Lisbeth, la gatta personal trainer

Un anno fa, due amici mi hanno portato due gatte, due sorelline. E, anche per oggi, con i 2 siamo a posto.
Non l'ho presa bene per un elenco abbastanza lungo di motivi, che sostanzialmente si possono ridurre a due (eccolo di nuovo): primo, da pochi giorni mi era morto l'ultimo gatto della lunga serie di felini che ho ospitato (o mi hanno ospitato, a dire il vero) e non l'avevo presa bene;  secondo, prendersi cura seriamente di un animale costa più di quanto posso permettermi, immaginiamo due!
Non l'ho presa bene. Ecco.


Ma erano le 11 di sera, le gattine erano spaventate, avevano fatto un viaggio lunghissimo (almeno secondo i miei parametri), uno dei miei amici era in fase depressiva, e alla televisione stavano dando il film "Uomini che odiano le donne".
Cosa c'entra il film? Una delle due gatte, quella nera, a mio parere somigliava alla protagonista, Lisbeth Salander, personaggio favoloso, capace di scatenare in me una grande invidia verso il suo "papà" Stieg Larsson, che riposi in pace.


Ho pensato: le tengo fino a domattina e le faccio riportare indietro.
Al mattino ho deciso che avevano bisogno di una sistemata generale, perché mi parevano un po' magre.
Un mese, forse meno, di certo non di più. Troverò qualcuno disposto ad adottarle, che ci vuole?
Ci vuole che con il passare dei giorni ho scoperto che la Salander era muta e l'altra non usciva dalla fase dello svezzamento.
Ci vuole che ho iniziato ad amarle già dalla prima sera, ovvio.

Nel frattempo, Lisbeth ha rivelato un'asma (temo da tabagista) e una cardiopatia latente, accompagnate da un'indole vivace, curiosa, ipercinetica e anarchica, con la conseguente irrefrenabile brama di libertà.
Scappava appena si apriva una porta o una finestra. E vi assicuro che per un'agorafobica, peraltro un po' impedita nello scatto atletico per via della prolungata inattività fisica, correre dietro a un gatto che prova ad andare in Svezia per conoscere il suo alter ego letterario, è un'impresa titanica.

Ho creato barriere d'ogni tipo (reti, pannelli a prova d'unghia, tendoni per impacchettare i balconi...) e lei è sempre riuscita a trovare una via d'uscita.
E' fastidioso, sapete, dover ammettere d'essere meno intelligente di un gatto.
Continua a scappare e io mi ritrovo spesso in giro per l'isolato a chiamare una gatta che comunque non può rispondermi.

Corro, mi arrampico, scavalco balconi alla faccia delle vertigini, suono campanelli di estranei superando la difficoltà di interfacciarmi con sconosciuti non virtuali, più altre cose che prima potevo evitare in quanto non necessarie... e io non faccio oggi ciò che potrei non fare mai.

Maria Cristina (la mia amica veterinaria di cui vi ho già accennato in passato) sostiene che "non la sgrido abbastanza"; secondo lei ci vuole un'indole teutonica, un polso marziale, per gestire i gatti indisciplinati, e sospetto abbia ragione (comunque le scappa anche il suo, Herbert, nero pure lui; resti tra noi).
Tuttavia, ho sempre sognato di potermi permettere un personal trainer che mi rimettesse in sesto. 
Beh, l'ho trovato: ha quattro zampe, gli occhi da cocainomane, il pelo nero e un nome svedese.
A volte i sogni si realizzano. E' consolante.

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