Agorafobia a ferragosto

Mai proibirei a qualcuno di leggere un pezzo (o di fare qualsiasi altra cosa), ma oggi mi piacerebbe trascorrere un po' di tempo con i miei compagni di viaggio. Una festa privata tra agorafobici, diciamo. Ma fate come vi pare.

Osservate bene questa foto. Ci torneremo su dopo, a tempo debito, è tutto ben organizzato nella mia mente, nulla è casuale.

Siamo a ferragosto e, tranne qualche eccezione (a cui vanno i miei migliori auguri di buon divertimento e di una giornata senza patemi), noi agorafobici siamo in casa.

E allora? Ci trascorriamo la maggior parte della vita. Cosa cambia se è il 15 di agosto o il 22 ottobre?

Cambia che la città è deserta e tutti sono al mare, in montagna, tra i fiordi norvegesi o a intavolare conversazioni perlopiù insoddisfacenti con le renne lapponi. 
Insomma, si ha la percezione che tutti si stiano divertendo tranne noi. Come a Natale, Capodanno, Pasqua e Pasquetta... durante tutte le feste comandate o meno.
Non a caso, in questi periodi, la depressione bussa alla porta di molti di noi con bagagli, bauli e a volte camion dei traslochi, che nulla di buono lasciano presagire.

Per un certo periodo, all'inizio del "disturbo", mi ero tesserata anche io al club dei depressi da festività.
Poi mi sono ricordata che quando non soffrivo di agorafobia preferivo andare al mare in primavera e in autunno; che le spiagge affollate mi avevano procurato una pallonata sul naso e un livido da gomitata in acqua.
Che alle feste di Capodanno aleggiava sempre un'atmosfera intrisa di tristezza mascherata da esasperata allegria (il che le rendeva ancora più penose); per cui, insieme a molti altri, attendevo la mezzanotte bevendo a dismisura e rammaricandomi di non essere rimasta a casa a guardarmi una maratona di Star Trek, di film di Hitchock, di telefilm dell'ispettore Barnaby... con vassoio occupato da roba buona da mangiare, scelta con cura e amore verso me stessa, tanto per il piacere di coccolarmi (che poi è la cosa più importante). 
Alle feste, alla fine, scoccata la mezzanotte, davo di stomaco per empatia; il fegato marinato fino a Pasqua.

I pranzi e i cenoni di Natale, con tutta la famiglia e ataviche recriminazioni al seguito, mi procuravano l'orticaria e problemi digestivi (a volte, il risultato era analogo alla conclusione del veglione del 31 dicembre).

Sono stata una persona molto socievole, amante della compagnia, ma di fondo ho sempre goduto del piacere della solitudine o della vicinanza di poche e selezionate persone con cui commentare la mole smisurata di vittime che popolano ogni episodio di Barnaby o fare partite a carte (o a dadi) lunghe dal tramonto all'alba.

Ammettiamolo, su! Spesso parlare con la gente è un lavoro pesante, basta ricordare quanto spesso troviamo irritanti un discreto numero di affermazioni di chi incontriamo (nel mondo reale o virtuale che sia).

Io credo, ma potrei sbagliare, che il disagio di non poter fare quello che tutti gli altri fanno, sia causato da motivi che solo marginalmente hanno a che vedere con la brama di vacanza (che ci sta, per carità, ci sta alla grande).
Il primo è che risulta irritante sentirsi limitati nei movimenti, soprattutto per motivi a noi del tutto dipendenti: tocca farsene una ragione e lavorare con costanza e dedizione al processo di guarigione.

Il secondo, quello che trovo più interessante, è che sentirsi diversi dà fastidio ai più. Per molti è un punto d'onore poter dire "c'ero anche io"... che stupidaggine! Come se essere tutti uguali fosse un punto di forza: questa è materia per caproni, con tutto il rispetto per questi animali che reputo piacevoli e persino intelligenti.

Ora, torniamo alla foto di cui sopra. Vi lascio un momento per andarla a rivedere...
Fa parte di una pianta di rose che ho sul balcone e che curo con infinito amore (sogno, un giorno, di possedere un roseto, ma al momento non è importante).
Dopo una malattia che mi ha fatto temere il peggio, la pianta si è ripresa e, sospetto per festeggiare la ritrovata vitalità, sta sparando fiori come una mitragliatrice.
Colori omogenei, bellissimi nell'insieme, non viene da guardare un fiore in particolare, li si ammira in gruppo.

Due giorni fa, è sbocciata la rosa che ho fotografato.
Avete notato che ha due colori, vero? 
Non è screziata, sembra semmai divisa con perizia in due parti simmetriche (farebbe la gioia di qualsiasi ossessivo-compulsivo).
E' particolarmente bella? profuma più delle altre? 
No!
Eppure, su un social, ha ricevuto più like di qualsiasi altra foto abbia pubblicato fino ad ora (compresa quella della gatta che sta seduta in posa umana e, in quanto a bellezza e simpatia, la rosa con doppia personalità può andare a nascondersi).
Perché piace?
Perché è diversa, strana, fuori dalla norma.
Non ha fatto quello che tutte le altre fanno.
E' persino sbocciata per ultima.

Noi, forse, ci impiegheremo tempo per uscire... ma poi, che meraviglia!
Buon ferragosto a tutti voi.




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