L'amore ai tempi del panico

Quasi quasi oggi parlo un po' d'amore, e non pensiate che sia un lavoro facile perché per me non lo è. È una tematica che mai porterei come argomento a scelta ad un esame; l'ho sempre capita al pari della trigonometria: svolgevo le equazioni ma ancora oggi non ho idea di quali siano le sue applicazioni pratiche... e comunque raramente ho raggiunto la sufficienza.
Tuttavia so alcune cose, la prima è che avere un  ideale d'uomo (o di donna; mi propongo di scrivere un pezzo unisex, a tutto tondo, pratico per ogni stagione) è cosa inutile, in quanto tutti noi sappiamo quanto irrazionali, irragionevoli e persino ironici siano i sentimenti.
Vi farò un esempio; il mio uomo ideale è da sempre: senso dell'umorismo di Woody Allen, aspetto fisico di Thor, pazienza di Giobbe.
Risultato: mi sono perlopiù innamorata di uomini con il fisico di Woody Allen, il senso dell'umorismo di Giobbe, e la pazienza di Thor. Vedete bene, dunque, che non funziona.

Un'altra cosa che so per certo è che esistono persone che vivono rapporti deludenti e frustranti, nella migliore delle ipotesi, solo per il terrore di restare sole.
Non giudico, ho il massimo rispetto di tutte le paure, in qualsiasi forma, colore o dimensione si presentino.
Ma sempre più spesso mi capita di parlare con uomini e donne dell'ambiente che frequento con più costanza, ossia quello degli impanicati, agorafobici o depressi generici,  e sento storie da far rizzare i capelli (nel mio caso non serve un grosso stress, ma si tratta di tagli sbagliati, parrucchieri improvvisati, di cui vi ho già parlato non molto tempo fa).
Ho la netta sensazione, confermata anche dalla letteratura social, che chi soffre dei disturbi sopra elencati non si senta all'altezza d'essere amato da chicchessia o, ancor peggio, d'essere trattato in modo quantomeno non lesivo della propria dignità.
Errore! Chiunque, tranne gli individui veramente brutti dentro, merita (anzi, ha diritto) d'essere amato; questo è un fatto, una legge universale che dobbiamo imparare a memoria e interiorizzare con convinzione.

Detto ciò,  vi farò un breve elenco dei compagni/e da allontanare senza tanti ripensamenti:
1. I vandali dell'autostima altrui, ossia chi ci fa sentire male con noi stessi, ci umilia per i nostri limiti, aggiunge paranoie al substrato di pensieri negativi che già ci affliggono. Attenzione! Qui statemi attenti come se da ciò dipendesse il vostro futuro (e non è detto che così non sia)... c'è gente che trae benessere interiore dal massacrare l'autostima altrui; sono persone piccoline d'intelletto e di sentimenti come cacchette di mosche, eppure riescono a fare più danni di una mandria di bufali in una vetreria.

2. Gli oppressi: i tipi/le tipe che dicono di amarci ma avvertono un insopportabile senso d'oppressione e malessere (di cui amano renderci partecipi) perché con noi non si può andare serenamente in discoteca, a un concerto, in vacanza, al circo, allo stadio, a pagaiare alle (nelle, sulle) cascate del Niagara. Il tutto parte con un flebile lamento bofonchiato in un momento di malumore, poi si fa più frequente e assordante, fino a diventare un abituale argomento di conversazione. Cioè,  a parte tutto... ma che noia! Una noia che purtroppo può portare a sentirsi inadeguati, prima per la canoa e, giorno dopo giorno, per qualsiasi altro aspetto della vita.

3. Vogliamo parlare dei produttori di sensi di colpa? "Se non fosse per le tue paturnie, io avrei potuto fare questo è quell'altro", "Mi blocchi la vitalità, la creatività,  le amicizie...". Ma sei masochista? No? È allora cosa ci fai qui 24 ore su 24?

4. Iperprotettivi limitanti, ci trattano come rarissime statuette di porcellana, pezzi da museo. Creano una sorta d'invisibile barriera tra noi e il mondo, se decidiamo di fare qualcosa fuori dall'abituale schema comportamentale, chiedono con insistenza se ne siamo sicuri... e alla fine smorzano quel poco di sicurezza, In questo caso, l'unico probabilmente, non si può fargliene una colpa, ma finiamo per percepirci esponenzialmente più fragili di quanto siamo e non ci fa bene alla salute. Qui ho qualche incertezza sull'allontanare la persona in questione: e se avessero più paura di noi?

5. Chi non se ne va, e indulge in rapporti mortificanti per entrambe le parti, solo per timore di farci del male... sempre per quella supposta fragilità di cui sopra. Questi soggetti, spesso, se ne escono con frasi tipo "Non ti amo, ma ti voglio bene e mai ti vorrei ferire, ma non sento d"amarti" (ripetono il concetto della mancanza d'amore, casomai fossimo stati poco attenti). E restano, forse persino convinti che la loro assenza possa portarci a gesti estremi. Una vita votata al sacrificio. Pessima situazione.

6. Quelli che hanno sbagliato persona. Infine, ultimo ma non ultimo, il classico "se tu non fossi così, ti amerei alla follia", ossia amerebbero un'altra persona. Stanno mica bene di testa nemmeno loro, eh.

Chiunque merita ed è degno d'essere amato, lo ripeto. 
Sbagliamo noi se insistiamo a pretendere di trovare sentimento dove non c'è.
Sbagliamo se insistiamo in storie d'amore unilaterali (o manco quello), malate, annichilenti solo per non restare soli... perché finiamo per esserlo ancor di più. Infine "chi si accontenta gode" è un proverbio di indubbia utilità, ma accontentarsi non è amore.

Buon San Valentino.

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