La storia di Lutvija e del chiodo arroventato

"Noi eravamo sempre e solo di passaggio - estranei, odiosi, insultati - per niente turbati, e nemmeno tanto tristi, ma a volte con addosso una stanchezza dolorosa. Come se il cammino fosse davvero la nostra strada."

Oggi vi scriverò di un romanzo, perché mi gira così.
Non parla di panico, ansia o altri problemucci che mi diletto a rifuggire, ove e quando mi sia possibile.
Preambolo del tutto irrilevante: ho un amico in Florida (Ema) con cui intrattengo conversazioni notturne. Notturne per me, lì è pomeriggio e qui sono le due di notte; lì fa caldo e qui mi presento davanti allo schermo con la vestaglia di flanella della nonna; lui è abbronzato e io sono scura solo sotto agli occhi... potrei continuare per pagine e pagine, ma vi vedo già annoiati.
Il mio amico, oltre ad essere bello come il sole della Florida, è un'autorità in campo di libri (che scrive anche, con un genio che invidio fino alla gastrite).
Detto ciò, quando finisco le scorte di volumi che, con lo Xanax e la nicotina, costituiscono la mia droga, si va in videochiamata con Ema.
Nell'ultima tornata, mi ha rifilato un bell'elenco di titoli. Poi me li ha ricordati via mail perché sa che ho una memoria da cimice dei letti.
Trovati tutti su un sito dell'usato (i libri, non le cimici... che stanno nei letti, lo conferma anche il nome): bella botta di fortuna.

Il primo su cui mi sono avventata è "La storia di Lutvija e del chiodo arroventato", dello scrittore sloveno Feri Lainscek (per favore, mettete un accento breve su S e C; non ne sono capace). Credo che mi sia stato consigliato perché nutro un discreto interesse verso usi e costumi degli zingari, ma anche perché è veramente un bel romanzo a prescindere dalle mie passioni.

La trama narra in prima persona le vicende di Lutvija (e dato il titolo, ci sarebbe arrivato anche qualcuno assolutamente scevro di doti paranormali o di esemplari capacità logiche), dall'infanzia all'età adulta. Il  protagonista è uno zingaro slavo, con famiglia numerosa e un clan di altri nomadi che, secondo le loro usanze, diventano parenti pure loro.

Abbiamo il nonno Jorga, eccezionale parolaio megalomane, che racconta ricordi al limite del surreale, di cui sarebbe stato protagonista e che solitamente finiscono con il salvataggio eroico di Tito; il padre Ujas che tutti dileggiano per l'incapacità a intraprendere attività lavorative sensate, fino a quando diventa contrabbandiere; la moglie del protagonista, che lui ha portato via da un bordello...

E' l'odissea degli zingari slavi che attraversa vari fasi della storia contemporanea fino alla guerra nell'ex-Jugoslavia.
Un racconto divertente e, al contempo, struggente, a tratti surreale e visionario, spesso canzonatorio e irriverente, dove Lutvija arriva a fondare una città, ma poi si ritrova sempre in altri luoghi; la narrazione di un popolo in continuo movimento, forse a causa di una maledizione che risale ai tempi della crocifissione di Gesù, da cui parte il romanzo.

Mi è piaciuto moltissimo, e infatti l'ho letto velocemente e poi riletto con la calma che merita, in parte su una panchina.
A mio parere è un racconto autunnale.
Ve lo consiglio.
Foto: esterno giorno con panchina, foglie d'autunno e, in basso a destra, accenno di scarpe Nike tarocche.

La storia di Lutvija e del chiodo arroventato, di Feri Lainscek - Barbès Editore

Commenti

Post popolari in questo blog

Lavoro a domicilio: vince il sesso

Ne usciremo migliori? Ciau bale!

Agorafobia e taglio dei capelli