Angoscia della domenica
Ci sono mattine (o pomeriggi, quando vado a dormire all'alba; il che accade sempre più di frequente) in cui, appena sveglia, mi chiedo "Perché dovrei vivere? Per quale motivo dovrei alzarmi da questo letto?".
Lo so, è un tipo di pensiero che non fa piacere
leggere: non è allegro, ironico o sarcastico. Ma tant'è.
Di solito finisco con il considerare persone e animali
che senza di me non ce la farebbero, e questo mi convince della mia bontà, ma
non di quella della vita.
Questo fenomeno lo chiamo "Risveglio con
angoscione", e si manifesta perlopiù di domenica.
Eppure, per me, è un giorno come tutti gli altri: mi
faccio un bagno, lavoro a computer, frequento lo stesso numero di persone del
lunedì o del sabato (ossia, tendo perlopiù a darmi per morta), a volte vado a
fare la spesa.
Ormai, le domeniche sono giornate indifferenti al loro
ruolo.
Mi alzo e faccio le cose sopra elencate.
Certo, sento quella stanchezza da "chi se ne
frega" e quel nodo allo stomaco che avvisa della permanenza di un'angoscia
che non si lascia sfrattare senza combattere.
C'è di buono che la riconosco, un po' ci ho fatto
l'abitudine. So che fa parte di un periodo, indipendentemente da ciò che mi
accade o non accade... poi passa, me lo ripeto guardando allo specchio la mia
bocca con gli angoli trascinati verso il basso.
C'è di cattivo che, analizzando anche solo
superficialmente i miei pensieri, realizzo che vivo per qualcun altro.
E c'è un guaio: la vita la rispetto e le riconosco
persino dei meriti, delle virtù.
Continuare a respirare è di per sé un ottimo motivo
per continuare a vivere e darsi una girata.
Ma basta? No. Allora tocca inventare soluzioni,
ossessioni, persino preoccupazioni distraenti.
E si sogna, anche se è faticoso.
Si sogna ad esempio un viaggio. Un gatto è già pronto
e gli altri se ne faranno una ragione.
Ma poi passa. Sta persino già passando la domenica.
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