A caccia di sintomi

Come stiamo?
Tutto bene?
Lo chiedo perché, non so se ve ne siete accorti anche voi, ma la gente inizia ad andare un po' fuori di testa, e allora mi domando cosa stia accadendo a chi, come molti di noi, già sforava i bordi prima.
Non so come vi regolate nell'intimità delle vostre case, personalmente mi pare di stare poco bene in linea generale.
Appena sveglia lancio l'autodiagnostica del sistema e mi rammarico di non avere un antivirus capace di scovare e debellare i "trojan" nella mente.

Ammettiamolo, per quanto ci sforziamo non riusciamo a ignorare i messaggi dell'ipocondria che vive in noi. E, attenzione, sta diventando ipocondriaca anche gente che prima della pandemia se ne sbatteva altamente di qualsiasi campanello d'allarme proveniente dal corpo, anche se suonava come la Campana dei Caduti di Rovereto.

C'è gente (la conosco, non invento nulla) che si aggira alla ricerca di sintomi come fossero calzini spaiati.
Chi come me soffre di attacchi di panico, prima si concentrava sulla sintomatologia riferibile a un infarto acuto del miocardio: bei tempi!
Un doloretto al braccio, le fitte al torace, e subito con due dita sul polso a cronometrare il battito cardiaco; i fortunati possessori di uno sfigmomanometro arrivavano anche a portarselo in giro. Vi è mai capitato di vedere qualcuno con uno strano tubicino nero che dalla borsa (o marsupio per gli uomini) si inerpicava nella manica sinistra? Era il misuratore di pressione. I più cool, smart, trend, esibiscono orologi che svolgono egregiamente la funzione di monitoraggio senza doversi strozzare il bicipite ogni mezz'ora (o quarto d'ora per i casi più disperati)... non vorrei quegli aggeggi, il mio panico segue una linea temporale più indulgente, e va benissimo così.

Ora, della salute delle coronarie ci occupiamo solo occasionalmente, quando l'autodiagnostica non rivela altri segnali importanti. L'infarto ci turba di meno.
Questo è il momento delle vie respiratorie, dei raffreddori e dei mal di gola (che sarebbero di stagione, ma comunque sogniamo un tutorial online che ci insegni a produrre dei tamponi casalinghi).
Per dire, da quando sono uscita dall'ospedale soffro di un raffreddore che va e che viene.
Uno di voi (grazie Fabrizio!) mi ha fatto notare che se indosso sempre le solite due mascherine, in cui starnutisco copiosamente, continuerò ad infettarmi da sola all'infinito. E' una spiegazione più che logica, scientifica, qualsiasi medico farebbe un applauso a Fabrizio, e con le stesse mani prenderebbe a schiaffi me: non esiste nulla (o quasi) di più contagioso del raffreddore, è inutile e imbecille buttare via il fazzoletto ad ogni uso e poi coprirsi naso e bocca con una coltura di virus.

Il raffreddore è accompagnato anche da mal di gola e qualche linea di febbre; così, la mia tosse da tabagista si è elevata a sintomo aggiuntivo, eppure è sempre stata lì. Il mio calzino spaiato è la difficoltà respiratoria, ma in questo caso accorre l'ansia a dare una mano. Evito di chiamare il medico perché solo l'idea di un ritorno in ospedale richiama le preoccupazioni cardiache, e anche perché sono ben conscia di quante persone abbiano seriamente bisogno di assistenza e cure, oltre ad aver visto medici (e tutto il personale ospedaliero, non ultimo chi si occupa delle pulizie... non voglio pensare al loro scarno stipendio messo a confronto con l'enormità dei rischi che corrono) già stremati all'inizio della bufera.
Evito di chiamare il medico perché so quanto la mente sia abile nel creare mostri; si prodiga persino per alzare la temperatura corporea e distribuire ad arte dolore alle ossa. L'ansia è come una stampante 3D: le si dà un progetto e lei lo realizza strato dopo strato.

Qualcuno penserà: ma se stai sempre in casa, come pensi di prenderti il Covid? Eh, la fate facile voi. A parte che esco, seppur con notevole parsimonia, perché ci sono necessità improrogabili. Qui sembra un porto. Quasi ogni giorno qualcuno mi suona il campanello e arriva recando doni (sono un soggetto delizioso, non mi si può stare lontani a lungo, non posso farci niente). I doni in questione sono torte fatte in casa, perché la pandemia ha risvegliato i talenti sopiti nell'arte dolciaria... fidatevi, finito tutto questo bordello, ci toccherà fare i conti con il diabete (che non è una passeggiata); ma di questo inizierò a preoccuparmi a tempo debito (non posseggo uno sfigmomanometro ma ho la macchinetta per misurare la glicemia: a ognuno le proprie paranoie).

Il sabato mattina, la sveglia è costituita dalle voci di chi chiede "chi è l'ultimo?". E' la gente che fa la fila per entrare nella panetteria all'angolo, dove mi reco anche io alle 6 del pomeriggio (non c'è più pane, ma nemmeno gente; non risolvo la cena ma statisticamente rischio meno). E invidio, invidio con tutto il cuore, i coraggiosi che si fanno ore di fila; li guardo dall'alto (indossando la mascherina vettrice di raffreddore) e cerco d'individuare chi potrebbe essere il portatore asintomatico di virus; decido invariabilmente che si tratta di chi per parlare sposta la mascherina sul mento, così da proteggere dal contagio il pizzetto. La gente è strana.

Insomma, non sono tempi normali... perché dovremmo esserlo noi?

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