Ho rubato un po’ di voi (parte 1)
Questa è l’era del digitale, sono
gli anni del distanziamento che per me, e alcuni di voi, fanno parte di un’abitudine
consolidata molto tempo prima dell’avvento delle mascherine. E questa è una
premessa o una giustificazione, devo rifletterci.
Da circa un mese ho terminato di
scrivere il nono o decimo romanzo; al momento non riesco a ricordare con precisione,
perché stamattina mi sono svegliata alle 5 con un’ansia che mi sfasa presente e
passato (comunque, tre li hanno pubblicati e se questo seguirà lo stesso
destino, saranno quattro… gli altri sono spiaggiati in vecchi computer).
Ciò che so per certo è che
stavolta non è stata come le altre: è una storia a tratti divertente, ma non mi
sono divertita a scriverla (di solito ridacchio mentre scrivo, qui ero un po’
incazzata); ho impiegato un’eternità a finirla, almeno per i miei parametri
(era persino lievitato a 600 pagine, poi drasticamente ridotte) perché non
riuscivo a smettere; l’idea è stata partorita nel periodo peggiore della mia
vita e sviluppata nel periodo peggiore per tutto il Pianeta: quindi è stata
scritta con rabbia, una punta di dolore e la latitanza, fortunatamente breve,
di quel modo di guardare alla vita con ironia che mi dà entusiasmo e anche
rapidità narrativa.
Ma il fatto più curioso è che per la prima volta, mi sono tirata fuori dalla storia, ho dato forfait, non ci sono se non per brevi apparizioni, momentanee possessioni di altri personaggi. E non ci sono amici, famigliari, gente di zona…
No, no, ho trovato i personaggi
perlopiù tra gli amici social, mi sono lasciata ispirare da post, commenti e
tutte le altre amenità feisbucchiane.
Vi ho rapiti!
Vi ho dato una personalità che
probabilmente non vi appartiene e, in alcuni casi, un nuovo nome: senza
saperlo, stavate vivendo una nuova vita, eravate scappati all’estero con
documenti falsi e vi era permesso non essere voi stessi o finalmente esserlo,
non so.
Fermi tutti! Non ho rubato i vostri scritti (tranne in un caso isolato in cui ho scopiazzato un post o due, ma il diretto interessato è stato avvisato), ne ho solo tratto delle impressioni, dei modi di esprimervi, quiete o intemperanze.
Devo ammetterlo, mi avete tenuto
compagnia durante i lockdown, siete persino venuti con me al mare. Vi ho
pensato tanto: se per mesi vi sono fischiate le orecchie non era un acufene (non
correte subito dall’otorino! Siete peggio di me che comunque, in caso analogo,
mi rivolgerei senza indugi a un neurologo, perché parto dal peggio e casomai mi
rilasso più avanti).
Vabbè, inutile stare a scavare un
pozzo dove non c’è acqua.
Il fatto curioso del mio
esperimento letterario è che mi è risultato più facile caratterizzare chi di
voi conosco da meno tempo e, di contro, mi è parso più facile dare voce e
movimento a qualcuno che ho fisicamente incontrato, che sento spesso al
telefono, o che frequento sui social da un decennio. Questo mi ha fatto
pensare: anche nella vita reale fatico a incasellare in una tipologia
comportamentale le persone che mi stanno accanto da una vita… credo sia perché
non lo voglio fare.
Cos’altro? Beh, è chiaro che se il romanzo sarà pubblicato, chi di voi lo ha idealmente scritto insieme a me, riceverà un messaggio un po’ inquietante in cui chiedo l’indirizzo di casa. Sarà doveroso, ma soprattutto sarà un piacere, farvene avere una copia per poi sapere se ho inciuccato le quote o se un po’ vi ritrovate in quelle pagine.
Buona giornata. E a chi mi sta leggendo bevendo il caffè, buon caffè.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da me solo perché era un doppione... capita.
EliminaDelizia delle delizie sperare di essere diventata "personaggio"! E anche un po' di vergogna sapendo con certezza, nel caso, di venire portata in vita molto, ma molto migliore di quella che sono.
RispondiEliminaCara Consolatio, qualcuno mi ha detto che un personaggio, pur non essendo il protagonista, spicca sugli altri per l'accurata descrizione delegata quasi esclusivamente a ciò che dice e fa. Io sospetto di averci azzeccato, ma chissà.
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