Lavoro, ansia, rabbia, sarcasmo e via

Cercare lavoro è ansiogeno. Presentarsi ai colloqui espone al panico: tutta quella tensione per fare una buona impressione e non mostrare alcuna tensione (tanto meno un attacco d'ansia) mette a dura prova il sistema nervoso.

Se poi si ha un'età che supera di molto i requisiti richiesti, ai disturbi sopra citati si aggiunge quella punta di depressione e fiducia nel fallimento che conferiscono la classica postura con spalle incurvate e mento mesto. Attenzione, però: la sequela di "no" incassati, a lungo andare, aggiunge quel pizzico di rabbia che può aiutare.

E' vero che la rabbia viene collocata nella colonna dei sentimenti negativi, ma è altrettanto vero che è un istinto primordiale che ci sprona a difenderci per sopravvivere nell'ambiente in cui ci troviamo; e, non vivendo nella savana circondati dai leoni (e quindi con una grana in meno di cui occuparci), il lavoro costituisce l'elemento fondamentale per sopravvivere. Quindi, se espressa in modo adeguato - cioè senza girare armati di balestra - può essere d'aiuto, ad esempio a placare un po' l'ansia e a tenere una postura dignitosa.

Qualche settimana fa, sono stata contattata da una società che mi ha fissato un incontro con il loro "HR Manager": iperventilazione, ansia, poi ricerca sul web per capire cos'è, chi è, cosa ci rappresenta un HR Manager; per chi è rimasto nel paleolitico come me, l'acronimo sta per Human Resources e, tra altre sue funzioni che non mi sono ben chiare, chi svolge questa professione seleziona il personale o ne fa una prima scrematura... perché poi esiste anche l'HR Director che è una tacca sopra; lì fuori c'è un mondo complesso, gerarchico, piramidale, al quale non mi abituerò mai.

Mi sono preparata all'appuntamento come se dovessi incontrare l'uomo della mia vita.

Un'oretta di meditazione, intervallata da pensieri assai disturbanti e avversi all'atto meditativo, quindi qualche minuto in mutande davanti allo specchio per decidere il look adatto.

Ho tirato fuori dal frigo due cucchiai da mettere sugli occhi per tentare di nascondere i segni di numerose notti in bianco (l'ho visto fare recentemente in un documentario su Lady Gaga, che prima conoscevo solo di nome, traete voi le conclusioni sul mio grado di maturità intellettuale e di cultura su tutto ciò sia posteriore agli anni '80). Lo so che alcune di voi mi staranno dicendo che esistono i correttori, ma non mi piace mettere "roba" sulla pelle (in realtà, non sono capace), a meno che non sia indispensabile... l'unica occasione che mi viene in mente al momento è un servizio fotografico per Vogue, che ritengo abbastanza improbabile mi venga proposto almeno per ora. 

Mentre mi congelavo le cornee, mi ripetevo "niente sarcasmo": un mantra recitato con voce implorante, perché mi conosco, il sarcasmo è la mia via di fuga quando non ne trovo una dotata di infisso, cardini e una maniglia. E la gente detesta il sarcasmo, è un atteggiamento che incarna la certezza di fallimento in qualsiasi settore dello spettro sociale.

Abitino casual/chic/postindustriale/sembra fatto su misura ma è della vicina che non ci entra più; tacchi stupiti d'essere riconsiderati dopo un ventennio d'oblio - perché se riesco ad essere più alta dell'HR si mette un po' in soggezione (sono ribaltata da ferma, qualche falcata in casa prima di assumere un'andatura che non mi facesse somigliare a John Wayne sceso da cavallo); giusto una carezza di rossetto, che tanto è facile debba tenere la mascherina, e una riga severa di eyeliner. Via gli accessori, si tiene solo il bracciale che non toglierei nemmeno per fare una risonanza magnetica: il minimalismo offre poco spazio alle deduzioni pregiudizievoli. Sia chiaro, queste sono teorie non supportate da ricerche, studi randomizzati in doppio cieco, è farina del mio sacco piena di tignole del grano (praticamente immangiabile).

Quando sono arrivata, ormai sudata come un facocero, ho scoperto che il manager siglato è giovanissimo, bellino e alto quanto me: situazione paritaria da un lato (annotare di acquistare scarpe con il tacco più alto), perdente dall'altro (annotare di non invecchiare). Non indossava la mascherina, quindi mi sono spogliata anche io, anche se con una certa diffidenza: il tizio mi puzzava di uno che passa le serate in discoteche, feste a bordo piscina, ammucchiate di ogni genere e specie.

E da qui, i dialoghi li affido alla memoria, peraltro omettendo una pletora di termini inglesi che ho dimenticato appena sentiti perché ne ignoravo il significato (Gesù, come sono poco professionale). Tuttavia, il senso c'è.

Lui, l'HR, mi ha fissata per qualche secondo con un sorriso gioviale (denti dalla forma irregolare e dal colore artificiale... insomma, in natura non esiste un bianco così). Ho retto lo sguardo con fatica, ho sorriso a labbra serrate (i miei denti hanno forma regolare ma fumo, bevo litri di tè nero e mangio liquirizia come se non ci fosse un domani).

- Ho esaminato le sue referenze - dà un colpetto con l'indice ad alcuni fogli. 
Referenze? E' un curriculum.
- Complimenti!
- Grazie - Mi esce una voce robotica, senza entusiasmo.
- Anche per l'aspetto. Se non avessi letto la sua biografia... 
Santiddio, è sempre un curriculum, ma va bene lo stesso. 
- Insomma, mi aspettavo una signora più, come dire?
No, cazzo, non dirlo!
- Più... agé.
L'ha detto.

Probabilmente devo aver assunto un'espressione strana, forse ho dilatato le narici come un toro a Pamplona, perché lui sposta l'attenzione su altro e cerca di riconquistarsi il mio sorriso statico.

- Lei è buddhista?
- E' un requisito fondamentale? - lo chiedo perché sono seriamente incuriosita.
- No, è che ho notato che indossa un mala.
Visto? Ho lasciato solo il bracciale e l'HR si è già costruito un preconcetto. O forse ha voluto fare sfoggio di una certa cultura persino in ambiente spirituale. Mah, chi se ne frega.
- Ah, capisco - taglio corto.
- Tornando al discorso iniziale...
Per chi non fosse stato attento, si è partiti dal fatto che sono vecchia ma lo sembro un po' meno.
- Qui siamo un team molto dinamico, smart...
Smart? per favore, non infierire su di me; uccidimi dolcemente!
- ... green ...
Verde?
- ... under Thirty - Giuro che ha messo la maiuscola sui trenta; non si vedeva, ma c'era.

Ormai mi sono mangiata il rossetto, continuo a strofinarmi il naso come una cocainomane col setto nasale fritto, in alternativa sgrano il mala recitando mentalmente il testo di "John, I'm only dancer" di Bowie (un classico in ogni mio colloquio di lavoro, un giorno forse capirò perché).

- Scusi, per quale motivo mi avete contattata se evidentemente non rispondo alle caratteristiche anagrafiche richieste?
La voce insiste ad uscirmi atona.
- Qui la interrompo...
Interrompi cosa? Ho fatto una domanda, c'era con un punto interrogativo grande come una casa; da che mondo è mondo, è così che terminano le domande.
- La nostra vision...

Non lo ascolto più. Vision, mission, smart, green, human resources... fanculo (fuck you).

- Capiamoci...
No, non ti capisco.
- ... che visione ha del suo futuro?
Urca! Domanda interessante, glielo concedo. No sarcasmo!
Ci ho pensato o almeno ho assunto un'espressione pensosa che sarebbe piaciuta ad Auguste Rodin. Non è un argomento da prendere alla leggera, qui si parla del futuro. Come mi vedo nel futuro?
- Con l'osteoporosi?

L'ho salutato caramente e, dall'aria interrogativa che aveva, presumo che appena uscita sia andato online a controllare se l'osteoporosi sia materiale utile che si può rivendere nel prossimo briefing.

Punto.

E no.

Un'ora fa, dopo almeno una settimana che non controllavo la posta, trovo una mail zeppa di qualifiche (tutte in inglese, quella è gente che in Italia fa un cazzo, sospetto) in cui mi si chiede di fissare un altro incontro.

Gallina vecchia fa buon brodo? 






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