Rumore di passi



Da quando ho preso ad ascoltarmi, ho scoperto che sto molto in silenzio.
I rumori non mi turbano, ma se posso evitarli sono più contenta. Credo sia una questione di abitudine, non tanto un problema di sistema nervoso ipersensibile (che comunque c'è tutto, con scarpe e completino della festa).
Così, limito il frastuono ai momenti in cui soddisfo l'udito con i miei discutibili gusti musicali.

Da quando ho iniziato il programma di rieducazione psico-motoria, cerco di allontanarmi sempre un po' di più da casa; salvo poi scoprire che sono troppo distante rispetto alla soglia di tollerabilità, e allora mi guardo attorno con occhi da gufo sotto allucinogeni e concedo al panico di iniziare le sue sgradevoli schermaglie amorose con la mia mente.

(Poi, magari, sarà il caso di lavorare sulla prolissità delle premesse che, peraltro, non sono mai così attinenti con ciò che voglio raccontare. Forse mi convincerò a scrivere bozze preliminari, rileggerle, tagliarle, insomma fare un po' di editing prima di pigiare sul tasto "pubblica"; ne otterrei anche un discreto abbattimento di refusi... e pure qui mi sono tenuta lunga).

Veniamo al punto. Dietro indicazione del vicino di casa (sempre lui), ho trovato un boschetto non molto lontano da dove abito: via rumorosa, nell'estrema periferia della città, dove si urla con facilità allarmante anche solo per salutarsi.
Ci sono andata (brava!) e mi è piaciuto molto per due ragioni: si sentono solo i rumori della natura e ci passa un fiume.

No, non è vero. Un drone (ma chi li ha inventati, immaginava quanto avrebbero rotto le balle anche nell'applicazione extramilitare? Chi li acquista, sa che è quantomeno scortese farli volare ad altezza naso dei viandanti?) si è presentato a più riprese sulla mia testa e ho rimpianto il fatto di non avere una racchetta da tennis nello zaino.
Comunque, ho acquistato una generosa porzione di focaccia e ho scovato un angolo tranquillo tra gli alberi.
E fin qui tutto bene: aria fresca, annullamento del rumore del traffico, presenza umana ridotta a un anziano in tenuta da jogging ma andatura da esaurimento di energie, fiume rinvigorito dalle continue piogge del periodo, grilli a iosa impegnati in una gara canora... e il drone sotto attacco dei miei accidenti.

Finito il pranzo, abbandonato l'anziano in calo di vitalità, dopo essermi accorda di aver dimenticato una bottiglietta d'acqua, che con la focaccia si sposa bene, ho iniziato a camminare lungo un sentiero.
Per un bel tratto ho ascoltato solo i miei pensieri, ma poi un rumore fuori contesto ha attratto la mia attenzione. 
Rumore di passi.
Continuavo a voltarmi con frequenza ossessiva, ma appena mi fermavo il suono cessava. Ripresa dell'andatura (sostenuta, come consigliano i medici), passi dietro di me.
Ferma, silenzio.
Orpo!

Sarò anche fuori di testa, ma le allucinazioni non rientrano nel campo d'azione della sintomatologia, per ora. Eppure, qualcosa o qualcuno stava camminando nell'erba, vicinissimo a me.
Orpo due volte!
Forse è un topo, un topone, un ratto svezzato con pappe piene di ormoni, Micky Mouse. I topi non m'inquietano, ma se poi mi mordono? Tocca andare in ospedale per i vaccini, e il pronto soccorso m'inquieta eccome.

"Fai l'indifferente", mi ripetevo.
Magari è una biscia d'acqua; non sarebbe fuori contesto, l'acqua c'è. I serpenti non rientrano nelle mie fobie, passeggiamo pure con l'ofide.
Un grosso ragno? E lì mi sono fermata, la mente ha iniziato a immaginare aracnidi da film di fantascienza e ho rimpianto il fatto di non avere un lanciafiamme nello zaino.

Poi è arrivata l'illuminazione. Non un'illuminazione paragonabile a quella del Buddha sotto il (la) ficus religiosa, ma nemmeno una cosuccia da buttare via.
Sono talmente disabituata all'assenza dei suoni cittadini, a camminare e, nello specifico, a farlo sull'erba, da non accorgermi (se non dopo un'ora buona), che quello che sentivo era il rumore dei miei passi.

Invece di sentirmi un'imbecille (reazione normale), mi sono sentita un po' commossa. Avrei pianto volentieri, se non fossi stata in stato di disidratazione per via della focaccia salata e dell'acqua dimenticata (insieme alla racchetta da tennis e al lanciafiamme).

Da questa esile e forse noiosa storia, ho dedotto che sono come un bambino che sta imparando le cose elementari della vita e che è turbato dalla presenza della propria ombra (è un bambino molto piccolo, lo ammetto).
Non è male, sapete.

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