Paura della felicità


Ma perché mai si dovrebbe aver paura d'essere felici?

Volete la versione lunga o quella ridotta? 

Lo so che vi pare un'assurdità, perché a spaventarci è il dolore, ciò che ci rende infelici...

Fermiamoci un attimo a riflettere su quest'ultima frase: è corretta e inopinabile, ma è incompleta (infatti ci ho infilato i puntini di sospensione).

Come sempre, parlo per me stessa, se qualcuno si accoda mi sentirò meno sola, tuttavia sono ben lontana dal conoscere i segreti universali della gioia o del tormento, anche se su quest'ultimo mi pare d'essere abbastanza preparata.

Vi è mai capitato di sentire salire l'ansia (o addirittura entrare in panico) quando qualcosa che attendevate da tempo finalmente è arrivato?

O di abbarbicarvi, come koala sull'eucalipto, a felicità passate impedendovi di proseguire nel cammino di ricerca? Perché la felicità va anche cercata, raramente arriva con i suoi piedini (comunque esistono le botte di culo, non ci piove).

La paura del dolore è legittima, ma non è così assurda quella della felicità.

Chi è dotato di una sensibilità acuita da svariati fattori o da naturale inclinazione, tende a creasi una zona di confort dove le emozioni intense sono un turbamento; come può esserlo anche il cambiamento.

Chi se ne frega se l'emozione è bella, positiva, salutare: fa comunque paura.

C'è sempre quell'incrinatura, grande o piccola, dalla quale può scappare qualcosa se solo ci si lascia andare, se solo ci si allontana lasciandola esposta. Spesso stiamo con la schiena appoggiata a quella spaccatura; si maledice chi l'ha aperta e rifiutiamo di vedere che, tranne rarissimi casi, l'abbiamo aperta noi a furia di sbattere la testa contro un muro.

Un quieta e nota infelicità è più accettabile di qualcosa d'imprevisto che può emozionare, fare salire l'ansia a razzo e provocare panico.

Gli attacchi peggiori che mi sono piovuti addosso, quelli che per più di qualche momento mi hanno persuasa d'essere sul punto di morire (con paralisi agli arti, vomito, sensazione di follia e altri ammennicoli del disturbo), sono giunti insieme a grandi conquiste, soddisfazioni professionali, sentimentali, eccetera. I colpi più duri da accettare non mi hanno mai ridotta così: lì ho sempre reagito, ho opposto un'orgogliosa resistenza, ho combattuto.

Ma perché reagire, opporre resistenza o combattere quando ci troviamo davanti alla felicità? Sarebbe da masochisti.

Allora si sta quieti, con la schiena appoggiata alla crepa, nel tepore dell'insoddisfazione e del tormento: è roba che già conosciamo, non ci sono sorprese, non si rischia di soffrire per la delusione perché delusi lo siamo già. Ci leghiamo a fallimenti passati perché mantenere vive quelle emozioni non lascia spazio a quelle nuove che sono così imprevedibili. Pensiamo che non saremo più felici come un tempo, ne soffriamo, ma in realtà scegliamo quella sofferenza invece del nuovo, dell'ignoto, dell'imprevedibile. Sguazziamo in una pozza d'acqua torbida mentre a fianco scorre un fiume cristallino.

Riassumendo, la felicità fa paura perché:

- è un'emozione intensa, e sappiamo quanto le forti emozioni siano ansiogene e quindi, alla fine della fiera, dolorose;

- può mutare repentinamente in infelicità (dove già sguazziamo) e non siamo certi di poterla sopportare;

- è una novità (ansiogena pure lei);

- la potremmo rovinare e non ce lo perdoneremmo mai: nuovo calo d'autostima, ecc. (paura!);

- non sarà mai come quella provata in passato (in realtà la roba vecchia finisce per essere idealizzata e comunque è pssata, via, non c'è più);

- il tormento, il rimpianto, la tristezza sono diventati il nostro habitat, non sappiamo se riusciremo ad adattarci a un ambiente mentale diverso (tocca provare);

- potrebbe celare un inganno (nostro o da parte di terzi, comunque qualcuno ci frega sempre);

- è impermanente (come tutte le cose);

- non ce la meritiamo e nel coglierla s'incappa in terribili punizioni (questa è tanto mia, ma ve la presto volentieri);

- si è un filo masochisti e... c'è un certo piacere anche nel soffrire;

- potrebbe creare dipendenza e qui abbiamo già da gestire lo Xanax, le sigarette, i social, la tv, i videogiochi...

- non è roba per pigri, richiede molta più energia dell'infelicità (temo sia vero);

- ...



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