Tutti fuori! O quasi.

Finito il lockdown! Tutti in strada, avanti!
E' una parola. Troppi punti esclamativi, per i miei gusti.
Non è che temo che lo scampato pericolo non sia così tanto scampato (ma su questo non voglio aprire discussioni perché non sono un virologo, e anche loro mi paiono un po' confusi), il problema è un altro.

Il problema è che se prendi un'agorafobica in via di miglioramento sintomatico e la chiudi in casa, quindi le aggiungi altre questioncelle su cui preoccuparsi - nello specifico, una pandemia (mica un doloretto al ginocchio) - si rischia il sovraffollamento di paranoie che sono contagiosissime; non c'è mascherina che tenga.
E tutti quei pensieri molesti, che prima si evitavano tuffandosi di testa nel lavoro o delegando l'attività speleologica allo psicoterapeuta, ricompaiono in fila disordinata: una calca di malinconia, recriminazioni, rabbie represse e sensi di colpa (c'è parecchia altra roba, ma non amo gli elenchi infiniti) che, a lungo andare, ti segano le gambe. E' un fatto.

Aggiungiamoci pure la paura del contagio, che nel mio caso si declina in terrore di infettare più che d'essere infettata, fosse anche solo con il mio pessimo umore e la tendenza al pessimismo cosmico.

A chi mi chiede "Adesso uscirai"? Rispondo "Aspetterei ancora un po'. Disse l'agorafobica". Non è che non ne ho voglia, è che devo riprendermi dal lutto per una parvenza di libertà conquistata con sforzo e dolore su cui si è abbattuta la necessità globale di rintanarsi in casa.
La mente lavora come un muscolo, me lo insegnò la mia psicoterapeuta (santa donna) e col tempo ho scoperto che è vero. Ora l'ho lasciata a tormentarsi un po' (la mente, non la psicoterapeuta) e, sempre più spesso, a spegnersi in attesa di tempi migliori. Errore mio, errore umano.

Devo riportarla a fare ginnastica, con la sua tutina nera (perché i colori sgargianti, quelli che mettono allegria, ancora la urtano), qualche integratore - che nel suo caso sono ansiolitici -, uno zaino pieno di assertività.

Per ora mi limito a osservare i soffioni (tarassaco, per essere precisi) che nonostante il forte vento e la pioggia dei giorni scorsi, continua a crescere in attesa di andarsene in gironzola.

Voglio essere soffione. Per ora resto qui.

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