Era solo nascosto

dove prima c'erano i libri
Si era nascosto in un angolino buio.
Se ne stava acquattuato, con i muscoli tesi, forse muoveva il posteriore come un felino pronto a saltare. Di preciso non so, perché non lo vedevo.
Ne avvertivo la presenza, certo, per via di quell'istinto che fa percepire i pericoli prima che i sensi vengano allertati da un rumore, un odore, un lieve spostamento d'aria.
E' un fatto che stavo allerta da tempo; non che lo aspettassi con ansia, ma l'ansia c'era.

E' arrivato dopo che mi ero persuasa che ormai avrei potuto sopportare tutto, che nulla sarebbe più riuscito a piegarmi.
E' entrato con la grancassa e mi ha svegliata mentre riposavo, seguito dalla banda, rumorosa oltre il limite del tollerabile, composta da nausea, tachicardia, iperventilazione, terrore d'impazzire, semiparalisi agli arti... mi pare di aver visto anche delle majorettes inette a cui cade la mazza direttamente sulla mia testa. A pensarci bene, forse c'erano anche gli sbandieratori, pure loro poco capaci, perché davanti agli occhi c'è stoffa che mi fa vedere il mondo in modo distorto e mi mette l'ansia di caracollare a terra (per cui cammino a gambe larghe, alla John Wayne ma senza cavallo).

Il panico fa così, non conosce discrezione, non è un gentleman: attende nel buio con occhi da serpente e schizza fuori mordendo come se dovesse soddisfare una fame atavica. Lo fa più volte al giorno. E tu sei lì che cerchi di scacciarlo con una pastiglietta rosa, di cui spesso lui si fa beffe. 
Ed è così che mi ritrovo a pensare agli sforzi fatti, al programma quotidiano di esposizione alla (alle: magari fosse una sola) paura.
Le camminate - ogni giorno almeno trecento passi in più - sono state cancellate da un virus che si è portato via anche il potere distraente del lavoro, ed ha aggiunto nuove ansie per la salute propria, di chi si ama, dell'umanità intera, del futuro in generale.

Vent'anni di conquiste e ricadute, un anno di benessere... oddio, "benessere" è una parola grossa, meglio usare il lessico medico, diciamo "parziale remissione dei sintomi"... tutto perso!
O forse no, non so.
Quello che so è che appena ho potuto fare le scale dopo l'intervento chirurgico, sono uscita a buttare un sacchetto piccino di rifiuti e appena arrivata in cortile ho iniziato a vedere una personale interpretazione della rotazione terrestre e ho trattenuto il fiato. Praticamente ho gettato l'immondizia in apnea e sono tornata su, chiuso la porta, mi ci sono appoggiata contro. Poi mi sono sdraiata e lasciata andare allo sconforto.

Gli amici mi dicono che in questo peculiare periodo l'ansia assale anche le menti meno inclini alle preoccupazioni. Dicono che è normale, loro.
Lo so, hanno ragione. Ma so anche che il giorno in cui si potrà tornare alla normalità, la mia normalità abbraccerà attacchi di panico, agorafobia e altre paure che si aggiungeranno a quelle vecchie.

Tuttavia, ho qua uno schemino, che di giorno in giorno prende forma, con un programma di "rieducazione", Si ricomincerà con i trecento passi e... non voglio pensare d'essere tornata indietro di vent'anni, la mia mente si rifiuta di cedere a questa prospettiva, ma ci pensa.
L'importante, mi dico, è scampare il pericolo presente: anche lui acquattato, invisibile, bastardo.
L'importante è anche smettere (come ho fatto) di guardare programmi dedicati o leggere i bollettini dei nuovi infetti, di chi non ce l'ha fatta (e pensare ai loro parenti e amici), di chi guarisce (mi paiono sempre troppo pochi)...
Intanto, e nonostante ciò, la banda insiste a suonare note stonate. 

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