Il diario dell'Insonnia: da lunedì inizierò a dormire.

 


Ci si può anche scherzare, ma l’insonnia è roba seria.

Se all’inizio, nel breve periodo, provoca problemucci da poco come umore tendente al pessimo, irritabilità, memoria vacillante, addormentarsi sul volante al semaforo, tentennamenti snervanti in fase decisionale e la capacità di concentrarsi pari a quella di uno scoiattolo fattone, altro discorso è quello della privazione del sonno a lungo termine. Ed è qui che ho iniziato a preoccuparmi… beh, un po’ anche prima, ma m’impensierisco facilmente.

Parlando con un medico, stupito che fossi ancora viva e apparentemente vegeta, dopo almeno un paio d’anni (quasi tre) di dormite solo diurne di circa due ore al dì (tranne durante un weekend lungo in luogo di mare, dove ho dormito come un sasso quasi ininterrottamente), ho scoperto che si rischiano problemi davanti ai quali non si può fare spallucce: diabete, ipertensione da far tremare lo sfigmomanometro, infarto e ictus; oltre a un invecchiamento precoce del sistema nervoso e il definitivo sbarellamento del cervello (che già mi parte svantaggiato).

Ovvio che, data l’ipocondria pregressa, ho trascorso ore di panico convinta di non riuscire a muovere il braccio sinistro, ma questa è un’altra storia che attiene all’area dell’autosuggestione post chiacchierata con medico in camice.

Dalla preoccupazione sono passata alla paura; non che questa progressione emotiva abbia alterato i miei ritmi circadiani, anzi. Così, per qualche mese ho tenuto un Diario dell’Insonnia e, dato che non amo i diari, non è stata cosa facile.

Ho annotato (vorrei dire “con precisione maniacale”, in luogo del reale “scrivo quando mi ricordo, ne ho voglia e soprattutto se ricordo dove ho posato il taccuino) orari del sonno, attività della giornata (con particolare attenzione a quelle serali), alimentazione, uso di telefono, computer e tv, numero di tazze di tè e qualità dello stesso con tanto di tempi d’infusione, stato della camera da letto, stato delle incazzature quotidiane, rumori esterni che qua non mancano, occupazioni che parevano procurarmi più sonnolenza, eccetera.

Ora ho trascorso la serata a tirare giù i dati, a disegnare grafici che somigliano spaventosamente a un tracciato elettrocardiografico di un miocardio spanato, a fare prospetti che in PowerPoint sarebbero il fiore all’occhiello di un congresso sui disturbi del sonno e, in generale, sugli effetti psichiatrici di una vita al contrario. Tuttavia, ne è emerso un quadro illuminante, con un elenco, troppo lungo e noioso per propinarvelo, di pessime abitudini (la prima è fumarmi l’intera tabaccheria in attesa di prendere sonno)… con annessa tendenza, fin dall’infanzia, a stare sveglia quando fuori è buio per poi dormire con il banco di scuola come cuscino; ma di questo vi avevo già parlato in un vecchio pezzo.

Così, in attesa di trasferimento in luogo marino (al momento inattuabile), ho deciso di introdurre in un’unica soluzione i comportamenti che, stando al Diario dell’Insonnia, sono risultati virtuosi; e provare a vedere se arrivo ad almeno 4 o 5 ore di sonno continuativo, possibilmente in orario notturno perché di giorno tocca lavorare e, quantomeno, avere cognizione di ciò a cui si sta lavorando (lo so che pare facile, ma provate a scrivere qualcosa di vagamente intelligibile dopo che la fronte vi è planata sulla tastiera e il naso preme sulla barra spaziatrice).

Da lunedì comincio. Mi concedo ancora il fine settimana per ciabattare in casa fino all'alba. Procrastino: un altro effetto della carenza/assenza di sonno.

Con la fiducia che ho nei miei metodi, in qualsiasi settore del vivere, ho già preventivato un piano alternativo: uno specialista in disturbi del sonno, il cui numero di telefono ho inserito nelle chiamate rapide col nome "Sonnologo" che, a naso, credo sia un termine inesistente.

Vi farò sapere  

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