Negazionisti, area covid e... mi diverto un po'
La gente è strana. E la vita trova sempre la maniera di sottolinearlo, qualora ce ne fosse bisogno.
Io, poi, sono
particolarmente fortunata in questo senso: per essere una che esce raramente,
quelle poche volte mi offrono invariabilmente spunti interessanti.
Serve la
premessa, abbiate pazienza.
Ho tre amici che
fanno parte di quella schiera di persone che vengono definite “negazioniste”. A
due di loro sono particolarmente legata: frequentazioni lunghe, fin dall’infanzia,
sostegno reciproco nelle situazioni più difficili, eccetera.
E’ un che fatto
queste tre persone e io abbiamo nulla in comune; a parte un significativo
tratto di strada percorso tenendoci per manina, non c’è argomento significativo
su cui si sia mai riusciti a trovare un accordo: dalla religione al calcio,
dalla politica alle utopie sociali, dalla musica alla letteratura. Però ci si
vuole bene. A volte cerco di spiegarmi questo fenomeno, poi lascio perdere
perché l’amore è anche quella roba lì.
Per loro vivo
come una hippy, per me loro vivono di merda… sorvoliamo e finisce qui. Mai
una lite accesa, tanti i momenti in cui ci siamo aiutati e assistiti nel
dolore. Va bene così.
Ovviamente,
anche il Covid ci ha trovati su sponde molto differenti e, per la prima volta,
ci siamo “distanziati” a causa mia. A me spaventa (non con modalità ossessiva,
ma diciamo che potendolo evitare lo faccio volentieri), loro se ne fregano e
vivono la loro vita esattamente come prima.
Non organizzo più le cene come prima, anche perché uno di loro ha preso l’abitudine di rifilarmi un bacio a stampo sulla bocca appena varca la soglia di casa, e so che è un modo per deridere la mia paura.
Un altro,
partecipa a feste private (alle quali mi invita regolarmente) con questo mondo
e quell’altro: situazione che avrei evitato anche in tempi non sospetti e pure
se mi pagassero profumatamente (mah, forse davanti a diecimila euro, centesimo
più centesimo meno, una capatina potrei farcela); fino a qualche giorno fa si
presentava spesso a casa mia perché “passavo di qui”, quando tutti sanno che
nella zona in cui abito non ci si passa a meno di smarrirsi, e si cerca di
allontanarsene velocemente anche in quel caso.
E arrivo al
punto.
Quest’ultimo
amico si è trovato a “passare” dopo che sono uscita dall'ospedale (un accidente abbastanza comune). Prima che entrasse in casa
l’ho informato, con una formula un tantino ufficiale, che sono stata in un’area
Covid.
- Chi se ne
frega. Sono stato a una festa dove eravamo strizzati come sardine. Anzi, hai
fatto male a non venire, ti saresti divertita.
Ho assunto
un’espressione che manifestava tutta la perplessità di cui sono capace (non per la festa, ma per la possibilità di un mio entusiasmo in tal senso).
Si è seduto, ha
iniziato a bere un tè verde (perché questo offre il locale). Poi ho colto il
passaggio di un pensiero molesto nella sua capoccia.
- Ma cosa
intendi per “area Covid”? Cioè, sei stata in una zona rossa? Che bello, vedi che ti muovi molto di più?
Ha fatto tutto da solo.
- No, no, ho
trascorso un bel po’ di tempo nel corridoio Covid dell’ospedale. Sai quella vetrata del pronto soccorso con scritto "area covid. Non entrare"? Ecco, sono entrata.
Rigurgitino.
- Ma eri in una
stanza da sola, no?
- No, ero un
filo assembrata con una ventina di persone presumibilmente contagiate dal
virus. Per due di queste, arrivate prima di me, il verdetto è stato positivo,
che poi sarebbe negativo per la salute… ma ci siamo capiti.
- E tu eri lì?
Ho visto il
panico salire.
- Hai voglia! Tra una barella e l’altra. Se allungavo una manina potevo toccarli... non lo fatto, eh. Ma il mio tampone è risultato negativo.
- Bene!
Sollievo.
- E’ che il
tampone me l’hanno fatto appena sono entrata, cioè parecchie ore prima di
uscire. Quindi, capirai… sai come entri ma non sai come esci.
La fuga è stata
fulminea.
- Non per me,
sia chiaro… ma mia madre è anziana e per lei anche un raffreddore può essere
pericoloso.
E allora, dato
che sono un po’ carogna… ripeto il racconto della permanenza in
ospedale ai due amici d’infanzia, seguito da un invito a cena.
“Magari è
meglio rimandare di un po’” è stata la risposta.
Eccoli lì! Beccati! Forse è vero quanto sostengono gli psicologi, ossia che i negazionisti hanno
più paura degli altri? Poi, magari, hanno semplicemente trovato la scusa per girarmi alla larga, non lo escludo.
E allora,
permettetemelo, ora mi diverto un po’ io. Anche se di divertente c’è nulla. Io
sono qui che annuso il profumo con frequenza che definirei maniacale, per dire.
Tuttavia, ormai ne ho fatto una regola, sempre rispettare le idee degli altri…
che bacio
volentieri sulla bocca (scherzo!).
Commenti
Posta un commento