Il panico da coronavirus



Ho visto cose che...
Supermercati presi d'assalto mentre io, da fuori, vedevo allontanarsi la possibilità di acquistare quella scatola di surgelati che desideravo portarmi a casa;
anziani con bandane sul naso che paiono pronti a un assalto alla diligenza;
gente con mascherine che, dato che non se ne trovano più, sono ormai incrostate dallo smog cittadino (un tempo erano bianche, ora tendono a un grigio antracite che fa un po' impressione);
persone che davanti alla tosse da tabagista creano il vuoto intorno che, in effetti, porta sollievo al mio disturbo di fobia sociale;
influencer e altri inutili soggetti che fanno outing circa la loro ipocondria;
ipocondriaci che non ambiscono a influenzare qualcuno, vittime di autentico panico che li spingerebbe a vivere al pronto soccorso ma ora gli è negato anche questo conforto.

La paura è roba brutta e trasforma chi non ci convive da una vita in esseri da film horror. Chi invece il panico lo ha adottato da tempo, sente di aver qualcosa di reale su cui tormentarsi.
Personalmente, sono talmente presa dallo scrivere su questa malattia (è il mio lavoro, non mi piace, vorrei fare tutt'altro: scrivere di orchidee, di centrini all'uncinetto, di viaggi spaziali o, alternativa che prediligo, realizzare centrini all'uncinetto, coltivare orchidee, trasferirmi su un altro pianeta) che non mi crea ansia supplementare a quella con cui convivo abitualmente.
O almeno era così fino a ieri.

Ero davanti al computer e stavo giusto scrivendo l'ennesimo articoletto che, in teoria, doveva spiegare come scansare il virus che mi ha impedito di acquistare i surgelati. Da una decina di righe avevo superato l'arduo passaggio che spiegava come scaraventare "gentilmente" fuori casa visitatori che manifestano sintomi sospetti, quando è suonato il campanello.
Per un attimo ho pensato di darmi per morta (attività poco impegnativa che, a lungo andare, dà i suoi risultati), poi mi sono decisa a guardare dalla finestra con la discrezione necessaria a lasciare margine d'azione per tornare al piano A (darmi per morta).
Oh, un'amica che non vedo da mesi. Che bella sorpresa!

Apro e mi preparo ad accogliere, con l'entusiasmo adeguato, l'ospite inattesa.
Mentre si avvicina noto l'incedere non propriamente brillante e il barrito proveniente da un naso senza ombra di dubbio intasato.
Dopo un "ciao" con voce roca, l'amica esordisce con "sto malissimo", ed elenca una serie di sintomi che, pur con le mie non ottimali - ma nemmeno scarse - conoscenze mediche, hanno come cura la soppressione per mezzo di combustione.
Se io ogni tanto seguissi i miei consigli e il buon senso, le avrei fatto girare i tacchi, con gentilezza. O mi sarei attenuta al piano A.

In realtà ho iniziato a sacramentare, ma l'ho fatta entrare mentre rideva per la foga dirompente del mio sfogo.
Non ho moltissimi principi, e quelli che ho li cambio di frequente, ma uno è lì da sempre: se stai male e sei infettivo, stai a casa! 
E insomma! E' una questione di buon senso e di rispetto. Si fa l'untore con chi si odia, mica con gli amici.
L'amica bivacca per tre ore sul mio divano, io sto seduta sul bordo del lato opposto con grave compromissione del nervo sciatico.
Mi dico che non è il caso di farsi prendere dal panico, e mi faccio prendere dal panico.

Appena esce, casa mia diventa Chernobyl dopo la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore: ho preso un ansiolitico, mi sono fatta una doccia e ho messo i vestiti nella lavatrice con disinfettanti vari, ho spruzzato germicida ovunque (soffermandomi, con impressionante sforzo di memoria, sulle superfici toccate dall'ospite... perché mi è parso abbia toccato tutto), ho diluito l'Amuchina per dare una veloce e lieve passata al gatto che era stato accarezzato (la grigia; quella nera è stata ben lontana a fissarci con sguardo torvo: brava ragazza), ho indossato guanti da saldatore per chiudere il sacchetto con i suoi fazzolettini, anche quelli puliti lasciati sul tavolino, ho immerso nel disinfettante la tazza in cui ha bevuto poi - dopo tormentoso momento di dubbio - l'ho buttata con i fazzoletti, il divano è entrato in quarantena...
Benvenuta psicosi!

Mi pareva di riuscire a fare slalom tra ipocondria e ansia per arrivare giuliva al traguardo. Mi pareva finché stavo in casa, sola con le gatte, a scrivere consigli per gli altri invitandoli a non cedere all'insensato panico.
Ora sto monitorando la tosse da tabagista, sottopongo i polmoni a test di respirazione e mi tasto la fronte con frequenza allarmante.

Non è sano stare così. E' un atteggiamento mentale malato.
Tuttavia, chi non sta bene se ne stia a casa sua.

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