Tre pazzi (e un cane) che guardano la luna

 



Qui è necessaria una premessa per conoscere uno dei personaggi di questa storia.
Nel mio quartiere si aggira un signore che, a primo incontro (ma spesso anche al secondo e al terzo) mette un po’ d’inquietudine. Non è giovane, ma si fatica a inserirlo in una precisa fascia d’età; ha il viso (e altre parti del corpo a cui non ho fatto caso perché la faccia si mangia tutta l’attenzione) tempestato di tatuaggi, di quelli che si facevano in un passato remoto, che in origine dovevano essere neri e poi si sono scoloriti.

Ha sul volto rugoso, invecchiato credo dalle difficoltà, delle croci, dei triangoli, numerose lacrime (se è vero che i carcerati si tatuavano una lacrima per ogni anno di detenzione, costui si è beccato almeno due ergastoli da scontare consecutivamente) e altri simboli che non saprei descrivere.
Lo si trova spesso tra la tabaccheria e il bar; sta lì appoggiato con la sua canottiera bianco-grigio a costine e ti chiede un euro o una sigaretta o entrambe le cose (tanto per lasciare nulla d’intentato). Quando ha qualche moneta in mano sembra sempre indeciso su quale direzione prendere: bar o tabaccheria?
La prima volta che mi rivolse la parola – a parte per soldi o tabacco – fu una notte di due anni fa circa: stavo passeggiando e mi si affiancò chiedendomi di camminare con me; appena gli risposi di sì, attraversò la strada e si allontanò. Ricordo che rimasi un attimo ferma, cercando di trovare un senso a quel comportamento; ovviamente non giunsi ad alcuna spiegazione soddisfacente. L’episodio si è ripetuto altre volte, ora mi pare normale.

Adesso conoscete il personaggio, quindi posso iniziare a raccontarvi cosa è accaduto qualche notte fa.
Ero molto nervosa, ansiosa, insomma le solite cose, quindi verso l’una ho preso il cane (già, da qualche mese non faccio quasi più le mie passeggiate in solitaria) e ho iniziato a seguirlo; è bellissimo farsi portare a spasso dal cane, fidatevi.
Per qualche motivo, una via era monca di lampioni funzionanti e dopo qualche passo ho trovato, seduti sul gradino di un negozio, il “Tatuato” (non ne conosco il nome, quindi accontentatevi di questo alias), insieme a un tizio che blaterava come uno di quei predicatori di strada che mi è capitato d’incontrare a Londra.
Questa è stata, a grandi linee, la nostra conversazione:
Tatuato – Ciao! Mi dai 50 centesimi?
Io – Ah, di solito chiedi un euro. Cos’è, applichi lo sconto da tariffa notturna?
Lui ride.
Io – Non vedi che non ho la borsa? Ho giusto i sacchettini per raccogliere la cacca del cane.
Tatuato – Eh, dammene uno che mi serve… forse – è dubbioso.
Io – Con tutta la merda che c’è in giro, prima o poi torna utile.
Predicatore – Sta per tornare Gesù Cristo e ripulirà tutto?
Io – Amen.
Tatuato – Amen.
Mi siedo anche io, un po’ distante perché i due non sono dotati di mascherine e io non ho voglia d’indossare la mia, desidero respirare aria fresca (assai inquinata, ma fresca)… e infatti mi accendo una sigaretta e ne offro ai due “amici” notturni.
P – Gesù è finito in croce per i nostri peccati. Lo ha già fatto una volta e ora gli tocca rifarlo perché siamo cattivi, tanto cattivi.
T – E stronzi.
Io – Amen.
Silenzio. Stiamo riflettendo sulla merda nel mondo, sulla cattiveria e la stronzaggine, o almeno mi piace pensarlo.
Io – Stasera c’è una luna bellissima.
Tatuato e Predicatore annuiscono.
Io (al Tatuato) – Ma tu non dormi mai?
T – E tu?
Sorrido. Ha buoni, riflessi il signore.
Io – Ma ce l’hai una casa?
T – Sì… ne ho tante.
Io – Orpo! Sono qua vicine?
T – Sono dove dormo.
Io – Amen.
Predicatore – Amen.
Continuiamo a fissare la luna, anche il cane si è seduto e, noto, guarda in quella direzione.
T – Chi se ne fotte!
P – Sarà fatta la volontà di Dio.
Qui ci scappa un altro Amen congiunto.
Racconto loro un fatto accaduto durante la mattinata precedente, un episodio che mi ha un po’ ferita. Ascoltano con attenzione, per un po’ distolgono lo sguardo dalla luna per guardare me, sento il cuore colmo di gratitudine.
T – Sono tutti stronzi… più di prima.
P – Solo Dio può giudicare.
Io – Esatto! Voi sì che siete illuminati – lo penso veramente.
T (mentre si guarda attorno) – E siamo al buio.
Ridiamo. Cioè, il Predicatore e il cane restano seri, ma c’è il caso che non abbiano capito la battuta.
Io – Mi sa che mica ci credo in Dio – La cosa mi rattrista un po’.
P – Ti perdonerà.
Mi sento sollevata. Continuo a non crederci ma mi piace l’idea di aver ottenuto l’assoluzione dal Predicatore.
Io – Ora faccio una foto alla luna e poi riprendo la strada di casa. Mi sta venendo sonno, finalmente.
Click.
Mi chiedono di vedere la foto, io sarei un po’ refrattaria all’idea che possano toccare il mio telefonino… perché appartengo alla specie degli stronzi. Ma poi penso che lì con loro sto bene, che sono gentili, che finalmente mi sento rilassata.
P – Bella!
T – Sì. – Poi mette un dito sul retro dietro il telefono – E qui ci siamo noi.
Riflettiamo anche su questo (credo). Dovremmo farci un selfie, ma anche no.
Io – La volete? Ve la mando?
T – E chi ce l’ha quella merda di telefono!
Io – Peccato, volevo cercarvi su Facebook. – Rido.
T – Eh, brava, fa’ così.
Mi alzo, li saluto. Il Tatuato mi regala il primo sorriso autentico da che lo conosco, il Predicatore mi guarda.
P – Che Dio ti benedica.
Io e T – Amen.
Tornata a casa, per la prima volta da giorni ho dormito come un sasso e ho pure fatto bei sogni.
Ho pensato “con i pazzi sto bene”. E invece ora sospetto che la realtà sia un’altra, peraltro conducente a un sillogismo che un po’ mi turba: “Sto bene con quelli come me”.
Io – Siete le prime persone che incontro, e con le quali parlo, che non mi chiedono se sono vaccinata.

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