Quello che il cervello non dice
La scorsa notte ho letto che il cervello parla con se stesso.
Si trattava di un saggio scientifico che io, ovviamente, ho interpretato alla mia maniera per nulla scientifica e parecchio fantasiosa.
Quando sono arrivata al punto in questione, cioè che il cervello parla con se stesso, mi sono fermata a riflettere.
Che avrà mai da dirsi? Mi sono chiesta, perché
in realtà mi pare che con me sia parecchio taciturno o, quantomeno, non molto comprensibile nelle sue farneticazioni.
Così, non ho finito il capitolo (tanto, a dirla
tutta, faticavo a comprendere almeno i tre quarti di quanto si asseriva in
quelle pagine); ho spento la luce, mi sono acquattata zitta zitta e ho preso un
falso atteggiamento indifferente.
Come una che passa lì per caso, e indossa
cuffiette con musica a palla, ho iniziato
l'appostamento.
Per un po' l'ho sentito spettegolare e sparare
giudizi sulla mia condotta. La tentazione di alzarmi e obiettare era forte, ma
ho fatto bene a trattenermi. Perché poi è passato all'happy hour della
lamentazione e adduceva argomentazioni abbastanza deboli, o comunque non ben
enucleate. Mi è parso confuso, incapace di districare le varie istanze,
tendente alla sovrapposizione e sovraesposizione.
Lì ho avvertito un calo d'attenzione, lo ammetto.
Mentre stavo per allontanarmi, ho sentito una serie
di risatine: si stava divertendo, peraltro con poco, pochissimo materiale,
direi.
E allora mi sono riseduta e ho scoperto che quando
parla con se stesso, il cervello intervalla storie tristi con aneddoti
divertenti, e poi trasforma le prime nelle seconde.
Fa un buon lavoro il ragazzo. E' solo un po'
confuso e tende troppo all'improvvisazione, ma a mio parere ha del potenziale.
PS Odia le sigarette, le verdure a vapore e le
paranoie; chissà perché nutre tanto pudore nel dirmelo? Forse tendo ad essere
troppo autoritaria con lui. Io aspetto, prima o poi prenderà coraggio.
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