Da soli è meglio. A volte.

Da "L'assassino del commendatore" di Murakami

AVVERTENZA: se siete tanatofobici, non proseguite nella lettura. Ci ritroveremo comunque nei prossimi giorni... se saremo ancora qui (a volte, la mia perfidia mi stupisce).

Avete mai partecipato alla cerimonia di consegna delle urne cinerarie? 
Io non ero nemmeno informata della sua esistenza e mi ci sono trovata da sola, con due addetti cimiteriali (o qualcosa del genere) che mi stavano a fianco come corazzieri (anche l'altezza era quella giusta).
Loro, i corazzieri, sembravano stupiti e persino avviliti per via della penuria di gente in buona salute (insomma, così così) nella stanza rotonda e per la mia evidente brama di concludere tutto velocemente. Perché "confezionare" le ceneri di un defunto è un'attività che richiede lentezza meditativa e una certa quantità di packaging. 
Chiariamo un concetto: ve la racconto in modalità brutale, ma sul momento c'era della sofferenza che dovevo gestire alla bell'e meglio tra me e me. I due corazzieri probabilmente si aspettavano un pianto singhiozzante o anche uno dimesso, così come le infermiere ospedaliere la notte in cui mi hanno vista accanto al corpo senza vita di mia madre.

Purtroppo, da quando è iniziata la malattia, non sono riuscita a piangere. Attendo tempi migliori per fare uscire ciò che cova dentro e che, al momento, si sta manifestando esclusivamente con vari e diffusi disturbi psicosomatici tipo febbre, nausea, colecisti ululante e compagnia cantante.

Sorvoliamo sui malesseri del corpo e torniamo alla narrazione principale.
Quando finalmente hanno concluso la cerimonia, ho preso l'urna, l'ho collocata sul sedile del passeggero con le cinture obbligatorie per legge in caso di persona a bordo e sono partita in direzione collina.

In ospedale, lei mi chiedeva di poter vedere il sole. 
Quella giornata era assolata come mai prima. Così l'ho portata tra le case di lusso e la vegetazione rigogliosa di quei luoghi.
Abbiamo chiacchierato; ero più loquace io, a dire il vero.
Lentamente ho sentito il dolore, la stanchezza, la rabbia, allontanarsi.
Qualche passante ci ha guardate con una punta di smarrimento. Forse, per pudore, avrei dovuto smettere di parlare con un'urna collocata sotto il braccio (con le persone care è bello camminare a braccetto, c'è poco da fare); ma ormai il pudore, così come il panico, iniziano ad avere poco potere su di me... sarà un caso? O forse quando si smette di dare importanza al giudizio altrui, il panico sente di stare perdendo ogni ragione d'essere?

Ho persino sorriso dicendo "dopo anni di eremitismo, mi sono avventurata in un "evento" sociale per andare al tuo funerale... che culo!". Ovvio che nessuna di noi due fosse felice, ovvio anche che gli ultimi mesi ci hanno viste più unite che nell'intero corso della nostra vita. Ma ciò che avevo ben presente della sua persona è che, persino quando ormai aveva perso se stessa, amava dare sfogo al suo senso dell'umorismo e ridere alle mie battute caustiche.

Come credo di avervi già raccontato, odio la mia follia, il mio essere poco ordinaria e ordinata nei fatti della vita; così come ho sempre faticato a comprendere la mia pulsione alla solitudine che, così pensavo, non è cosa sana, buona e giusta.
Ora mi tocca ricredermi.
Se non fossi stata sola, quella conversazione al sole non avrebbe avuto luogo; se le mie sinapsi non schizzassero con movimento erratico come una pallina da flipper, non mi sarei sentita meglio almeno per un'oretta.

Poi sono tornata qui.
A casa.
Non è più la casa di prima. Cioè, non ho traslocato (anche se non mi dispiacerebbe), ma queste pareti mi vestono strette... si vedono i rotolini di ciccia, anche se il mio corpo è attualmente sprovvisto di massa grassa.
Sono stati mesi difficili che mi hanno costretta a confrontarmi con le mie fobie più paralizzanti: ospedali e follia.

In ospedale ho trascorso più ore di quante ne abbia passate fuori casa negli ultimi anni. La follia mi ha camminato accanto e l'ho incontrata nelle più svariate forme in tante persone; persone splendide, con un mondo interiore ricco e struggente.
Se ogni esperienza è un viaggio, questa traversata nel dolore è costata cara ma, come accade in certi viaggi, ha cambiato qualcosa.
Qualcosa è cambiato e non in peggio, anche se tutto si è concluso nel modo peggiore.

C'è stata rabbia (quella ancora un pochino c'è, eh), con sofferenza, affetto, stanchezza, male fisico e mentale (anche quelli impiegheranno un certo tempo a fare i bagagli). C'è stata morte a concludere improvvisamente il viaggio.
Ma quello che dovevo vedere, i posti che dovevo visitare, erano già stati spuntati dall'elenco.

Sono finalmente uscita da questa casa, seppur costretta. E ora questa non è più la casa di prima.
Gli attacchi di panico sono diminuiti per frequenza e intensità, l'agorafobia non è più qui... non è vero, c'è ma la ignoro: le vertigini, la nausea, la confusione mentale, la paura, non riescono più a fermarmi.
Almeno per ora; alle conseguenze dello stress accumulato penserò quanto si presenteranno.
I momenti peggiori li ho vissuti da sola: una traversata in solitaria con il mare in burrasca e con l'urgenza di prendere decisioni che non ammettevano proroghe.
Sola, perché in parte così ho scelto, ma con amici che mi hanno aiutato in cose pratiche (dandomi il cambio in quella stanza e badando di farsi, lì dentro, più ore di me. Mica roba da poco, dubito esistano manifestazioni d'affetto più preziose) o portandomi un bicchiere d'acqua bollente e una bustina di tè al limone in ospedale (il tè più buono che abbia mai bevuto, perché sapeva d'amore autentico).

Questo viaggio non poteva essere intrapreso in altra maniera, almeno per come sono fatta io.
Sono fatta storta, ma sono convinta che a volte sola è meglio: un faccia a faccia con paure, ansia, panico.
Un duello vecchio stile: venti passi e si spara, chi resta in piedi ha vinto. Se poi ho colpito solo di striscio, non importa.






Commenti

  1. Commovente...!Penso che i dolori e le necessità imminenti (dove non si può "pensare" ne a volte scegliere!) "spostino" la nostra "turbata" attenzione , su di noi ,nel bene e nel male! Ti abbrraccio

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    1. Grazie Gisla. Lo credo anche io, anzi ora ne sono certa. E... turbata attenzione mi piace molto.

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