovane età si è fatta murare in un ambiente angusto; si parla di una grotta o di una tomba, non ci sono notizie certe... comunque sia, solo a pensarci sale un briciolo di claustrofobia.

Il suo contatto con l'esterno era limitato a una sorta di finestrella, un buco diciamo, da dove chi voleva le passava cibo e acqua.
Lì dentro non aveva alcunché, niente luce né un libro (comunque leggera al buio è del tutto inutile), nessun genere di conforto né di svago.
Ha vissuto così per dieci anni, ossia fino alla morte avvenuta attorno ai trent'anni.

Una tizia che le faceva visita, e che a quanto pare era un briciolo pettegola, sosteneva che la Reclusa si fosse isolata dal mondo a causa di una delusione amorosa. Quelli erano tempi in cui se un uomo ti lasciava non si correva in discoteca con le amiche a ingollare mojito; dubito persino che esistesse già il rum (per non parlare delle discoteche).

Pregava e meditava sulla vita dei profeti, dei martiri e di altra gente dall'alto profilo morale.
Ora, sembra che io ci stia scherzando su, ma la storia di questa donna mi ha molto colpita per vari motivi.
Il primo, ovviamente, è riconducibile al tipo di penitenza scelto, che somiglia molto al mio; cioè, capiamoci, si  è fatta murare in una grotta e chi s'è visto s'è visto: paro paro, se non che mi sono murata da sola perché io sono un tipo indipendente (e diciamo che non mi sto pentendo un granché di qualcosa né medito sulla vita di qualcuno).
Poi, il fatto che porti il mio stesso nome (sì, io mi chiamo Alessandra) mi fa pensare. Che sia vera la storia del "nel nome, il destino"?

In conclusione, pur apprezzando sinceramente la vita e le opere di alcuni di questi personaggi, non credo nei santi; tuttavia Santa Alessandra mi piace e se volesse dare uno sguardo a tutti gli agorafobici, le sarei immensamente grata.


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