Malamore nell'aria notturna


      Ero a un passo dall'addormentarmi con un romanzo sul naso. Capita spesso e mi offre una spiegazione soddisfacente al senso di soffocamento che a volte mi sveglia. 
Meglio dare la colpa a libro piuttosto che assumersi la responsabilità di un tabagismo che tento d'ignorare. 
Ma non siamo qui per parlare di rantoli notturni.

Aggiungo solo che, nonostante la premessa, il romanzo in questione è avvincente.

     Mentre il capitolo 5 si stava adagiando sul setto nasale, sono stata scossa da voci femminili (una giovanissima, l'altra matura) provenienti da un non identificabile, almeno per me, appartamento del palazzone che mi sta davanti.
Ho guardato l'ora: circa le due.

E che cazzo, ho detto; se ben ricordo ci ho aggiunto anche un punto esclativo, ma non potrei giurarlo.
Sono uscita sul balcone, scalza, vestita di una maxi t-shirt con ombrelli, Big Ben e la scritta rain in London (grazie Pat, regalo assai apprezzato), due gatte al seguito.
L'intenzione era quella di esternare con voce baritonale, che mi esce malissimo per via dei libri e non delle sigarette (prima o poi dovrò decidermi a smettere di leggere), tutto il disappunto di cui sono capace... che, aimè, è sempre misero e fiacco.

Intanto i toni delle due litiganti erano diventati sempre più acuti.
Ora, questa via non dorme mai, non fosse altro che per il fornaio qui sotto che ha sempre da discutere, suppongo con il glutine.
Quindi, con il tempo, ho imparato a isolarsi acusticamente,  persino a trovare rilassante il casino continuo.
Tuttavia, quelle due voci mi urtavano.

Seduta sul balcone, schiena appoggiata alla ringhiera e sigaretta tra le labbra (ogni occasione è buona) ho tentato di riflettere sui motivi di tale fastidio.
Una figlia (tredici-quattrodicenne) implorava la madre, a tratti piagnucolava,  poi s'incazzava. Le risposte della genitrice si percepivano appena.

La ragazzina chiedeva ancora un giorno di tempo... con la disperazione di un moroso davanti al suo strozzino, ma nel caso specifico non credo si trattasse di una faccenda di debiti. Voleva 24 ore per provare a fare qualcosa che evidentemente non le era riuscito fino a quel momento.
Dopo aver lanciato un lungo e sonoro fischio, del tutto inutile (e chi mi sente? Per forza poi passo il tempo a mettere su carta le mie istanze), ho ripreso l'autoanalisi perché nel frattempo mi era salita un'ansia che non si poteva spiegare solo come l'effetto da inquinamento acustico.

Stavo per rientrare, barricarmi in casa a dispetto del caldo (che prima o poi dovrà pur finire), quando ho sentito la voce giovane pronunciare una domanda "Perché non credi mai in me, che possa farcela?"
"Perché non me ne frega niente". La risposta è arrivata con voce decisa, neutra, definitiva.
Ecco l'ansia da "malamore", da premessa a un futuro con l'autostima preceduta dal segno meno, da urla represse. 
Era arrivata anche la risposta che attendevo io, insieme a una fitta di pena mista a dolore e rabbia.
Da lì,  il silenzio assoluto.
Mi sono addormentata alle sei.

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