A cena fuori: le fasi di elaborazione

C'è un libro che dimora nella lista dei miei preferiti e di cui rubo il titolo perché calza a pennello con l'evento (qui ci starebbero alla perfezione le virgolette, ma dopo l'apostrofo mi fanno ansia) che mi accingo a narrarvi con una fedeltà che nemmeno un cane.

Si tratta del romanzo di David Foster Wallace (scrittore sublime e tragicamente tormentato), intitolato "Una cosa divertente che non farò mai più". La storia narra, in chiave umoristica, l'esperienza dell'autore durante una crociera ai Caraibi.
Ovviamente, non mi sono spinta a tanto: a una crociera preferisco la gastroscopia, e sia chiaro che detesto sottopormi a questo esame diagnostico che tendo a equiparare a una tortura dell'Inquisizione spagnola.

Semplicemente, dopo anni, sono uscita a cena con amici.

Fase 1 - La notizia.
Quando mi è stato notificato l'avviso, che consisteva in 
- stasera non ceniamo a casa tua, andiamo al ristorante o in pizzeria... dove vuoi".
La mia risposta immediata è stata 
- Cioè, la prima volta che mi avventuro in due esperienze che non amo (mangiare e uscire), dobbiamo proprio farlo di sabato sera? Quando tutti i locali sono pieni da impensierire circa un eventuale attentato terroristico?
Mentalmente ho elaborato altri pensieri, tipo "dove vuoi? Voglio starmene a casa", "cambiare giro d'amicizie", "stasera in tv c'è un giallo tratto da un romanzo di Agatha Christie", "devo bagnare le piante sul balcone", "ho già preso lo Xanax?", "cosa ho fatto di male?" e "preferirei una gastroscopia" (appunto).

Fase 2 - Elaborazione della notizia
Avete presente le 5 fasi dell'elaborazione del dolore o del lutto? Peraltro le sto vivendo giusto in questo periodo, ma passiamo oltre.
Dunque, le 5 fasi (che per alcuni studiosi sono 7 e per me un trilione) si esplicitano con: negazione, rabbia, elaborazione, depressione e accettazione. 
Al momento dell'invito a cena le ho incasinate un po', ma si sa che sono disordinata di natura. Quindi, prima è arrivata l'ansia (non contemplata dai firmatari dei 5 o 7 step; nella versione da 7, tuttavia, c'è lo shock, che mi piace parecchio e che tenderei a non sottovalutare), poi la rabbia seguita da una punta di depressione; l'accettazione è arrivata quando mi hanno presa e caricata su un'auto, e ancora ora mi pare non avere accettato un granché la cosa. Per l'elaborazione vera e propria ho atteso che facesse effetto lo Xanax. La negazione la sto vivendo tuttora. 

Fase 3 - Rassegnazione mista a 50 milligrammi di soddisfazione (non a caso è il dosaggio della pastiglia d'ansiolitico).
Seduta nell'area fumatori del ristorante cinese (cioè un ameno dehor con pannelli mobili dove si fumava tutti come ciminiere, tranne una coppia che guardava con astio gli untori del cancro al polmone), cercavo di trarre soddisfazione dal nuovo traguardo raggiunto e di distrarmi imparando a memoria le pietanze elencate nel menù.
Purtroppo c'era ancora il sole che, tra l'altro, puntava proprio contro i miei occhi. Sì, lo so, la luce è l'antidepressivo naturale per elezione, ma io sono fatta al contrario (errore di progettazione, non c'è cura) e quindi mi rilasso con il buio, dovrei vivere in Finlandia (dove gli abitanti sono perlopiù depressi).
Comunque la botta di soddisfazione è arrivata (picco dell'ansiolitico) e mi sono congratulata con me stessa per il coraggio, la determinazione, lo spirito di sacrificio e altre cazzatelle affini.

Fase 4 - Mangiare.
La cucina cinese è forse la mia preferita, ma di norma prediligo non mangiare nei periodi di stress.
Inoltre, è salito uno di quei ricordi molesti che riempiono le stanze mentali dell'impanicato: nello specifico, una nottata al pronto soccorso (parliamo di più di vent'anni fa) dopo un'abbuffata a base di pietanze generosamente cosparse di glutammato e, pare, pesce avariato.
Ho ordinato soia saltata (saltata non so dove, né desidero saperlo) e stufato di bambù e funghi senza funghi: il cameriere mi ha guardata come fossi un panda, forse anche per via delle profonde occhiaie che mi porto dietro da un bel po'.
Ho iniziato a mangiare velocemente, nella speranza lo facessero anche gli altri commensali... poi tutti a casa con Agatha Christie, le piante da bagnare, la ricerca di nuovi amici.
Invece, il bambù mi ha costretta a rallentare: era così buono, gli amici mi guardavano con l'affetto e la stima che di norma si riservano a un campione, la sedia non era più scomoda (bastava aderirci sopra con i muscoli rilassati). Certo, due ore e mezza per finire una cena cinese mi sono parse esagerate, ma tutto sommato ho provato anche una punta di serenità.

Fase 5 - Ritorno a casa.
Appena rientrata in casa ho avvertito sollievo. Ho urlato alle gatte "Ho cenato fuori!", sperando che comprendessero l'entità dei miei progressi nella lotta all'agorafobia. Lo mi hanno guardata così... 

Diciamo, non proprio entusiaste ma comunque stupite, mi pare.
Poi ho colto che la casa mi pareva mica tanto rasserenante; avrei voluto uscire ancora, da sola, camminare lungo vie deserte (questa zona ne offre a quantità), digerire il bambù.

Però ce l'ho fatta. 
Insomma, la cena fuori è andata bene, ho amabilmente intrattenuto gli amici con aneddoti interessanti (forse) e a tema (Cina); loro mi hanno scattato una marea di foto mentre mangiavo... almeno quante ne avrei fatte io se in cielo fosse apparsa un'astronave aliena. 
Se continuo così, tra una decina d'anni riuscirò a sembrarmi normale. Agli altri risulterò normale in una prossima vita, karma permettendo.

     

Commenti

  1. bene pranzo col Tudor e Paola in arrivo sul primo binario

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  2. Allora ad ottobre (come vedi hai tutto il tempo per allenarti!) a Chieri per un pranzo o una cena senza bambù che non so e mi rifiuto di cucinare, qualche germoglio di soia e agnolotti del plin!!! Ma davvero!

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  3. Lo sapete vero che mi state facendo salire l'ansia? Però ho voglia di vedervi... si può fare, e si farà.

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