Anima gemella? Incontrata.
Ho preso il treno e sono andata al mare. Così, con scarso preavviso per fregare sul tempo l’ansia anticipatoria. È stata un’azione impulsiva, dettata da rabbia, da illusione e delusione che, guarda caso, viaggiano sempre in coppia; e da una nuova consapevolezza che mi ha colpita come un ramo in fronte, mentre corri e stai guardando da un’altra parte. Stavo scrivendo, "inventando" la storia di un bambino e... boom! Botta in testa.
Avevo bisogno di ascoltare le onde che
arrivano impetuose e poi si ritraggono: sembrano suggerirti di affrontare i
problemi con coraggio e allontanarti da ciò che ferisce giusto il tempo per
riprendere vigore.
Ma lì è accaduto qualcosa che non mi
aspettavo.
Innanzitutto, una nota di colore: in
Germania andrei via come il pane; si vede che ai tedeschi piace la roba che
inizia a frullare… in effetti, ragioniamoci, i crauti – secondo la ricetta
originale – richiedono un certo tempo di fermentazione. Comunque, gli aitanti
teutonici non ci interessano.
Ho prenotato una stanza in un B&B,
senza soffermarmi su quanto fosse distante dalla spiaggia e dalla stazione; la
foto di un piccolo giardino, con un ulivo nel centro, mi ha convinta.
Non posso dire, anche se mi piacerebbe,
che il viaggio sia stato di tutto relax; un tempo amavo i treni, ma dopo tanti
anni sono arrivata alla stazione con una paura davvero paralizzante. Tuttavia,
mi sono imposta di restare nel presente, di non pensare all’attacco di panico
in agguato né all’eventuale fuga dal finestrino, che ritenevo assai probabile
all’altezza di Moncalieri (amena cittadina in cui riesco a giungere a piedi da
casa mia).
Ma quando il treno è partito ho iniziato a
sentirmi meglio, ad osservare panorami diversi dal palazzone grigio e azzurro
che ogni giorno mi si para davanti da troppo tempo.
Arrivata a destinazione ho impostato il
navigatore per la casa con giardino e ulivo, poi ho preso la direzione opposta
e sono andata in spiaggia. Per un po’ non ho provato alcuna emozione, e la cosa
mi ha infastidita perché ero convinta che mi sarei commossa (un tempo lacrimavo
un po’ quando vendevo il mare) o mi sarebbe salita una botta d’entusiasmo.
Ho imparato a fingere d’essere chi non
sono, ho avuto eccellenti insegnanti (alcuni li ho persino scelti, non me li
sono trovati lì con il righello pronto a calare sulle dita). Ho appreso
talmente bene quelle lezioni che ora mi ritrovo con un “io” che mi sta
abbastanza sull’anima, ma che risulta difficilissimo modificare. Con il
trascorrere degli anni, sono persino riuscita ad annullare le emozioni belle,
come piangere vedendo il mare: ho creato l'habitat naturale per gli attacchi di
panico (non si scappa). Esistono pochissime persone, un’amica e una
psicoterapeuta in particolare, alle quali presento la vera me… a loro piace;
tra l’altro, la preferiscono all’altra che spargo a piene mani. E questo è il
motivo fondamentale che mi ha spinto ad andare a parlare con il mare.
Con questo pensiero ho galleggiato sull'acqua, poi ho preso la via dell’ulivo; una salita che sembrava non avere fine. Mi è parsa simbolica.
Quando sono arrivata,
mi aspettava una signora. Una delle prime cose che mi ha detto è stata
"oh, ecco una viaggiatrice e non una turista". Ho trattenuto una risata
amara e, con il poco fiato concessomi dalla desuetudine al movimento e dalla
consuetudine al fumo, ho chiesto quale fosse la differenza.
"Zaino, bagaglio
leggero, jeans, scarpe da ginnastica, niente trucco. Le turiste arrivano con
sandali, trolley, vestitino e makeup ritoccato prima dell'ultima curva".
Avrei voluto ribattere che ero partita con il
rossetto ma me l'ero mangiato durante il viaggio e che non viaggiavo da
vent'anni, ma mi pesava far conoscere qualsiasi cosa di me non fosse indispensabile. Tuttavia, dentro l'appartamento... scaffali (ovunque) pieni di libri, alcuni
veramente preziosi, una gatta nera con un occhio solo sulla poltrona del
salotto e dipinti a riempire gli spazi vuoti delle pareti. Vedi il caso, a
volte: mi sono sentita a casa.
Così, in quei pochi giorni ho macinato chilometri a
piedi, sono entrata in luoghi affollati, ho mangiato cibi indigesti e in
quantità improponibili, che normalmente mi farebbero trascorrere la notte
abbracciata alla tazza del bagno.
Ho iniziato a godermi i momenti, ho dimenticato
l'ansia, la fobia sociale, persino due pastiglie di Xanax, ho fumato poco.
L’ultima notte ero sotto l’ulivo, nel buio
illuminato solo dalle sigarette (in stanza il fumo era vietato… altro che green
pass! Con la sigaretta non si entra più da nessuna parte e persino all’aperto c’è
chi rompe le balle). La padrona di casa è uscita, un po’ assonata e in camicia
da notte. Si è seduta davanti a me e abbiamo parlato
di emozioni senza dover raccontare nulla. Sono stata me stessa, completamente,
con un'estranea.
Abbiamo colto l'affinità di pensiero e sensibilità, anche se ho intuito che le nostre vite sono state, e sono tuttora,
completamente differenti. Ecco un’anima gemella! E io che non ci ho mai
creduto.
Non vi rivelerò quanto ci siamo dette,
perché c’è un limite a ciò che si può condividere. L’importante è sapere che a
volte chi non ci conosce può andare più nel profondo di chi frequentiamo da
tutta la vita.
“Ora so che non voglio più scegliere
persone che somigliano al mio falso ego; niente più gente fredda, che si
irrigidisce davanti a qualsiasi manifestazione d’affetto, che si ucciderebbe
piuttosto che rivelare fragilità, follia, dolcezza, amore”. Le ho
detto.
“La solitudine ti spaventa?” – Mi ha chiesto. Sorrideva, e lo so che ciò
che voglio è al limite dell’utopia.
“Assolutamente no, mi fa male solo quando la vivo con qualcun altro accanto”.
Sono rientrata in stanza e ho riempito lo
zaino con le mie cose. Tempo di tornare.
Qui ho smesso di fingere? Certo che no, c'è gente che non merita altro. Ma c'è anche qualcuno... so che c'è. E l'ansia se ne farà una ragione.
Commenti
Posta un commento