Lo sconquassamento delle fobie

Sono vent'anni che soffro d'agorafobia... no, no, facendo un rapido calcolo, siamo quasi a 22.
Comunque, non è il momento di fare i pignoli e tirare fuori calcolatrice e vecchie agende per vedere quando sono terminati i viaggi, che poi mi deprimo.
Ecco, stare in casa in forma coatta è per me (e temo per alcuni di voi) la norma, quindi non dovrei avvertire alcun disagio.

Invece giro in tondo e scopro che casa mia è troppo piccola anche per una persona sola. Mi affaccio con regolarità alla finestra, ormai mi pare d'essere un orologio a cucù (perché il correttore mi dà sbagliata la parola cucù; come si scrive? Senza accento? Con la K? Vedete come entro facilmente in paranoia).
Ascolto poca musica e quella poca è beatlesiana, fatico a finire di leggere un libro ma saltello qua e là senza troppo entusiasmo (poi confondo le trame e capisco più nulla), ho voglia di sdraiarmi al sole e sono sempre stata un vampiro che scappava davanti al più stitico raggio solare.
Insomma, pur con la deambulazione limitata da altre grane, sento la brama d'uscire e fiondarmi in una strada affollata come Tokio alle 8 del mattino.

Dove mi è finita la fobia sociale?
Ecco, questa ve la voglio raccontare:
l'altro giorno, quando mi hanno dimessa dall'ospedale, sono uscita dal reparto e subito entrata in un ascensore vuoto come il barattolo della farina (ho panificato parecchio nelle ultime 48 ore). Bene, ho pensato.
Quando le porte si sono aperte, ancora un po' rintronata da farmaci e predisposizione naturale alla lentezza di pensiero, ho trattenuto il respiro in attesa di immergermi nella solita fiumana di gente che invade quel corridoio. Chi di voi non è di Torino, non può immaginare cosa significhi vedere il deserto nelle Molinette, l'ospedale più grande del Piemonte, il quarto d'Italia... di solito c'è un casino talmente frastornante che ci si perde seguendo una linea gialla che porta a un casello autostradale (suppongo).
Il vuoto totale, silenzioso da fare venire voglia di provare a sentire se urlando c'è l'eco (non l'ho fatto, ma solo perché avevo già il fiatone da ascensore, che non sembra ma stanca), persino una luce strana che, a dirla tutta, era più un'assenza di luce.
Arrivata all'altezza del corridoio centrale, quello che ho sempre affrontato con una paralisi parziale (talvolta anche totale) degli arti inferiori, ho scorto un omino piccino in fondo (quindi poteva essere alto 2 metri, ma la distanza sfalsa le dimensioni) che è sparito in un amen.

Mi è scappato un "cazzo!" ad alta voce, ma tanto nessuno mi poteva sentire e non ci ho fatto brutta figura; niente eco.
Il pensiero successivo è stato "che fine ha fatto la fobia sociale?". Perché le gambe si sono paralizzate eccome. Ho dondolato un attimo: sposta il peso su una gamba e poi sull'altra fino a che i muscoli si riprendono dallo choc.
Ho avuto la presenza di spirito di voltarmi e guardare fuori, verso i tendoni della Protezione Civile: bello, bene, bello, bello, bene, ci sono quattro o cinque persone, potendo le bacerei.

Santi numini! Questa stramaledetta pandemia mi sta rimescolando le fobie.
Non so più di cosa ho paura. Capace che adesso mi passa davanti un ragno e non faccio una piega.
Voi direte: e di cosa ti lamenti, rompipalle?
Eh, è che mi sale un'ansia fuori controllo per altre cose. Innanzitutto non riesco a contenermi nelle telefonate agli amici e ho il terrore (non scrivo parole a caso né esagero a fini letterari) che qualcuno di loro si ammali; immagino, a getto continuo, scenari strazianti; e più cerco di deviare il corso dei pensieri, più mi sale la paura.
Poi, questo è interessante, sento scricchiolii in casa e temo che un qualche danno strutturale (non così improbabile, prima o poi dovete vederla casa mia) mi faccia cadere la soffitta in testa, quindi ho voglia di scappare...
Ogni giorno partorisco nuove paure mai avute prima. Alle altre ci avevo fatto l'abitudine, le riconoscevo e le chiamavo per nome. Detesto le sorprese.

Di contro, sono rimasta senza lavoro, con il conto in banca lindo come fresco di bucato, tra un po' non riuscirò a farmi la spesa (anche ora, ad essere onesti, perché le consegne a domicilio pare le facciano partire dalla Cina e quindi arriveranno forse per il pranzo di ferragosto... con un cinese stremato che tocca ospitare per un mese, tanto per farlo riprendere un pochino)... ecco, questo non mi spaventa e dovrei correre per casa con le mani nei capelli, perché questo sì che è materiale più che buono per una scorta omaggio di attacchi di panico.

Vabbé, per oggi è tutto.
Voi state tutti bene, vero?
Ah, un saluto particolare a voi che vivete in Lombardia. Tenete duro, vi penso. Se volete dare notizie, son contenta (magari mi girate il numero di telefono e vi chiamo ogni 7 o 8 ore per stare più tranquilla).

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