"Libera la tua natura selvaggia" . Intervista a Eija Tarkiainen

 

“Fortunata io. Sono nata in una delle tragedie più antiche dell’umanità: circondata dall’amore profondo ma che trovava espressione attraverso i conflitti e le lacrime. Nella sua forma luminosa restava muto e immobile. Ho così imparato a vedere la Bellezza dietro le spade e gli scudi della paura, la sensibilità dietro gli sguardi feroci, la potenza della nostra natura anche se senza grazia espressa.”

Questo è l’incipit di “Libera la tua natura selvaggia” di Eija Tarkiainen. Un libro che ho acquistato nonostante non ami i saggi che tentano d’insegnarmi chi sono, chi dovrei essere e come raggiungere la felicità. Ma è stato il sottotitolo - “Come ritrovarsi attraverso l’antica saggezza finlandese” - che mi ha fatto l’occhiolino, risvegliando l’attrazione che provo verso i Paesi nordici e le loro incantevoli leggende. L’autrice, infatti, si è ispirata al poema epico Kalevala, dove “gli eroi non combattono con le armi, il potere, il dominio materiale o il sapere intellettuale, ma con la poesia e il canto, l’armonia e la saggezza”.

L’ho letto e riletto, ribaltando i miei preconcetti verso questa tipologia di libro; ho fatto ricerche sulla Finlandia scoprendo che da anni risulta essere il "Paese più felice del mondo"; quindi, ho deciso di rintracciare l’autrice e intervistarla per farvela conoscere e portare anche voi in terre lontane che ci riconducono alla nostra interiorità.

Prima di proporvi l’intervista e di parlarvi dell’autrice (lo farò alla fine) desidero introdurre non tanto i concetti espressi (sono molti e abbracciano l’ampia gamma delle nostre emozioni) quanto l’inconsueta trama che li avvolge come un pacco regalo: i miti e le stagioni della Finlandia introducono l’analisi psicologica dei nostri comportamenti, ne sono il simbolo d’elezione. Le lunghe notti seguite dalla luce intensa, i ghiacci, il disgelo e l’esplosione della natura che si manifesta all’esterno, diventano l’ideale percorso emotivo da cui possiamo trarre un prezioso e antico insegnamento.

Una modalità inconsueta per affrontare temi che appartengono alla sfera umana.

Non mi piace fare teoria, quindi ho cercato di sviluppare i concetti attraverso degli esempi, delle metafore, dei racconti che potessero risvegliare una conoscenza già insita in noi. Perché le teorie toccano la testa ma non modificano nulla; parlare per immagini, simboli e sensazioni può toccare delle note che ci appartengono ma non abbiamo potuto o voluto ancora ascoltare.

Le emozioni nascoste?

C’è un mondo misterioso, una dimensione intangibile collegata con ciò che noi viviamo, con gli eventi, col nostro corpo. Se le religioni monoteiste hanno tolto il divino (la parte invisibile), collocandolo lontano da noi - in cielo da dove ci giudica - la mente razionale ci dice cosa è bene e cosa è male, quali emozioni sono positive o negative, giuste o sbagliate. Nella natura tutto è bellezza, non c’è bene o male, giusto o sbagliato; nella sua filosofia l’invisibile, il divino, è dentro la materia, quindi dentro il nostro corpo.

Quindi, non dovremmo valutare le esperienze in termini di positivo o negativo?

Un evento che ci accade innescando un’emozione che la società considera negativa, porta la mente razionale a giudicarlo come terribile, da allontanare e reprimere. Che sia solitudine, abbandono, paura o angoscia, la mente attua due strategie: o razionalizza (e ci diciamo “me ne faccio una ragione”) o sfoga magari in modo disordinato… e poi arriva il senso di colpa. Se però la mia mente non mi dice che quell’emozione è negativa, io la posso vivere diversamente. Quando cerco di reprimere, dal momento che non è possibile eliminare un’emozione (fortunatamente, perché è energia vitale) prima o poi, mi “asfalta” e non riesco a viverla, usarla e canalizzarla. Tutto quello che accade, accade per un ottimo fine, non per farci soffrire. A volte è come se si ripetesse lo stesso tipo di dinamica anche se in modo diverso, ma se entriamo in quell’oscurità  posso recuperare l’energia e al contempo bruciare qualche condizionamento.

A proposito di condizionamenti, mi ha colpita una frase del libro: “Ci sono più vincoli in noi che in mille dittature”.

Siamo sempre più condizionati, ogni epoca ha le sue norme che ci dicono cosa è bene e cosa è male, che ci rendono controllabili e prevedibili. Crediamo, perché ci portano a credere, che la vita sia efficienza, attività costante, che la felicità e la libertà provengano da fattori esterni. Permane l’idea per cui qualcuno fuori da me stesso deve darmi la libertà, ma siamo noi che ce la diamo. Per me la libertà è l’emancipazione dalle nostre credenze, dalle nostre certezze mentali, dalle nostre interpretazioni del mondo, dalla morale che ci dice cosa è bene e cosa è male. Il nostro giudice interiore spesso è un carceriere. Dobbiamo imparare a riconoscere i condizionamenti che ci fanno conformare a norme esteriori che non ci appartengono.

Nel libro affermi che la paura ti ha insegnato a vedere la bellezza.

Ho imparato che la rabbia e la violenza nascono dalla paura. La paura blocca i sensi e la sensibilità. Qual è il suo antidoto? O cerco di controllare le cose e do spazio alla paura o ho fede nel fatto che l’evento non viene per farmi soffrire, ma ha un fine: addestrarmi, farmi riconoscere le paure per poterle superareDal momento che la paura - come altre emozioni - è energia, quell’energia la posso usare.

Ma per molti di noi è estremamente difficile non farsi cogliere dall’ansia e dalla paura.

L’ansia, l’attacco di panico cosa sono? Il pensiero che reprime l’energia; il corpo ci tradisce, non riesce a canalizzare tutta l’energia repressa (che in realtà è una potenza). Abbandonare le nostre certezze, lo stato precedente - anche se ci faceva stare male -, richiede coraggio. È una strada solitaria. Ma abbiamo il dovere di proteggere la natura selvaggia fuori e dentro di noi: questo allontana le ansie le paure. Il problema è che viviamo nei nostri pensieri, e spesso si tratta di pensieri fissi che bloccano le energie vitali.

Sono interessanti le analogie tra le stagioni che determinano i mutamenti della natura e le nostre emozioni che producono cambiamenti in noi.

La natura ha molte stagioni (in Finlandia sono addirittura otto): c’è l’autunno, il momento del lasciare andare, della fragilità, delle foglie che cadono, quando la terra diventa fango; l’inverno in cui sembra che tutto sia morto (mentre la vita è sottoterra, invisibile), c’è buio, oscurità, silenzio. Vivendo queste stagioni fuori da noi è come se fosse un po’ più facile riuscire a lasciare andare, mollare la presa. La tristezza, la disperazione sono cose che fertilizzano il terreno, che danno nutrimento al seme che in primavera nascerà. Quindi sto nel buio, che nella pratica significa accogliere, includere, vivere nel corpo le emozioni, senza reprimere, senza dover controllare, senza dargli spiegazioni.

Scrivi “la Bellezza della Vita si tesse tra le trame della fragilità” e ho notato che “esalti” stati emotivi (fragilità, sensibilità, empatia) che per la nostra società spesso hanno un’accezione negativa. Perché?

In natura tutto è fragile ed evanescente. Non esiste una pianta che non abbia foglie un po’ ammaccate, stropicciate, fragili. Nell’uomo c’è il bisogno mentale di controllare, di mantenere la staticità delle cose, con il perenne richiamo al bene e al male: è bene essere intraprendenti e forti, ma in natura i due opposti convivono sempre, sembrano distinti ma non sono mai separati. Il disequilibrio nasce quando non accetto l’altra parte. In Finlandia l’inverno è duro, ma più c’è neve, più fa freddo e più rigogliosamente in estate cresceranno i mirtilli e i fiori, e ci sarà più luce. Più accetto e riconosco la mia fragilità, più non la combatto. Così come la solitudine, il senso di debolezza… sono emozioni e tutte le emozioni sono energia, e soprattutto quelle che vengono considerate emozioni oscure, negative, nutrono l’anima. Spesso sono considerate come disturbi o debolezze proprio le caratteristiche che ci rendono umani.

Cosa significa nutrire l’anima?

Essere condotti nel luogo della vera conoscenza, che non è il sapere ma la conoscenza che abbiamo dentro. Abbiamo due fonti di sapere quando siamo in dubbio su cosa fare: una è la mente razionale e l’altra è l’intuito, il percepire, essere ispirati, osservare ciò che accade e le coincidenze; gli studi ci dicono che il 99.98 % delle conoscenze abitano nel luogo che non è la mente razionale. Per poter accedere nel luogo che in fisica è denominato “forza debole” (nome interessante, perché debole non è) non si passa attraverso concetti e parole, ma con immagini, sensazioni, emozioni. Tuttavia, se la mente vuole tenere tutto sotto controllo, non si lascia andare, ha l’illusione di poter governare, prevedere e controllare le cose, ci impedisce di fare ciò che spaventa o il cui risultato è troppo imprevedibile. Se includessimo le caratteristiche che la mente considera negative, come la fragilità, solitudine e sensibilità, e la lasciassimo diffondere nel corpo senza intervento della mente pensante, riusciremmo a creare il ponte con quell’altra parte che abita in noi (la conoscenza) e troveremmo le risposte, liberando quegli anfratti della psiche che vivono nell’oscurità e nell’inconsapevolezza. Ma è una via controcorrente che questo mondo non vuole.

Nella seconda parte del libro descrivi 5 figure femminili della mitologia finlandese in cui ci si può riconoscere; come sei riuscita a delineare pregi e difetti così peculiari e a dare consigli per accettare gli aspetti problematici di ognuno?

Ho studiato molto, lavorato con le persone e tratto ispirazione dalla mia esperienza, soprattutto in famiglia. Un difetto, una volta rielaborato e trasformato può essere la migliore risorsa. Tu parli di “accettare”: è un verbo, un concetto, che non mi piace. È come dire “questa cosa è sbagliata, è male, ma non importa: la accetto”… no, la accolgo e ne faccio tesoro per l’esperienza. I cosiddetti difetti possono essere i nostri pregi più importanti.

Parli anche del “restare coraggiosamente soli con noi stessi”. Quello della solitudine è un tema ricorrente; ti appartiene?

Sono una persona solitaria. Quando sono venuta in Italia ho goduto nel comunicare ed essere in relazione con molte persone; poi, negli ultimi anni, sono tornata alla mia natura di essere solitario. Ma se prima lo ritenevo un difetto, oggi amo questa caratteristica, ci sto bene perché non penso più che sia un difetto ma qualcosa che fa parte della mia natura e che mi serve per scrivere, riflettere, per esserci veramente con le persone quando hanno bisogno. Una sera a settimana invito amici nella mia casa ed è sempre un bel momento: ho creato un altro modo naturale di stare insieme alle persone, più spontaneo, che mi dà piacere.

Perché hai deciso di aiutare gli altri con il tuo lavoro e i libri?

L’ho sempre fatto. Avevo imparato che ho il diritto di esistere in quanto aiuto gli altri. La motivazione era sentirmi amata, importante, essere sicura che non mi si rifiutasse e non si mi abbandonasse. Col tempo ho imparato a farlo, a sentire e riconoscere le parole giuste. Ora aiuto con una motivazione diversa: mi procura gioia; quando non ho voglia di farlo o sento che la persona è nel “lamento” e non intende uscirne perché è innamorato dei suoi acciacchi e delle sue paure, non ci sto.

Un ultimo consiglio?

Continuate a tenere il cuore aperto verso voi stessi, verso le vostre presunte debolezze.

Eija Tarkiainen vive in Italia da oltre trent’anni. È ricercatrice e formatrice nel campo dell’olismo con tecniche a mediazione corporea e bioenergetica. Appassionata di mitologia e simbologia e delle loro analogie con le dinamiche umane. Si dedica a realizzare e promuovere progetti tra l’Italia e la Finlandia nel campo della salute individuale, del benessere della società e della sostenibilità ambientale.

Eija Tarkiainen – Libera la tua natura selvaggia – Uno Editori

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