La fame notturna


Ho sempre avuto e sempre avrò problemi alimentari, è un fatto.
Ci ho discusso, con l'inappetenza, e abbiamo raggiunto una sorta di accordo: lei mi lascia in pace per qualche ora al giorno e io la ignoro per il resto del tempo.
E' un buon contratto, che estenderei anche ad altre questioni persino planetarie.

Ma, un ma c'è sempre, se durante il giorno viviamo una convivenza da separate in casa, di notte l'ipotalamo laterale (quello centrale evidentemente dorme) si sveglia trasformandomi in un licantropo del frigorifero. 
Posso anche trovarmi nel guscio protettivo del sonno profondo, posso anche avere la dispensa vuota (capita, più spesso di quanto i miei microscopici pasti possano prevedere), e io divento una sorta di lupo famelico. E' così da sempre, non me ne faccio un cruccio: tra l'una e le due devo mangiare, non importa cosa.

La scorsa notte, in preda ad uno di questi attacchi, ho colto che la scelta era scarsa.
Una scatola di ceci, un pacchetto di lenticchie secche, qualche surgelato... e la fame è sempre frettolosa.
Tuttavia, mentre spostavo il mobiletto con lo scatolame, ho notato che dietro si era infilata una confezione semivuota (ma non vuota del tutto, questo è importante) di plumcake.

Sospettavo fosse lì dal 1992, anno in cui mi ero appassionata a questo tipo di dolce; poi la passione è calata repentinamente, sostituita da cibi salati (pane, pizza, grissini... la sagra dei carboidrati).
Vedere quei dolcetti, ancora nella loro plastichina originale, mi ha ricordato che ogni tanto sarebbe bene pulire anche dietro ai mobiletti, ma pure quanto mi piacevano i plumcake... e non in questo ordine.

Così ho fagocitato i due superstiti, evitando di andarmi a impelagare con date di scadenza che, a mio parere, suonano sempre scombussolanti.
Nel mio stomaco albergano varie patologie che impensieriscono l'ipocondria. Tutta roba collezionata grazie a periodi prolungati di digiuno, sigarette, ansiolitici (che a giudicare dal sapore, bene non fanno alla digestione del nulla), ansia e stress (ovviamente; questi andavano in cima all'elenco, ma ormai sono qui e qui restano; fingiamo di dargli poco importanza). 

Comunque, di certo i miei ipercinetici succhi gastrici non trovano quiete se gli si propinano due plumcakes (plurale, ritengo ci vada la esse finale) duri come diamanti (sospetto ci si potesse tagliare il vetro) e vagamente odorosi di tappo di bottiglia. Anche il gusto ricordava una cantina, benché non mi sia mai azzardata a leccare una parete del sottoscala; non ne ho mai avuto motivo.
A volte , solo raramente, mi spiace un po' che le sigarette non mi abbiano irrimediabilmente intaccato i sensi di gusto e olfatto, come promesso.

Se poi, non soddisfatta dallo spuntino, ci si aggiunge una scatola di ceci mangiati come noccioline, l'effetto si fa devastante, degno di lavanda gastrica.
Ed ecco che al suono della sveglia osservo con pignoleria i sintomi che si rincorrono come cuccioli di furetti; quindi entro nella modalità ipocondriaca e prevedo danni irreversibili a vari organi, con preferenza per quelli collocati sulla sinistra del corpo (mi preoccupa parecchio il pancreas).

Come al solito salto la colazione, inizio la giornata con occhiaie che cercano di raggiungere la mascella e l'umore di chi si prepara al patibolo maledicendo l'ultimo pasto.
Avrei bisogno di una vacanza e di un regolatore dell'appetito.

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