Panico da timidezza
Stamattina mi è accaduta una cosa curiosa, direi buffa, se non fosse che mi ha scatenato una punta di panico.
Solo una punta, cioè quello stato borderline tra un attacco d'ansia che toglie il respiro e un'ombra di panico che spinge alla fuga ma non paralizza del tutto. Ci siamo capiti, temo.
Il dato positivo è che, come spesso accade in questi frangenti, la mia reazione mi ha consentito di capire qualcosa in più di me stessa: di solito non è piacevole, ma male non fa... o comunque non uccide.
Sono andata dal mio medico di base per avere la prescrizione mensile di Xanax. Al solito, mi sono sentita come una vecchietta che attende con ansia la pensione per andare finalmente a fare la spesa al supermercato.
La segretaria è entrata con il mio foglietto dalla dottoressa per la firma; ne seguo sempre il percorso, casomai si perdesse per strada... e lì sembro un tossico che punta lo spacciatore fino al luogo in cui tiene la "roba".
Le due signore erano nello studio a confabulare, io iniziavo ad agitarmi perché, a voi lo posso dire, mancava ancora qualche giorno alla scadenza della prescrizione precedente e talvolta capita che diventi problematico averne un'altra (in quel caso scatta il panico, sicuro, niente borderline).
Comunque, sento la dottoressa dire "se sta aspettando qui, le devo parlare".
In quel momento ho cominciato a sudare: avrò un brutto male? Cosa hanno scoperto? Dovrò iniziare ad assumere farmaci non compatibili con lo Xanax? Oddio!
La tragedia era già scritta nella mia mente: un copione che andava ancora ritoccato ma comunque finiva male.
Un barlume di lucidità, sempre più raro di questi tempi, mi ha ricordato che sono almeno due anni che non mi sottopongo ad alcun tipo di analisi, quindi era assai improbabile che fosse emersa una qualsiasi patologia. Certo, magari la dottoressa è una sensitiva, ha sognato la mia morte o una lastra foriera di analoga sorte... inutile che scuotiate la testa, quando si ha paura la razionalità va a farsi fottere.
Mi si è avvicinata, sorridente e bellissima come al solito (ho un medico di base che potrebbe posare per un calendario e che riesce a rasserenarti pur indossando il camice, che mi terrorizza, ma già lo sapete), mi ha dato la mano e ha detto "voglio avere il suo libro!".
Avendo da pochi giorni finito un lavoro per un congresso di cardiologi, ho subito tirato un sospiro di sollievo e ho risposto che non avevamo realizzato un libro con gli abstract dei luminari intervenuti al meeting, ma volendo potevo inviarle via mail il materiale a mia disposizione.
A quel punto era confusa lei: per molto tempo ha pensato che lavorassi come hostess per congressi medici, peraltro chiedendosi come potessi svolgere quella professione vista la mia agorafobia e l'annessa inabilità sociale; poi, un giorno, le ho chiarito perché ho spesso a che fare con i suoi colleghi, svelando quindi da dove provenissero tutte le informazioni su varie sintomatologie che le sottoponevo come mie... per osmosi (e ipocondria).
No, lei aveva letto del mio romanzo sul giornale, voleva complimentarsi e chiedermene una copia. Così, anche altri presenti si sono mostrati interessati e io ho iniziato a sentire una botta di calore (localizzata prevalentemente all'altezza delle orecchie) e una tachicardia che avrebbe meritato un approfondimento diagnostico sul momento.
La dottoressa ha sorriso ancora di più, dicendomi che ero arrossita fino alla punta dei capelli.
Io ho bofonchiato "gliene porterò una copia" e mi sono fatta strada verso l'uscita. Mentre ero sulle scale, con la punta di panico a cui accennavo all'inizio, l'ho sentita chiedere "la prescrizione per lo Xanax non la prende?".
Avrei voluto essere forte e fregarmene dell'ansiolitico, ma soprattutto in quel momento avevo bisogno di stringere a me qualcosa di rassicurante (la prescrizione per lo Xanax, appunto).
Velocemente ho fatto dietrofront, ho agguantato il foglietto e sono scappata.
Appena fuori mi sono appoggiata a un muro e ho respirato come fossi rimasta in apnea per un mese.
Mi sono tranquillizzata pensando che per fortuna non avrò mai successo, perché non potrei reggerlo: troppo imbarazzo, troppa gente che ti si avvicina e ti parla, e poi i complimenti che senti di non meritare perché l'autostima ha un difetto di fabbricazione e non funziona.
Nonostante ci si alleni per quasi mezzo secolo a vincere la timidezza, la si può nascondere anche con apprezzabili risultati, ma non se ne andrà mai; è una certezza, è come pretendere che gli occhi marroni diventino azzurri... puoi metterti le lenti colorate, ma tu sai che marroni restano.
Questo ho capito oggi.
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