E non si parte

Ho lavorato con impegno a tutti i tipi di influenza virale conosciuti dalla scienza. Praticamente ho trascorso il mese di dicembre spiattellata come una piadina romagnola.
Oggi ho compreso che non potevo più rimandare una serie di commissioni procrastinate troppo a lungo; tipo andare a fare scorte in farmacia e tabaccheria, che poi sono i luoghi di maggiore frequentazione. Mentre c'ero, mi sono detta, toccava anche andare un po' più lontana per recuperare materiale di lavoro... perché non si vive di solo Xanax e sigarette (comunque per acquistarli servono soldi, è una dura e orribile verità).

Mi vesto come Messner in partenza per l'Everest. Dopo due minuti scarsi sono un bagno di sudore, modo eccellente per declinare l'influenza in polmonite... e per fare salire il panico (non so voi, ma a me il caldo agevola l'ansia). 
Arrivo alla mia auto traballando come un pinguino in stato di ebrezza: dopo tanti giorni in casa, l'agorafobia si fa stile di vita. Ovviamente, la prima tentazione, e anche la seconda, è stata quella di tornare a casa, rimettermi sotto il trapuntone e attendere con rassegnazione la fine dei tempi.
Ma qui abbiamo coraggio da vendere, noi agorafobici sappiamo mettere in campo una forza che gli altri se la sognano.

L'auto non dà segni vita: parametri piatti.
Mi dirigo a piedi verso la farmacia. A metà strada sento di non farcela, ma mi dico che è solo perché da dieci giorni sono quasi completamente a stomaco vuoto. Non ci credo, e l'ansia s'impenna, scalcia, fa il cavallo pazzo. Lungi da me pretendere di saper domare un equino, o qualsiasi altro essere vivente (inserirei anche oggetti inanimati). 
Ma continuo, oh se continuo.
Mi lamento, con chiunque incontri, della dipartita dell'auto, fino a che il cartolaio (che a fine anno chiude e mi fa un dispiacere su cui evito di dilungarmi) mi suggerisce di andare a lamentarmi in luogo più consono, cioè dall'elettrauto. Non esserci arrivata da sola non depone a mio favore, ve lo concedo.

In un attimo, e senza drammi economici (a parte il più che onesto pagamento di un caffè), la batteria si riprende.
Ascolto con l'attenzione del discepolo le linee guida impartitemi dal professionista e poi non faccio nulla di quanto mi è stato consigliato.

Così, dopo poco mi ritrovo in una piazza, parcheggiata malissimo (storta, un po' sulle strisce, tanto in mezzo alla strada) con la batteria nuovamente in coma.
Chiedo aiuto a uomini di passaggio, ma mi scansano come se fossi una zingara. Quindi, mi dirigo verso un gruppo di camper dove, a rigor di logica, potrebbero trattarmi in modo più umano.

Trovo il camper più disastrato della storia dei camioncini attrezzati a roulotte, dentro c'è un giovane con i capelli da rasta, rossicci, il viso con piercing e una tempesta di trattini blu che sospetto siano tatuaggi. 
Sorride, buon segno. Si dà da fare a cercare cavi che non ha, poi decide di spingere l'auto spiegandomi cosa devo fare: in seconda, piede sulla frizione, quando urla "lascia" togliere il piede dalla frizione. 
Mi spinge per mezzo isolato, non funziona.
Allora inizia a chiamare altri uomini e spiega loro che il problema sono io: in quanto donna non sono capace.

Vorrei spiegargli che il problema non è il sesso femminile (conosco donne che sono delle virago che non vi dico), quanto una lentezza sinaptica che mi rende un tantino discinetica (o imbranata, per dirla semplice).
Comunque, in quanto donna con ridotte capacità, mi fanno scendere e mi mettono a spingere. Vorrei obiettare che sono più portata per lavori intellettuali, poi faccio i conti con la realtà (so fare niente) e lascio perdere.

Come sapete, sono disabituata a camminare, ho poche forze, godo di un'ansia perenne che mi fa andare in tachicardia solo a pensare di muovermi. Ma per qualche motivo corro anche io dietro la mia auto sporca come se si fosse rotolata in un letamaio.

Il ragazzo con il viso puntinato di blu non ce la fa più. Ecco il senso di colpa che sale.
Tuttavia, colgo che l'ansia da luogo aperto non mi ha ancora assalita. Mi sento bene, seppur con un accenno d'influenza di ritorno.
Fortunatamente si ferma un uomo dai bianchi capelli che annuncia di avere i cavi; non è bello, ma in quel momento incarna il principe azzurro che ogni donna (beh, insomma, un buon numero di donne) sogna.

Si riparte, si torna a casa. E dispiace persino un po'. Ero con belle persone.

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