E oggi si prova un cinema.

Fobia sociale? Forse non più, però...

Sala ancora vuota.
Sono in sala cinema/teatro. Tutto esaurito.
Ovviamente ho scelto una poltrona vicina all'uscita, il lato destro è libero: un'ottima via di fuga (a queste cose sto sempre attenta).

Da molto tempo non andavo al cinema, benché mi fosse sempre piaciuto, e anche oggi mi sono decisa senza starci a pensare, altrimenti me ne sarei rimasta a casa.

Mentre noto che tutta questa gente non mi da alcun fastidio, evito accuratamente di analizzare il fenomeno inusuale (meglio non sapere, meglio non indagare, perché la ricerca della verità è ansiogena). 
Ma poi, dietro di me, due signore iniziano a chiacchierare. La conferenza seguita dal film non è ancora iniziata, quindi non ho modo di sfuggire alle voci che sento appartenere a donne decise, che delle questioni del mondo hanno capito tutto, e un po' si sentono frustrate dalla stupidità dilagante.
Conosco quel tipo di persona e di norma non la sopporto, a meno di non trovarmi in una giornata particolarmente buona e allora non mi interessa; voglio bene a tutti quando la vita è benevola con me.

Tiro fuori dallo zaino la cartelletta degli appunti, un po' troppo voluminosa e pesante per lo scopo. Al buio fatico a vedere se la biro scrive o come al solito segue la mia mano senza metterci del suo (ossia un po' d'inchiostro).

Le due signore stanno tenendo una conferenza, che dovrebbe essere privata ma il volume la rende pubblica, sull'inquinamento, il surriscaldamento globale, la tossicità dell'aria e di ciò che mangiamo.

"Ora ci vogliono fare mangiare i grilli per eliminare gli allevamenti intensivi", dice una, che evidentemente ha letto un titolo di giornale e l'articolo se lo è scritto da sé, nell'intimità della sua scatola cranica.
"Già, e si chiude un occhio sui veri problemi", aggiunge l'altra.
"Eh, prendi i fumatori...", qui io faccio un saltino, inizia a ballarmi il piede, "ricordi quando in posti come questo si poteva fumare? Erano impraticabili! Pensa in quegli anni quanti danni hanno causato i fumatori alla nostra salute", sentenzia la tizia che non si dà pace per il fatto di dover, prima o poi, grigliare la salsiccia di grilli.
"Ma adesso non si può più", la rincuora l'amica.
"L'unica legge decente dell'ultimo secolo!", squittisce la prima, patentemente esperta pure di norme, decreti e disposizioni, al punto da poterne elaborare analisi critiche, "ma per strada? In America sono più avanti: si fuma solo in casa propria". 

Ora, è utile vi dica che sono in questa sala per una causa a cui tengo e che vede gli USA come protagonisti poco "sensibili", diciamo così. Quindi, inizio a chiedermi se esista un'altra sala e le due tipe siano convinte di vedere, a minuti, comparire sullo schermo un film dove gli americani (o preferibilmente uno solo di loro) sconfiggono tutti, alieni ipertecnologici e dall'intelligenza superiore (ci vuole mica tanto) compresi.
"Anche qui stanno iniziando...".
L'amica la interrompe, perché sa tutto: "sì, ma solo in prossimità di scuole e ospedali; e l'inquinamento atmosferico dove lo mettiamo?".

Mi accorgo che sto mentalmente formulando un'idea su dove glielo metterei io. Intanto noto che mi è arrivata un'ondata di tachicardia parossistica. Ho già una mano nello zaino che indugia, è incerta, nella ricerca della salvifica scatola di Xanax.
Finalmente tacciono, forse per effetto dello sconforto per non poter allestire allevamenti intensivi di tabagisti. 

Evito la pastiglia, ma sento l'impulso di fare roteare la cartelletta (che ricordo essere di discrete dimensioni e pesante, peraltro con bordo in metallo), braccio disteso, per imprimere una maggiore forza d'impatto. Desidero dare loro, o almeno a una (quella più "dotta" e scevra d'esitazioni esistenziali), una cartellata sul naso, che immagino rifatto da un celebre chirurgo plastico. 

Placare quella brama mi mette ansia, ma mi costringo a farlo: la violenza genera violenza, sono contraria... e mi spiacerebbe rovinare l'anello che mi fascia una falange dell'indice (vale poco, ma ci tengo).
Così, pur non volendo analizzare la mia strana quiete in un luogo chiuso e affollato, finisco per leggermi dentro (per farlo esco un attimo a fumarmi una sigaretta, quasi certa di non provocare la morte prematura di un orso polare).
Dentro c'è scritto che non ho paura della gente; spesso mi fa paura quello che pensa e che dice.

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